Bi e data mining invadono il nostro quotidiano

Intervista a Ian Ayres, guru dell’intelligenza distribuita

In passato molte decisioni si basavano semplicemente su una combinazione tra esperienza e intuito. Gli esperti erano coloro che potevano vantare decenni di esperienza empirica. Conoscevano il miglior modo per fare le cose, poiché le avevano fatte tante volte in passato. Oggigiorno, queste figure continuano a esistere. Se vogliamo sapere cosa fare, basta chiederlo a chi ha i capelli grigi! Ma qualcosa sta cambiando. Il business e le amministrazioni pubbliche si affidano sempre più ai database per prendere le loro decisioni. «È l’epoca del super crunching, cioè l’analisi statistica dei numerosissimi dati presenti nei database, per scoprire correlazioni tra cose apparentemente non legate – afferma Ian Ayres, professore alla School of Management di Yale -. Questa analisi, compiuta dai super cruncher, influisce sulle decisioni del mondo reale. Le previsioni che ne scaturiscono sono il risultato di un mix tra dimensione, velocità e impatto. Le dimensioni dei database sono enormi, sia in termini di osservazioni che di numero di variabili, la velocità di analisi sta aumentando e l’impatto è a volte impressionante». I decision maker sono i super cruncher che cercano il miglior modo per fare le cose. Non si parla più di mega o gigabyte di dati ma di terabyte e petabyte (1.000 terabyte – ndr). Il prefisso tera deriva da una parola greca che significa mostro. Un terabyte è veramente una quantità mostruosa di dati! Google ha uno storage di circa 4 petabyte che viene costantemente analizzato. «Il tera mining non è una fantasia, ma è quello che si sta facendo oggi – ribadisce -. I super cruncher non stanno solo invadendo il campo degli esperti tradizionali, ma stanno anche cambiando la nostra vita. Non solo stanno influenzando il modo in cui le decisioni sono prese, ma stanno modificando le decisioni stesse. O, meglio, supportano i decision maker nel compiere in modo diverso le migliori scelte». Sta emergendo il data-based decision making. Per esempio le società che noleggiano automobili rifiutano il servizio a un cliente che ha una bassa capacità di credito perché il data mining rileva che questa variabile è direttamente correlata alla probabilità di avere un incidente. E ancora, quando un volo è cancellato, la compagnia aerea non privilegia i viaggiatori abituali, ma coloro la cui continuità di business è a rischio, scelta suggerita dal data mining. «Si riscontra un cambiamento nell’ambito di tutti i settori del business, legato alle capacità dei database dei computer moderni – prosegue il professore -. Negli anni 50 e 60 si avevano aspettative e paure riguardo alla sofisticata ingegneria sociale al comando dei governi e delle grandi multinazionali. Oggi, questa forma di intelligenza condivisa si sta risvegliando e si manifesta in una nuova generazione. Se prima ci si attendeva fossero i governi a pensare a tutti i problemi umani attraverso il comando e il controllo, adesso sta nascendo qualcosa di simile, ma in una forma diversa, quella dei massive data network».

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