Tutta colpa del computer: la solita storia del fine e del mezzo.
In un’intervista a un quotidiano spagnolo, Gabriel Garcia Marquez, uomo di
lettere, premio Nobel per la letteratura, ha ammesso la propria normalità.
Non è un genio, è una persona normale, che come tutte le persone normali
ha dei momenti di fiacca, di debolezza, di apatia.
Ce l’ha adesso e perdura
dallo scorso anno, in cui, ha ammesso, non ha scritto nemmeno una riga.
Come
dire che un panettiere non ha toccato la farina, o un idraulico non ha visto
l’acqua, tanto per paragonare tutti i mestieri di questo mondo.
Le
cause: due.
Mancanza totale di ispirazione, la prima, ovviamente.
La
seconda: un difficile rapporto con il computer.
Ecco, ci siamo, tutto il
mondo è paese: è sempre colpa dei giornalisti e del computer, che ha
rivoluzionato il mondo.
Ma, non si diceva che usando bene il computer si
può, volendo, azzerare le differenze fra popoli, ceti, generazioni?
E
poi, proprio lo scrittore colombiano, alfiere degli oppressi di tutte le
latitudini, punta l’indice sullo strumento che potrebbe dare loro
l’emancipazione?
Era meglio fermarsi all’ispirazione che manca, a un
amore tradito, a un sistema editoriale che ha perso identità e radici.
Il
computer è solo un mezzo, come il denaro, che consente di vivere un anno senza
lavorare.