Assintel analizza i problemi dell’It italiana

In occasione del Report 2002, realizzato con il contributo di Sirmi, l’associazione della aziende che operano nel settore ha evidenziato le difficoltà che pesano sullo sviluppo del mercato. Ribadita una diffusa mancanza di competenza e conoscenza sia dei fornitori che degli utenti

Le nuove tecnologie mal si combinano con quelle in
uso. I nuovi software gestionali incontrano grande resistenza da parte delle
aziende che vivono male la sostituzione, perché non è pensabile che
dieci anni o quasi di storia applicativa si possano sostituire in pochi
mesi. L’utenza più evoluta non è disponibile a cambiare sistema senza avere
la garanzia di un reale valore aggiunto.
Questi sono solo alcuni dei flash
raccolti alla presentazione dell’Assintel Report 2002, durante la quale vari
relatori si sono succeduti nel commentare i dati sull’andamento del mercato
It (pari a 23 miliardi di euro, nei quali è compreso anche il contributo dei
prodotti di networking).
Malgrado il rallentamento, infatti, il trend
continua a registrare numeri al positivo, soprattutto sul fronte dei servizi
che, avendo raggiunto in Italia i 10,1 miliardi di euro (+10,8%),
rappresenta il 44% dell’intera spesa, collocandosi come la prima componente
per fatturato. A ruota segue il comparto software (+ 8,6%), che
rappresenta una spesa di 3,3 miliardi e il comparto hardware (+ 6,6%)
con una spesa pari a 8,8 miliardi di euro. Invece di parlare di
tipologie d’offerta, però, questa volta analisti e operatori hanno
preferito focalizzarsi su una domanda, apparentemente scontata ma
necessaria a fare il punto della situazione.
Qual è oggi l’aspettativa
delle aziende, indipendentemente dal settore d’appartenenza? Un sistema
informativo aziendale capace di modellarsi e adattarsi alle effettive
esigenze dell’organizzazione, senza stravolgerne le logiche, a costi
accessibili, capace di crescere nel tempo e aperto verso l’esterno.
Se è
vero che il livello d’informatizzazione anche nel nostro tessuto aziendale è
ormai capillare, ci sono però alcune evidenze statistiche che non possono
essere trascurate: vere e proprie resistenze al cambiamento da parte delle
aziende di ordine fisiologico, dovuto a un approccio che segue una logica di
causa/effetto, per cui il management ragiona cercando termini di ricavo
consistenti.
«Gli imprenditori italiani sono “meno stupidi” dei colleghi
americani
– afferma provocatorio Andrea Maserati, presidente Fed -.
Vogliono capire subito dove sta il valore aggiunto che si propone loro
nella reingegnerizzazione del sistema aziendale. Vogliono costi più bassi
ed esigono che le migliorie apportate consentano di aumentare i margini
di guadagno in modo rilevante. Un dato su cui bisogna riflettere è che il
35% delle aziende sta andando verso soluzioni di Crm e Scm che, però,
richiedono modelli d’impresa basati su processi di lavoro non tradizionali.
Anche Business intelligence ed e-business richiedono sistemi applicativi
completamente riprogettati e basati su tecnologie innovative. In sostanza,
finiti gli eventi straordinari come l’Y2K e il “fattore euro”, rallentate le
spinte del mondo Tlc, quello che emerge, fondamentalmente, è la mancanza di
competenza e conoscenza del mercato sia dei fornitori che degli utilizzatori
finali
».
A guardar bene, secondo Maserati, le applicazioni attuali
hanno il difetto di non essere in grado di misurare immediatamente il loro
senso e la loro efficacia.

