Business critical e mobility, le aree chiave di Fujitsu Siemens

Chiuso in utile un anno difficile come quello appena trascorso, la società punta a rafforzare il proprio brand soprattutto presso un’utenza che apprezza il prodotto di fascia medio-alta. La filiale italiana, in linea con il trend della corporate, sta guadagnando consensi nelle Pmi.

L’esercizio chiuso il 31 marzo può essere definito come “estremamente significativo” per Fujitsu Siemens Computers. Non tanto in termini di fatturato, che, sull’onda dell’effetto dollaro risulta sostanzialmente in linea, se non in leggero calo, con l’esercizio precedente e dunque si attesta sui 5,320 miliardi di euro, malgrado la crescita del 19% in termini di unità di sistemi venduti, quanto in termini di utile.


A fine esercizio, dunque, la società dichiara un utile lordo di 57 milioni di euro, pari a una crescita del 600% rispetto all’anno precedente. Abbiamo incontrato Pierfilippo Roggero, amministratore delegato della filiale italiana della società, al quale abbiamo per prima cosa chiesto una lettura di questi dati e un’analisi dell’andamento del mercato nazionale.


“Abbiamo chiuso un esercizio non facile con una crescita superiore a quella registrata sul nostro mercato di riferimento, che è l’Europa. Abbiamo aumentato le nostre quote di mercato, come pure gli utili, che erano già in attivo il primo semestre di esercizio, cosa mai successa. Ciò non toglie che il brand abbia ancora bisogno di una buona spinta per crescere: è ancora un marchio meno conosciuto di quanto meriterebbe. Soprattutto bisogna tener presente che Fujitsu Siemens Computers si porta sulle spalle il peso di due brand non facili, a causa della forte valenza che ciascuno di loro ha individualmente”.

Quali sono i motivi che hanno consentito questa crescita, soprattutto in un anno critico come è stato il 2003?


“Il risultato di oggi è frutto di una strategia intrapresa ormai da un paio di anni, che ha puntato e ancora punta sulla ridefinizione dei processi interni, sull’ottimizzazione dei flussi, sugli investimenti nelle fabbriche. E che poi si è tradotta nella decisione di aumentare le risorse destinate alle attività di vendite, marketing e servizi. In tutto questo ci aiuta anche il nostro mix prodotti, con il quale andiamo a coprire due aree chiave: la mobility e il business critical computing”.

L’Italia è stata al passo con la crescita dell’azienda in Europa?


“Il mercato italiano ha avuto un andamento che definisco speculare a quello della corporate: un primo semestre con un calo del fatturato del 9%, al quale ha fatto però da contraltare un secondo semestre in crescita del 20%, tanto che l’anno si è concluso con una crescita nell’ordine dell’8% rispetto al precedente esercizio. Nel nostro Paese è stato particolarmente positivo l’andamento del segmento notebook, sia per quanto riguarda le vendite al mercato professionale, sia per quanto riguarda l’area consumer, che addirittura ha messo a segno un incremento del 50%. In questo caso stiamo riscuotendo molto interesse presso quegli utenti che, nell’acquisto di un notebook, non cercano il primo prezzo, segmento questo ben coperto da vari concorrenti, quanto piuttosto un prodotto di fascia medio-alta”.

Il consumer, dunque è andato bene. E per quanto riguarda le altre tipologie di clienti?


“Sostanzialmente piatta l’area dei grandi clienti, mentre i migliori risultati li abbiamo avuti presso le piccole e medie imprese, grazie alle iniziative varate e condotte in collaborazione con i nostri partner commerciali”.

Le piccole e medie imprese sono sulla bocca di tutti ormai. Ma con troppi distinguo e con troppi limiti. Come si muove Fujitsu Siemens verso questo mercato?


“Va detto che fino a non molto tempo fa i rapporti tra le piccole e medie imprese e i player It sono stati più impositivi che comprensivi. Così, se i palyer spesso facevano, e forse in qualche caso ancora fanno fatica a comprendere e accettare le difficoltà di accesso al credito da parte di questa categoria di clienti, da parte loro le Pmi ancora facevano fatica a concepire la tecnologia come volano per lo sviluppo. In questo contesto è chiaro che si deve intervenire in modo diverso. A mio avviso, piuttosto che sui distretti, ritengo sia importante intervenire sulle filiere. È a livello di filiera, infatti, che i processi risultano discontinui e disconnessi. Ed è sempre a livello di filiera che è necessario far capire il beneficio dell’innovazione. Del resto lo si è ripetuto fin troppo: non manca la tecnologia, non manca l’infrastruttura, non mancano le soluzioni, manca la cultura. E se tutti siamo d’accordo sul fatto che sia necessario compiere un grosso lavoro educativo, meno chiaro è, invece, chi è disposto a farlo e chi è in grado di recepirlo”.

Tutto questo è valido per l’esercizio appena concluso. Ma ora si apre il nuovo anno fiscale. Quali saranno le linee guida e su cosa punterà Fujitsu Siemens per sostenere la propria crescita?


“È chiaro che la nostra intenzione è quella di proseguire, in un’ottica di continuità, lungo le direttrici già tracciate. La mobility è uno dei nostri cavalli di battaglia, ma anche qui c’è ancora molto lavoro da fare. Ritengo che non tutti i passi siano stati fatti perché la mobility venga concepita come leva operativa. Il successo dei notebook in questi ultimi mesi è più legato a un’idea di desktop replacement che di strumento che aiuta l’incremento della produttività. In questo caso noi siamo i primi sperimentatori di ciò che poi portiamo sul mercato, e dunque da due anni stiamo perseguendo un grosso progetto di mobility interno a Fsc, che va ben oltre la “canonica” Sales force automation. Nel nuovo esercizio continueremo a lavorare anche sul broadband, con iniziative che partono dal ludico, per poi allargarsi ad altri ambiti, come ad esempio tutto il mondo dei servizi al cittadino, magari in abbinamento alle smart card. E poi c’è tutta l’area enterprise. Utilità computing e on demand self configuration sono i temi chiave. E continueranno a esserlo anche per i prossimi mesi”.

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