Home Cloud Il ruolo dell’automazione nella migrazione al cloud ibrido

Il ruolo dell’automazione nella migrazione al cloud ibrido

È ormai assodato che i tre principali motivi di migrazione al cloud ibrido sono la ricerca di una migliore agilità di business, una protezione dei dati attualizzata e la riduzione dei costi.

Per questo molte aziende hanno inserito tra le priorità proprio il trasferimento in cloud di applicazioni e workload.

Naturalmente c’è anche un aspetto negativo da considerare, in quanto gli ambienti ibridi sono decisamente e intrinsecamente più complessi.

Con il volume dei dati in continua crescita, aumentano anche le informazioni replicate da gestire e i team IT vengono chiamati ad amministrare nuove infrastrutture composte da soluzioni fisiche, virtuali, cloud e SaaS.

Devono inoltre tenere in considerazione il disaster recovery, le operazioni di sviluppo e test, il provisioning, la gestione dei workload e le capacità di trasferimento dei dati.

Tutti questi fattori contribuiscono alla necessità di ridurre la complessità e di creare nuovi modi di gestire i dati in ogni ambiente.

Quando una migrazione riesce

Edwin Passarella, Technical Services Manager di Commvault in Italia ci ricorda come la sua società abbia di recente coinvolto i propri clienti in un’indagine per verificarne le aspettative, intervistando solo coloro che avevano completato progetti di migrazione con successo.

Le tre motivazioni principali che li hanno spinti ad avviare la migrazione al cloud ibrido sono state:

  • allocare in modo dinamico le risorse in base alle esigenze di business (49%)
  • ottimizzare i costi, pagando solo ciò che si utilizza (42%)
  • ridurre le spese di amministrazione, grazie al modello PaaS/SaaS (37%)

Per quanto riguarda invece i casi d’utilizzo alla base della migrazione al cloud, il backup ha raggiunto il 73%, il disaster recovery il 60% e le fasi di sviluppo/test il 45%.

Inoltre, il 64% delle aziende ritiene che lo spostamento di applicazioni e dati automatico sia la capacità più importante di uno strumento di migrazione al cloud.

Automazione per la migrazione

Quello che si evince dall’indagine, spiega Passarella, «è che le aziende hanno bisogno di maggiore agilità ed è chiaro che essere in grado di allocare le risorse in modo dinamico è una delle motivazioni principali dello spostamento al cloud».

Anche ridurre i costi e semplificare i processi rientrano nelle ragioni della migrazione ed è chiaro come non sia sufficiente possedere la capacità di migrare, ma sia necessario dotarsi di strumenti e workflow automatici che rendano più semplici i processi di trasferimento e provisioning di dati quando di spostano le applicazioni.

Un problema comune nella migrazione e protezione dei dati applicativi è rappresentato dall’aumento delle copie delle informazioni, con la conseguente proliferazione incontrollata dei dati.

Tra disaster recovery, sviluppo, garanzia di qualità, formazione e analisi, insieme a disponibilità e copie di protezione, la quantità di dati generati cresce infatti in modo esponenziale.

Edwin Passarella, Technical Services Manager di Commvault in Italia

Quindi perché il processo deve essere semplificato? «Perché molti dei processi sono lenti, manuali e soggetti a errori, elementi che allungano i tempi e aumentano i costi delle attività – spiega Passarella -. Quello che i clienti hanno messo in evidenza è piuttosto chiaro, ovvero il desiderio di una semplificazione del passaggio di applicazioni e workload nel cloud. E questo è possibile se la migrazione viene automatizzata in modalità end-to-end, dal provisioning ai nodi di elaborazione, fino alla configurazione e alla scelta dello storage adeguato, alla migrazione del database e alla continua sincronizzazione tra i database di origine e destinazione».

 

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