Bottom-Up: così vanno fatti i piccoli datacenter

Extreme Networks propone una via per ottimizzare gli investimenti e dare prestazioni anche a datacenter di piccole dimensioni, garantendo la possibilità di scalare.

Per consentire ai Cio di ottimizzare gli investimenti a livello di rete anche nei datacenter di piccole dimensioni, Extreme Networks propone l’approccio Bottom-Up, adatto sia per progettare sia per fare evolvere piccole strutture verso i nuovi modelli di centri che si stanno affermando sulla spinta della stabilizzazione di tecnologie come la virtualizzazione.

Secondo Marco Pinna, Pre-Sales System Consultant Southern Europe di Extreme Networks, non tutti i datacenter possono avere le dimensioni di quelli di un service provider o di un motore di ricerca globale, ma anche se in scala inferiore devono rispecchiarne le caratteristiche.

Anche nei progetti con budget più limitati, infatti, i Cio sono chiamati a garantire una rete con caratteristiche di throughput elevato, bassa latenza, scalabilità, semplicità di gestione e disponibilità di servizio continuativa.

Per far fronte a queste sfide Pinna consiglia appunto di ricorrere al modello Bottom-Up: partire da piccole ma potenti soluzioni che consentono di rendere operativo anche un datacenter di ridotte dimensioni con un minimo investimento ma con elevate prestazioni fin da subito e scalabili.

Per seguire l’approccio Bottom-Up, Extreme Networks, propone una suite di prodotti che copre sia la fascia top-of-the rack, con lo switch Summit X650 da 1Ru con apparati stack da 24 o 48 porte 10/100/1000 Ethernet e uplink a 40GbE, sia la fascia end-of-row con soluzioni a chassis della famiglia BlackDiamond 8900, con slot in grado di ospitare fino a 96 porte 1Gbps (su singolo slot) e fino a 24 porte 10GbE.
Lo switch Summit X650, nelle configurazioni base a 24 porte 10GbE rame (UTP per cavi Cat. 6a) o in fibra ottica (SFP+), consentirebbe, ad esempio, di garantire il supporto di 48 porte 10GbE in modalità wire-speed no blocking in completa ridondanza e nello spazio di 2 Ru. Il tutto, secondo Extreme, con un costo paragonabile a quello di 2 slot di una soluzione a chassis.

La possibilità di scalabilità e di crescita dell’infrastruttura è garantita dal concetto di stack, che permette di interconnettere tra loro diversi armadi dati. Nel caso di ulteriore evoluzione del datacenter, una struttura adeguatamente modulare potrà scalare agevolmente su apparati di Core, “carrozzati” per interconnettere molteplici tipologie di traffico.
La modularità, in un’ottica Bottom-Up, è legata anche al tipo di sistema operativo adottato dagli apparati di rete. Un sistema operativo Unix come Extreme Xos, ad esempio, è modulare per natura e garantisce le stabilità e flessibilità richieste da applicazioni estremamente mission critical.

Secondo l’approccio Bottom-Up, Extreme Networks suggerisce anche di realizzare il cablaggio del datacenter in ottica evolutiva, predisponendo le dotazioni di cavo di rame e fibra ottica, valide anche per le nuove tecnologie, come i prossimi standard di comunicazione in ambito Ethernet a 40GbE e a 100GbE. E per ciò che concerne il contenimento dei costi nel lungo periodo, Extreme Networks invita i Cio a tenere in considerazione, nella fase di scelta dei dispositivi di rete, anche le attività di manutenzione e amministrazione.

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