Cala meno ma non cresce l’Ict italiana

I dati del rapporto Assinform delineano uno scenario disomogeneo, nel quale utenti consumer e aziende sempre più multilocalizzate guideranno fra il 2010 e il 2011 gli assetti nazionali e internazionali della domanda It.

Inutile nasconderlo. Con un’It calata nel 2009 di tre punti percentuali rispetto al Pil, l’Italia è tornata indietro non di 5, ma di 10 anni. Chi ha intravisto la luce fuori da tunnel solo perché nel 2010 la contrazione superiore all’8% registrata dal mercato dell’Information technology di casa nostra si è ridotta a un più contenuto 3,1%, dovrà pazientare ancora un po’.
Sono questi gli elementi cardine di un Rapporto (il 41°) che Assinform ha presentato con il consueto ausilio di Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, nell’insolita cornice del Centro Congressi di Fondazione Cariplo. Qui, al cospetto di un nutrito numero di associati, per un Paolo Angelucci che, in qualità di presidente dell’associazione che parla di settori come industria e banche che starebbero ipotizzando una ripresa degli investimenti in It, c’è un Capitani che torna a sottolineare come «in Italia, la vera sfida, è che tutti i settori tornino a innovare per riavviare un ciclo stabile e duraturo di crescita».

Una crescita che al momento è sostanzialmente a “macchia di leopardo”, una definizione che non piace ma a cui abbiamo finito per abituarci visti i gap strutturali di cui va parlando da tempo Capitani e che riguardano anche «il livello di spesa corrente, la mancanza di competenze che penalizzano le aziende sotto i 50 addetti e una formazione che non c’è e che, anche per questo, costa troppo». Così, se a livello mondiale il 2009 è stato un anno «di profonda discontinuità sia economica che di mercato, sincronica in tutti i Paesi e, per giunta, peggiore rispetto a quanto preventivato negli outlook che si sono succeduti», con poco meno di 300 milioni di pc venduti e un’utenza sempre più connessa a Internet, il mondo consumer ha posto un freno a una caduta libera. Peccato che il peso delle Pmi all’interno del sistema produttivo italiano, un cronico ritardo nell’innovare e una minor internazionalizzazione delle nostre imprese, «che quindi richiedono in minor misura strumenti per un’It governance intelligente», rendano di fatto l’Italia la solita Cenerentola in termini di risultato.

«Non a caso da noi – sottolinea Capitani – i ritardi registrati nella corretta sostituzione dei pc client ha fatto sì che il -0,2% registrato nel comparto hardware fra il 2007 e il 2008 sia sprofondato poco sotto i 15 punti percentuali nella comparazione con il 2009». A soffrire è stata anche la componente servizi: -6,5% nel 2009, rispetto al seppur minimo +0,4% riportato nella comparazione fra il 2008 e l’esercizio precedente. «In questo quadro – torna la riflessione iniziale del nostro interlocutore – hanno pesato il mancato avvio di numerosi progetti e una forte diminuzione degli investimenti It sia da parte delle imprese, che delle banche e della Pubblica amministrazione». Nell’ambito delle Telecomunicazioni ha, poi, influito la mancanza del driver dei servizi, «già in calo nel 2008, soprattutto per le Tlc fisse». Ma non solo. Per la prima volta il comparto delle Telecomunicazioni mobili passa da un segno costantemente positivo a un -1,5% «a causa di autorizzazioni governative e all’ingresso di nuove tariffe introdotte dai competitor».

Così, nonostante nel 2009 anche in Italia si siano raggiunti i 12,4 milioni di utenti collegati a Internet (in crescita del 9,2% rispetto al 2008), «il nostro Paese si conferma indietro rispetto agli investimenti attuati da tutti gli altri Paesi europei negli scorsi anni. Per giunta – aggiunge il numero uno di NetConsulting – le misure di restrizione delle finanze pubbliche da poco annunciate da tutti i Governi, potrebbero avere effetti detrattivi su tutti i possibili driver di sviluppo». Con ciò, le previsioni recentemente rese note dall’European Economic Spring Forecast forniscono previsioni con il segno positivo per i principali Paesi del mondo (Italia compresa con un Pil allo 0,8% riportato per quest’anno a fronte di un +1,4% previsto per il 2011). Una crescita spiegata come frutto di un ritorno a forti dinamiche d’investimento da parte delle aziende e a un maggior export. Peccato che i dati di Capitani riferiti al primo trimestre di quest’anno, osservato rispetto ai primi tre mesi del 2008, riportino dati ancora poco incoraggianti a livello di servizi nel mercato italiano delle Tlc. «Nel comparto It – torna a bomba – colpisce la ripresa nell’hardware guidata da storage e desktop che potrebbero scontrarsi con possibili competitor come i mondiali di calcio e un andamento dei tassi di cambio che, con l’euro meno forte, contribuirebbe a riprezzare verso l’alto i pc».

Detto questo, nelle previsioni sui trend che guideranno quest’anno e il prossimo, a farsi largo sono due driver. «Il primo è senz’altro il mondo consumer con i suoi social network e il mondo dell’individuo collaborativo mobile, che porterà il numero dei device di questo tipo a superare quelli fissi. Il secondo driver sarà rappresentato dalla nuova domanda di tecnologie da parte di aziende che stanno diventando sempre più multicanalizzate e, per questo, bisognose di una nuova offerta di strumenti Ict per la collaboration». In questo modo, l’evoluzione in innovazione descritta da Capitani muove in tre dimensioni: di servizio ai processi aziendali; di sistemi It per la relazione con il cliente; di ottimizzazione ed efficientamento degli strumenti di relazione con clienti e fornitori. Ancora una volta, come ricorda Paolo Angelucci, innovazione e investimenti devono tornare a essere un chiodo fisso per tutti, non solo per i clienti a cui si propongono nuovi strumenti Ict.

Perché se è vero che la spesa delle banche in questo comparto può fare la differenza, è altrettanto vero che la necessità di essere compliance pesa tantissimo sugli investimenti It di questi attori. «Inoltre – come testimoniato da Massimo Messina, co-responsabile della direzione It in Bnp Paribas – chi si propone a noi deve sapere chi siamo, quali sono i nostri problemi e proporci cose semplici, concrete e misurabili per decidere quotidianamente il da farsi». Una questione di Business intelligence verso la quale muove anche l’industria, qui rappresentata da un Carlo Privitera, corporate Cio di Luxottica, che suggerisce polemizzando di evolvere da un concetto di Information technology, «che nell’industria non serve» a un disegno di Business technology, «che genera fatturati, rende più efficienti i costi ed è misurabile in termini di spesa economica e corrente». Le tariffe dei vendor sono un ostacolo? «Sono disposto a pagare anche il doppio, ma a patto che un 50% di quanto pattuito rimanga sul tavolo della trattativa e venga corrisposto solo a fronte del raggiungimento degli obiettivi aziendali».

Perché l’It è anche questione di serietà, mentre Alessandro Musumeci, direttore centrale sistemi informativi Ferrovie dello Stato, non manca di sottolineare che, per quanto user friendly, le interfacce di alcuni strumenti in uso come l’iPhone e l’iPad, non sono da confondere con la complessità «troppo spesso banalizzata» dei sistemi informativi.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome