Asp: prima Isp, poi agenzie immobiliari, e adesso, forse, Asp

Caduta e rinascita degli Application Service Provider in Italia: ma c’è davvero un futuro?

La parabola degli Asp Application service provider italiani è veramente
curiosa. Come tutti i fenomeni nati sotto la stella di Internet nel periodo
d’oro 1998-2000 questi nuovi operatori sono stati salutati da grandi onori e da
aspettative irresistibili. A loro è stata subito affidata la missione di
cambiare radicalmente il modello di fornitura di servizi di It e Tlc sulla base
dell’assunto che Internet poteva trasformare il vecchio e disincantato
outsourcing in una più giovane e aggressiva strategia di esternalizzazione dei
costi senza perdere (ma anzi migliorare) performance e sicurezza.

Gli Application service provider
nascono effettivamente da una costola del mai decollato e nemmeno mai
tramontato outsourcing

. E nascono anzi come la chiave di volta che potrebbe effettivamente facilitare tutti coloro che hanno accarezzato l’idea di portare all’esterno componenti cospicue del proprio sistema informativo senza perdere il sonno nel dubbio di aver risparmiato da qualche parte, ma avendo però speso di più rinunciando a qualcosa.
La diffusione della Rete e dei prodotti pensati per essere messi a disposizione in forma di servizio a consumo attraverso la Rete è un dato oggettivo. Così come è fuori discussione che per la maggioranza degli Isp italiani la system integration è ormai una componente importante del proprio portafoglio, o perché si tratta di Isp nati come diretta emenazione di system integrator o perché le attività di integrazione e sviluppo si sono successivamente aggiunte a quelle di Internet providing.

Da questa fase a quella degli Asp il passo è breve. O almeno così è parso essere quando tutti, compreso il sottoscritto, decantavano le sorti magnifiche e progressive del modello Asp. I fatti però, come spesso accade, hanno punteggiato di difficoltà questo percorso.

Innanzitutto il mercato non era pronto. I clienti non avevano motivazioni forti a sufficienza per abbandonare un modello di gestione dell’It consolidato per uno nuovo dalla metodologia ancora da verificare. Questo è un dato certo e inconfutabile.
Così come è altrettanto inconfutabile che i clienti
più pronti a questo salto, ovvero i grandi gruppi, hanno deciso di entrare
direttamente in questo business
e hanno dato vita a dei veri Asp con la missione di servire innanzitutto il mercato captive delle aziende controllate razionalizzando la fornitura di servizi It attraverso una sorta di erogazione controllata. Un modo decisamente più innovativo e funzionale per centralizzare una funzione complessa come quella dell’It e per traformarla, almeno in potenza, in un centro di business. Questo fenomeno ha da una parte tolto clienti preziosi dalla piazza e ha poi consegnato a questa stessa piazza una rosa di nomi nuovi, ovvero quegli Asp dei grandi gruppi che oltre a servire il loro mercato captive hanno iniziato a muoversi sul mercato “libero” in cerca di clienti.
Nello stesso tempo va segnalato che gli indipendent-Asp hanno sbattuto il muso contro un atteggiamento decisamente inaspettato o quanto meno sottovalutato: ovvero l’ostilità del canale informatico verso questo modello.

La spiegazione è
semplice, la soluzione è invece più complessa. Vediamole. Il trade teme,
a ragione, che l’Asp possa sottrargli clienti.
Ed effettivamente se un’azienda decide di adottare il modello dei servizi It a consumo lo fa proprio per ridurre la consistenza dei propri investimenti diretti in tecnologie. Secondariamente solo pochi attori nell’area Asp hanno deciso di coinvolgere attivamente il trade nell’offerta di servizi al mercato.
Il risultato? Tutti hanno seminato sull’enterprise e sulle
grandi aziende. La semina è talmente ben riuscita e i clienti hanno talmente
creduto nell’Asp che hanno deciso di diventare Asp-like loro stessi. Lasciando
molti operatori con un palmo di naso e con un problema nient’affatto facile da
risolvere, ovvero riempire di servizi e clienti le server farm che nel frattempo
avevano creato e attrezzato. Nasce da qui quel fenomeno un po’ strano e un po’
malinconico che ha visto e vede fior di venditori di prodotti e servizi It
trasformarsi in piazzisti di “metri quadrati” di superfici attrezzate in
una sorta di agenzie immobiliari della tecnologia.
Il fenomeno si sta già spegnendo com’è giusto, anche perché per fortuna sembra emergere un nuovo modello, questa volta totalmente orientato al coinvolgimento del trade.

Se ai suoi albori l’Asp guardava
solo verso l’alto, alle aziende di grandi dimensioni, adesso, assai più
pragmaticamente guarda verso il basso. E parte da un presupposto nuovo: i big
considerano l’Asp una nuova forma di outsourcing in competizione quindi con l’It
interna e con le sue logiche di potere e con i fornitori tradizionali. Nelle
piccole e medie imprese l’It non dispone di una propria struttura e spesso si è
ancora alle prese con processi di prima o seconda informatizzazione. Non ci sono
strutture manageriali che possono sentirsi minacciate da fenomeni di
esternalizzazione. Anzi, spesso le figure di riferimento dell’It sono già
all’esterno ad esempio in qualità di consulenti con capacità decisionale o di
professionalità interne prestate, a tempo parziale, alla gestione dell’It.
In tutti questi casi l’approccio all’outsourcing è favorito se non
incoraggiato.
Ecco che in questo secondo scenario un’offerta di servizi
a consumo pilotata dal trade potrebbe essere la chiave di volta per alleggerire
il peso dell’investimento tecnologico presso aziende che guardano all’It
comunque con molta perplessità, che hanno bisogno di nuovi argomenti per aprire
i cordoni della borsa alle nuove tecnologie. Nello stesso tempo il trade
potrebbe avere quel servizio-prodotto in più per aprire le porte (e il
portafoglio) di imprenditori abituati a badare al sodo e che potrebbero
abbracciare la formula del “paghi solo quello che usi”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome