Banda larga? C’è ancora molto da fare

La denuncia dell’Agcom: situazione insoddisfacente, l’Italia è l’ultima fra i Paesi del G7.

Corrado Calabrò, presidente dell’Authority per le garanzie nelle
comunicazioni, si affida a Shakespeare per commentare ciò che succede nel mondo
di Internet “Scorgiamo solo la cifra originaria della massa gigantesca delle cose a venire” è la frase presa a prestito da Calabrò che, nella sua relazione annuale al Parlamento, non nasconde l’insoddisfazione per la situazione italiana della larga banda.
“La
situazione del mercato italiano non appare soddisfacente: la copertura, la
diffusione, il livello concorrenziale delle offerte segnano il passo rispetto ai
Paesi più virtuosi d’Europa”
, afferma. Col 14,5% di diffusione della larga
banda l’Italia è ultima fra i Paesi del G7, indietro rispetto all’Europa a 15
(18,7%) e anche a quella a 27 (16,2%).



“Negli anni scorsi – insiste – la diffusione della larga banda in Italia aveva segnato prima un’impennata, con un incremento di oltre il 100% nel 2004, poi una più modesta crescita del 50% nel 2005 e del 25% nel 2006, giungendo a collegare ad aprile scorso quasi nove milioni di utenti (ottavo posto al mondo e quarto in Europa). Ma in Francia gli utenti sono arrivati a ben 14 milioni!”.



Ostacoli strutturali dal lato della domanda (la scarsa informatizzazione delle famiglie e delle imprese), e “l’anomalia italiana” della (quasi) completa assenza di
infrastrutture alternative alla rete di accesso in rame di Telecom sono i principali motivi che ostacolano lo sviluppo dell’Internet veloce nella quale Telecom mantiene una quota di mercato “ben sopra il 50%”. “La prossima approvazione da parte dell’Autorità dell’offerta
bitstream apporterà, già nel breve periodo, un miglioramento a questa
situazione”
anche se, osserva il presidente dell’Agcom, “Lo sviluppo
della larga banda in Italia è avvenuto finora quasi interamente (97%) mediante
la tecnologia Adsl, che amplifica le potenzialità della rete in rame. Senonchè
questa ormai mostra la corda”.


C’è bisogno almeno dei 20 Megabit per non allargare il digital divide che riguarda l’11% della popolazione e soprattutto bisogna
ricorrere al wireless. “Ma servono più risorse radio.
Le frequenze riservate all’utilizzazione dello Stato sono troppe
e sottraggono risorse vitali all’economia”
.



E poi c’è il problema della fibra ottica della quale
non si può fare a meno.La larga banda in fibra ottica, però, richiede
ingenti investimenti (non meno di otto miliardi di euro). In Italia, invece, gli
investimenti degli operatori sono dell’ordine dei milioni e risultano in
contrazione rispetto al 2005. “Il che non è sufficiente nemmeno per
assicurare un’adeguata manutenzione della rete per i servizi in atto”
.



Lo sviluppo dell’Internet veloce deve essere
una priorità. Per questo l’authority sta rielaborando per le reti Ngn (Next generation network) quella che a livello europeo è stata definita la scala degli investimenti , in modo da renderla compatibile con il nuovo contesto tecnologico e di mercato e da incentivare quindi gli operatori a compiere scelte di sempre maggiore infrastrutturazione. “Cardine della nostra strategia sarà stabilire una remunerazione premiale degli investimenti di tutti gli operatori nelle reti di nuova generazione, cosicché il settore possa compiere un balzo avanti in termini di innovazione e concorrenza.
Stiamo valutando la possibilità di favorire gli investment pools,
ovverosia la possibilità che più operatori si associno per coordinare
gli investimenti nelle reti Ngn”
.


E in quanto all’intervento pubblico il presidente dell’Agcom ricorda che
questo è possibile per la Ue solo nelle aree bianche (zone scarsamente popolate
e interamente prive di collegamento in larga banda) e con limitazioni in quelle
grigie (dove sono già presenti servizi di base a larga banda, ma non ancora
forniti in regime di concorrenza).



“Se il sostegno pubblico diretto è quindi possibile solo per limitate
aree del Paese, l’intervento delle Amministrazioni centrali e locali
è invece necessario in senso più generale per diminuire gli elevati
costi di realizzazione delle nuove reti e stimolare il mercato ad
investire nell’innovazione. Considerato infatti che gli investimenti
nelle reti di nuova generazione riguardano in grandissima parte
(attorno al 70% del totale!) le attività relative alle opere civili
(scavi, posa della fibra), è evidente l’importanza del momento relativo alla concessione ed al rilascio delle autorizzazioni e concessioni per le opere di scavo e per la condivisione dei cavidotti da parte delle Amministrazioni locali. E’ soprattutto a questo riguardo che Governo e Parlamento potrebbero intervenire prevedendo procedure accelerate e automatizzate, che valgano a superare remore, lungaggini, localismi, di cui abbiamo penosa esperienza”
.

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