«Business exception management, nuova killer application»

La vision di JoMei Chang, fondatrice e Ceo di Vitria Technology

Un’attività professionale dedicata alla ricerca e all’innovazione nell’It, che l’ha portata nel 1994 a fondare Vitria Technology, specializzata nelle soluzioni di Business process management. JoMei Chang, che nella sua carriera ha ricevuto riconoscimenti come imprenditrice di successo, dal 2003 al 2007 ha abbandonato la guida di Vitria per fondare, in Cina, QilinSoft, azienda di integrazione Bpm e Soa. Negli ultimi mesi è tornata al vertice di Vitria e in tale ruolo l’abbiamo intervistata.

Vista la sua esperienza di imprenditrice, qual è l’azienda dei suoi sogni?

«È quella che usa l’innovazione tecnologica per risolvere i problemi del business, e questo per noi in Vitria significa fare dell’impossibile, il possibile per i clienti. Ascoltarli è la chiave per la nostra innovazione, che poi è il Dna della società».

Come aiutate i Cio di fare innovazione?

«Prima di tutto, guidiamo l’innovazione focalizzandoci non solo sui problemi del presente ma anche del domani. In secondo luogo, portiamo avanti l’innovazione vestendo i panni di partner tecnologici delle persone che si occupano di business. Oggi, la tecnologia e il business vanno di pari passo. Uno dei due non può avere successo senza capire e sfruttare i benefici che l’altro porta. Sono lontani i giorni in cui il Cio era solo un tecnico. Solo quando si comprendono a fondo le problematiche dell’impresa e si tenta di trovare soluzioni reali, l’innovazione può avvenire. Le novità appaiono nella vita quotidiana dell’azienda, non in un laboratorio. La maggior parte dei Cio si focalizza troppo sull’analisi dello stato corrente delle cose, mentre dovrebbe concentrarsi più sui problemi interni di business e lavorare di concerto con le linee del business. Il Cio deve guidare il cambiamento in tutta l’azienda, non solo reagire a esso».

Quando ci sarà una tecnologia in grado di rivoluzionare lo scenario economico, così come è avvenuto con il Web?

«Il Web è stato un salto quantico. A ogni modo, le tecnologie che ne hanno permesso la diffusione esistevano già da diversi anni. Quindi, perché avvenisse questo balzo in avanti c’è voluta la “killer application”, Web browser. Credo che la tecnologia per il prossimo passo significativo sia già presente e si chiama Business process managment (Bpm). Attraverso l’utilizzo del Bpm, le società possono, infatti, per la prima volta orchestrare funzioni di business che prima erano inaccessibili e garantirsi un’infrastruttura veramente agile. In ogni caso, perché avvenga un salto quantico abbiamo bisogno della “killer application” per il Bpm e credo che questa sia il Business exception management. Questa applicazione, consente alle aziende di gestire in maniera veloce ed economica le molteplici discontinuità che accadono nel normale svolgimento delle attività quotidiane, così da permettere che l’organizzazione riduca i suoi costi e incrementi la soddisfazione dei clienti senza perdere di vista il core business. Noi, che siamo stati tra i primi a proporre il Bpm negli anni 90, siamo ora pionieri anche del Business exception management. Lavorando insieme con i leader dell’It per implementare questa nuova killer application, provvederemo allo slancio per il prossimo salto quantico, che potrà avvenire in qualunque momento e ovunque».

Vista la sua esperienza in Cina, come vede quel mercato?

«Anzitutto, i numeri in quel paese stanno veramente esplodendo. Abbiamo recentemente iniziato a lavorare a un progetto di servizi per una città di 30 milioni di persone, la metà dell’intera popolazione italiana. Uno dei nostri clienti cinesi nel segmento delle telecomunicazioni ha 130 milioni di abbonati. Cifre come queste non possono davvero essere ignorate. In secondo luogo, i cinesi sono intelligenti e grandi lavoratori, in quanto hanno un’etica del lavoro molto forte. Quello che a loro manca, è capire come sviluppare software o creare società. Stanno, inoltre, soffrendo per lo stesso dilemma di cui soffre spesso anche l’It occidentale: la mancanza di leader del settore come modelli di riferimento capaci di rischiare e puntare a obiettivi alti. Quando questo accadrà, avrà effetti che influenzeranno tutte le industrie».

Che opinione ha dello scenario economico europeo e italiano? Sono paesi come altri per fare business, oppure possono dare qualche cosa di più?

«Credo che il business italiano ed europeo possa essere una risorsa primaria d’innovazione. Gli Usa hanno una forte conoscenza di base, ma la vera innovazione è guidata dal business e dall’uso che si fa della tecnologia, non dalla tecnologia in sé. Per esempio, nel segmento della telefonia, gli Usa si trovano non solo dietro l’Asia, ma anche dopo l’Europa. Sono un’ammiratrice della cultura italiana e delle sue radici e vengo in questo paese diverse volte l’anno. Sebbene la Cina abbia inventato la seta, sono stati gli italiani a perfezionarne la lavorazione. La Cina ha inventato il vetro, ma i veneziani la trasformarono in arte. Quando la Cina era il centro della cultura orientale, l’Italia era il terminale della via della seta, e i suoi commerci dominavano il mercato europeo. Penso che la Cina diventerà una forza dominante nel mondo e credo anche che l’Italia e l’Europa potranno rappresentare la maggiore fonte d’innovazione. Recentemente, ho avuto l’opportunità di ascoltare gli executive di Telecom Italia descrivere la loro visione del futuro del settore e ho trovato che quella fosse una delle più avvincenti e innovative rispetto a quelle esposte dagli altri leader di colossi delle telecomunicazioni. Credo che il mercato italiano potrà rivelarsi una vera fonte d’innovazione; quello che manca è un leader che abbia sia la lungimiranza che l’abilità di agire. Ho supportato diversi innovatori It sia in Cina che negli Usa e mi piacerebbe molto avere l’opportunità di fare questo anche in Italia e in Europa».

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