Ridurre i costi di
gestione
Mentre le tecnologie si assestano e diventano omogenee,
«bisogna partire concretamente dalle esigenze delle imprese
suggerisce Maserati -, proponendo un’offerta capace di ridurre
effettivamente i costi di gestione dei processi informativi che attualmente
pesano del 35% sul fatturato aziendale, cioè un suicidio. Il problema è che
per far questo, è necessario cambiare modelli organizzativi, competenze
e, soprattutto, la testa delle persone, altrimenti, di queste nuove
soluzioni se ne venderà sempre meno, almeno fino a quando non sarà
definito e applicato un nuovo modello d’impresa
».
La morale? È vero
che l’imprenditore bravo è capace di trasformare i costi in ricavi, ma
l’offerta deve essere rielaborata in funzione di un nuovo approccio in cui
diventa importante la comunicazione. La formula in cui il kernell sta nelle
applicazioni Erp, con a monte l’Scm e a valle il Crm, il tutto integrato da
applicazioni diverse di data warehouse e Bi non è quella giusta per parlare
ai diretti interessati, ovvero gli imprenditori. Al di là del fatto che i
trend di crescita per il 2002 relativi alla spesa per soluzioni gestionali
e Erp parlino di un +4,4%, di un +44,6% per soluzioni di Crm e call
center e di un +18,2% per soluzioni di Dw e Bi, quello che diventa
importante è che vendor e operatori imparino ad avvicinarsi ai propri
interlocutori declinando l’offerta secondo un linguaggio più semplice,
diretto e funzionale, all’insegna della chiarezza. La velocità, infatti, non
è l’unico fattore strategico: la qualità dell’informazione è fatta anche di
fruibilità e semplicità.
«Nel corso degli ultimi anni è stata trasferita
sul mercato tanta nuova tecnologia
– commenta Maurizio Cuzari,
amministratore delegato di Sirmi -. Oggi si tratta di farla funzionare.
Le aziende devono sviluppare ability, imparando ad affidare a degli
specialisti le varie funzioni d’uso, magari ricorrendo a modalità di
outsourcing.
Anche sul fenomeno dell’internettizzazione bisogna frenare gli
entusiasmi: se si va a guardare, è vero che il 69% delle aziende è su
Internet, ma come? Il 90% delle società italiane intervistate utilizza
il Web come vetrina elettronica mentre oltre l’80% lo usa per gestire la
posta elettronica. Solo il 4,6% lo utilizza per la gestione dei pagamenti
mentre la vendita B2C è appannaggio del 10,5% e la vendita B2B del
9,5%
».
«Non è solo questione di cultura informatica quanto,
piuttosto, di nuova cultura aziendale, amministrativa e gestionale
– fa
eco Enrico Durango, amministratore delegato di Ascential Software -. A
livello aziendale non c’è ancora un’effettiva capacità nel gestire i
processi. Il management ha compartizzato le attività per settore di
competenza, parcellizzando la possibilità di avere una visione
d’insieme. Oggi, per fare un esempio concreto, noi parliamo con
un’equìpe per il Crm, con un’altra equìpe per il networking
».
In
pratica l’approccio, di tipo tattico, complica la possibilità di
un’integrazione, che invece rappresenta la parola chiave del futuro
aziendale. Inoltre, è necessario che le aziende capiscano che la
digitalizzazione dell’informazione relativa ai processi aziendali è un
fenomeno più complesso della semplice digitalizzazione dei dati.
Internet è
nata su due principi fondamentali: disponibilità interattiva e cooperazione
tramite accessi condivisi. «Questi concetti sono stati applicati poco e
male
– conclude Maserati -. La disintermediazione doveva creare un
diverso approccio ai dati, invece Internet ha generato innanzitutto un
popolo di guardoni. La colpa? Soprattutto degli operatori di Tlc che, prima
di investire, volevano trovare clienti finanziatori. L’unico vero beneficio,
oggi, è l’e-mail utilizzata dal 72% delle aziende in modo coerente. In
realtà, dai dati dell’inchiesta risulta che Internet viene utilizzata
soltanto per alcune fasi di gestione dei processi
».
Paradossalmente,
molte aziende sono entrate nel Web per fare commercio elettronico e, invece,
hanno scoperto i vantaggi della reingegnerizzazione delle informazioni. Una
situazione che ha indotto le persone a utilizzare e ad affidarsi sempre di
più alle tecnologie.
Ora, però, per il settore It più che “possedere” è il
momento del fare e del saper fare, aggiungendo delle componenti di
eccellenza che con la trasparenza e la chiarezza dovrebbero segnare il filo
rosso del nuovo sviluppo.  

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