Aused: l’Italia perde in competitività

Per i manager italiani le aziende sono concentrate solo a tagliare i conti Ict attuali e non sanno progettare il futuro.

La sesta edizione del convegno organizzato dall’Aused (Associazione utilizzatori sistemi e tecnologie dell’informazione) aveva come tema "L’Ict, propulsore dell’innovazione e della competitività del Sistema Paese", argomento ormai molto dibattuto e dal quale è difficile trovare nuovi spunti, se non la crescente consapevolezza che l’Italia «si sta giocando il futuro» come ha affermato Elserino Piol, presidente di Pino Partecipazioni, presente alla manifestazione.


Infatti tutti i partecipanti alla tavola rotonda del convegno (molti top manager di società che operano nell’Ict), si sono trovati d’accordo nel ribadire che la realtà è molto preoccupante, (anche se ci sono casi di attività molto innovative, come ha sottolineato Nicola Aliperti, amministratore delegato di Hp), in quanto le aziende continuano a pensare al presente, e quindi a tagliare i budget da destinare all’innovazione, ma non hanno la capacità di guardare oltre e di capire che, così facendo, si stanno giocando la possibilità di sopravvivere alla competizione portata dalla globalizzazione dei mercati.


Dopo il saluto di apertura del presidente Aused, Erminio Seveso, l’intervento di Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, ha tra l’altro sottolineato come i Cio siano oggi pressati da una parte dal management, che chiede di ridurre i costi dell’Ict, dall’altro dai responsabili finanziari che chiedono un’ottimizzazione degli investimenti fatti.


Questo basso profilo non può proseguire, in quanto, secondo Capitani, le aziende vanno cambiate e non razionalizzate. E il rinnovamento deve partire dai Cio, che ora devono diventare dei veri e propri Chief "innovation" officer, per cui devono saper trasformare i sistemi informativi in una infrastruttura applicativa e tecnologica.


«Le esigenze cambiano, c’è più concorrenza, il mercato cresce poco – ha sottolineato Capitani – per cui i sistemi informativi devono funzionare come una factory e come una utility».


Inoltre, ci deve essere un allineamento tra Ict e strategie, per cui le esigenze di business del management devono convergere con i processi previsti dal Cio.


Si deve, inoltre, cambiare la grave malattia del downpricing che distrugge tutte le politiche di sistema.


«È brutto che vengano premiati i Cio che risparmiano e non quelli che innovano – ha sottolineato Capitani – ma così facendo non si riesce a creare un bene pubblico chiamato competitività. Si deve, infatti, puntare sulla ricerca, sull’innovazione e pensare in termini di futuro e non di presente, perché altrimenti per l’Italia non ci sarà futuro».


Bruno Pavesi, amministratore delegato di BTicino, con tutta una serie di dati che inquadrano l’Italia nel contesto mondiale, ha confermato con il suo intervento come il declino sia già evidente, e come il Governo debba intervenire con mosse adeguate, mentre Piol ha ribadito ancora, come sta facendo da anni, che in Italia non si dà spazio al venture capital, una leva che negli Usa gioca un ruolo fondamentale per le imprese, le aiuta a fare ricerca e quindi consente al Sistema Paese di essere trai più competitivi a livello mondiale.

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