Carenza di esperti Web e tariffe in crescita pesano sulle aziende

Da alcune ricerche, presentate a un recente convegno organizzato da Assintel e Fed, è emerso come i costi elevati, necessari per attrarre le scarse risorse disponibili, penalizzino i progetti innovativi delle Pmi. Ancora quasi assente l’attenzione alla formazione dei dipendenti.

Conoscere a che punto siamo in Italia con la carenza di skill nell’ambito dell’Ict, quali sono le figure informatiche più ricercate, quali le retribuzioni e come le aziende possono ovviare al problema è stato l’obiettivo del convegno “Informatici, skill shortage e tariffe. I risultati dell’indagine retributiva Assintel 2000”, organizzato da Assintel (Associazione Nazionale Imprese Servizi Informatica Telematica Robotica Eidomatica) e da Fed (Federazione per l’Economia Digitale). È subito emerso che l’Italia, in quanto a carenza di skill, si trova in buona compagnia, come ha sottolineato Tim Conway, director Industry Affairs di Cssa. Infatti nel nostro Paese nel 2000 erano richiesti circa 120mila professionisti specializzati nell’Ict e nell’area Internet, che dovrebbero salire a oltre 170mila nel 2003, mentre in Germania per quella data ci sarà una carenza di circa 400mila figure, 330mila nel Regno Unito, e 225mila in Francia. Il danno economico sul Pil nazionale è stato calcolato in 19 miliardi di euro (quasi 37mila miliardi di lire).


Andrea Maserati, presidente Fed, nel presentare i dati dell’indagine condotta da Assintel (su un campione significativo di aziende per il 77% al Nord, il 18% al Centro e il 5% al Sud e Isole, che nel complesso conta 9.165 dipendenti e un fatturato di 3.304 miliardi di lire), ha tra l’altro sottolineato come nel 2000 i corsi di formazione e aggiornamento abbiano rappresentato un totale di 18.815 ore, di cui 12.808 in azienda e 6.007 all’esterno. Questi dati, rapportati al numero dei dipendenti, evidenziano quanto sia estremamente bassa (in media due ore pro capite all’anno!) l’attenzione delle aziende campione alla formazione dei propri dipendenti. I contratti di lavoro applicati sono per il 61% terziario e per il 37% industria metalmeccanica.


Riguardo alla periodicità del riesame della politica retributiva aziendale, il 70% lo fa ogni anno, l’8% addirittura ogni sei mesi, mentre un 13% non ha previsto un periodo determinato. Tra le varie informazioni presentate, emerge una immediata necessità di figure specializzate tra le quali spicca in prima posizione l’analista esperto, seguito dal programmatore analista, dal sistemista esperto, dal programmatore e capo progetto.


E proprio in seguito a questa carenza balzano al rialzo le tariffe giornaliere, relative all’anno in corso, per le prestazioni dei vari professionisti offerti alle aziende. Il più costoso è il responsabile di progetto (un milione e 870mila al giorno), seguito da l’analista esperto (un milione e 490mila), il sistemista di rete esperto (un milione e 260mila), il sistemista (un milione e 180mila), il programmatore analista (un milione e 100mila), l’installatore/manutentore (950mila), il tecnico formazione (940mila), il programmatore (920mila). Sugli impatti dello skill shortage si è anche concentrato l’intervento di Enrico Acquati, direttore divisione ricerche di Sirmi, che ha presentato l’indagine condotta per l’Assintel. “Le risorse umane esistenti sono sempre più costose e pesano sulle aziende – ha affermato Acquati – per cui è necessario l’ingresso di risorse straniere e incominciare a pensare a una delocalizzazione delle attività a elevato valore aggiunto. Questa carenza di figure rappresenta una minaccia per le Pmi, che non si possono permettere di competere con le aziende più grandi nell’offerta di stipendi elevati e che quindi devono rinviare i progetti di innovazione tecnologica”.


Situazione, questa, che porta le aziende a ricorrere maggiormente ai servizi di outsourcing. L’era digitale, inoltre, come ha osservato Nicola Costantino, partner di Deloitte Consulting, ha accentuato la tensione delle aziende verso la velocizzazione dei processi e lo zero time. La velocità del cambiamento è una sfida che le società, e quindi i manager, devono saper cogliere. Ma emerge, anche, abbastanza evidente come la maggior parte della classe dirigente, formatasi sotto la old economy, non sia ancora preparata a raccogliere la nuova sfida.

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