Axiante: scelta e ruolo del business integrator per la consulenza strategica

Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante
Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante

Abbiamo intervistato Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante, sull’importante tema della scelta del business integrator per i servizi di consulenza strategica.

Quali sono le priorità delle imprese che si rivolgono ai nuovi business integrator per i servizi di consulenza strategica?

La priorità delle imprese oggi non è dotarsi di tecnologie innovative, ma impiegarle al meglio per essere preparate a qualsiasi eventualità.

In un contesto in continua evoluzione, l’imperativo per ogni impresa è farsi trovare preparata e reattiva ai cambiamenti. Le imprese, di qualunque settore e dimensione, si stanno confrontando con una trasformazione che investe ogni aspetto della vita professionale.

La transizione digitale e tecnologica, modelli di globalizzazione diversi da quelli attuali e la crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale costringono le organizzazioni a prepararsi a cambiamenti radicali, e farlo rapidamente sarà per molti una questione di sopravvivenza.

Per velocizzare i processi, è necessario aumentare la collaborazione all’interno dell’azienda, ma anche all’esterno con partner e clienti. Il digitale rappresenta in questo senso un alleato prezioso, ma è un mezzo, non un fine.

La priorità delle imprese oggi non è dotarsi di tecnologie innovative, ma impiegarle al meglio per essere preparate a qualsiasi eventualità.

Come fa oggi un fornitore di servizi a distinguersi sul mercato?

Il nostro approccio si fonda sul realismo e su una forte attitudine al risultato.

Per distinguersi davvero bisogna essere propositivi e rassicuranti: anche l’incertezza rappresenta opportunità, se si è in grado di muoversi prima e meglio dei propri competitor.

Quando si affrontano progetti complessi, servono competenze forti, ma occorre anche assumere il rischio dell’innovazione. Come partner, è importante non essere semplici esecutori, ma offrire un contributo concreto all’azienda, con idee e punti di vista esterni e partecipando all’analisi e alla definizione delle strategie.

Il nostro approccio si fonda sul realismo e su una forte attitudine al risultato. Crediamo sia fondamentale andare al ritmo che l’organizzazione può permettersi, con un approccio incrementale che costringe a produrre risultati sempre migliori e con un passaggio di conoscenza costante tra il business e i consulenti.

Quali sono i settori verticali più reattivi ai vantaggi offerti dalla digital transformation?

Prima che esplodesse il conflitto russo-ucraino, avevamo registrato un interesse significativo verso la digital transformation da parte delle aziende con una forte propensione all’export.

Queste, prima di altre, avevano compreso le opportunità offerte dalla trasformazione digitale e sembravano pronte a investire per beneficiare di tali vantaggi.

Ora, considerata l’attuale tensione internazionale, registriamo invece un atteggiamento di attesa, anche se vigile: le imprese più esposte all’estero temono l’impatto della crisi sull’andamento degli ordini e delle vendite e aspettano di vedere come evolverà la situazione prima di programmare nuovi investimenti.

Per quello che riusciamo a vedere oggi, in questo momento si stanno dimostrando molto attive nella trasformazione digitale le imprese operanti nel settore dell’energia.

Qual è il principale interlocutore nell’azienda cliente sui servizi di consulenza?

Oggi la necessità di innovazione è molto intensa nei processi marketing e vendite. Se, dunque, il system integrator ha familiarità con le sfide legate a questi processi, i diretti interlocutori saranno i responsabili delle rispettive funzioni.

Se, invece, emerge l’esigenza di comprendere caratteristiche ed entità del flusso di dati da gestire e di scegliere le piattaforme tecnologiche più adatte, occorre l’intermediazione del Chief Information Officer (CIO).

Quando invece l’investimento è significativo, il Chief Financial Officer (CFO) diventa spesso l’interlocutore primario con cui valutare l’investimento, vista la sua relazione con il top management dell’azienda.

Oggi il board è più o meno sensibile ai temi di sostenibilità e transizione digitale?

Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante
Romeo Scaccabarozzi, Amministratore Delegato di Axiante

Il board dovrebbe essere, per sua natura, l’organo deputato a guardare in prospettiva. È composto da persone non direttamente operative, che discutono del presente e soprattutto del futuro dell’azienda, valutando l’attività del management e tracciando la rotta da seguire.

Proprio perché chiamato a prendere decisioni nell’interesse dell’organizzazione, oggi il board non può quindi che tenere in massima considerazione il tema della sostenibilità, che è ormai diventato un prerequisito dell’attività aziendale.

Le azioni messe in campo a favore della sostenibilità finiscono ormai nei bilanci delle imprese, perché le performance aziendali vengono valutate non solo sulla base di criteri economici, ma anche ambientali e sociali. E per tutte le imprese, quotate e non quotate, si impone un tema di reputazione e immagine del brand.

Sul fronte del digitale, invece, il discorso è in parte diverso. C’è una nuova attenzione al tema, ma purché non ci si fermi alla semplice locuzione e la si traduca invece in fatti concreti.

Per il board il termine “transizione digitale” rischia di restare vago e poco comprensibile, mentre contano moltissimo le ricadute concrete sulle attività operative e decisionali.

Velocizzazione dei processi e consolidamento della fidelizzazione del cliente sono obiettivi molto più comprensibili e apprezzati dal board: sta al system integrator far capire come la digitalizzazione riesca ad amplificare il risultato.

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