Applicazioni cercasi in tutta mobilità

Dalla logica del dispositivo a quella delle applicazioni reali. Ecco l’asse portante della mobilità. Ciò che conta è l’uso che se ne fa e la scelta della soluzione giusta

Settembre 2005, Piattaforma o applicazione? Quando si parla
di dispositivi mobile, in fondo le scelte sono queste: privilegiare una
piattaforma (come fa il 44% dei partecipanti al nostro sondaggio) che
si integri nell’infrastruttura It, oppure puntare dritti sulla soluzione
(come preferisce il 56% degli interpellati). Di certo non è una
questione di disponibilità tecnologica, ricorda correttamente Roberto
Dadda
di Sia: «Per le tecnologie il numero, ovvero
la disponibilità, è tutto. Ma al di là del numero,
la chiave del loro utilizzo è rappresentata dalle applicazioni
cross, nelle quali le stesse tecnologie possono essere utilizzate
».
Gli fa eco Marco Zamperini di Etnoteam: «Oggi
abbiamo una disponibilità pazzesca di tecnologia. Se pensiamo ai
lettori Mp3, agli iPod in particolare, andiamo in giro con 20-40-60 giga
di memoria di massa al collo. L’anello mancante, quello che consente di
trasformare tutta questa disponibilità tecnologica in opportunità
di business sono le applicazioni reali
». Non si lascia sfuggire
la palla Fabio Falzea di Microsoft. Di applicazioni si
parla, dunque anche di software. Ed è lì che punta il dito.
Chiama una persona in sala: «Mi fai vedere il tuo telefono cellulare?
Costa più o meno 200 euro? Se te ne do 500 me lo vendi?
»
«Subito!». «Perfetto. Se te ne do 2.000,
me lo vendi con la Sim e con tutti tuoi dati?
» «Nemmeno
per sogno
».

«Ecco la dimostrazione. Il valore dei dati va ben oltre quello
del dispositivo: la salvaguardia del dato, la sua tutela e la sua condivisione
vanno ben al di là della sola valenza funzionale
». Luca
Gasparini
di Acer e Massimo Federici di Fsc guardano più
a un corretto connubio tra dispositivi e applicazioni. «La vera
chiave
– sostiene Gasparini – è saper utilizzare lo strumento
giusto nel contesto giusto. Al consumer devo presentare prodotti che tengano
conto dell’estetica e della facilità d’uso. Alle aziende devo evitare
di andare a parlare di "device", ma dire che cosa "fa"
la soluzione che propongo
». «Quando porto uno strumento
nato per il mondo consumer in un contesto business
– gli fa eco Federici
la mia preoccupazione deve essere da un lato la possibilità
di accesso ai dati, dall’altro la loro salvaguardia. Ed è una preoccupazione
che prescinde dallo strumento utilizzato o dalla piattaforma
».
Stringenti le conclusioni di Dadda: «Mi pare evidente che il
problema non sia il dispositivo, bensì il dato. È chiaro
che devo adattare gli strumenti alle mie necessità d’uso. Non dimentichiamoci
che l’It è come un gas perfetto, tende a pervadere tutto lo spazio
che ha a disposizione. Ma bisogna dare alla gente un motivo vero per usarla
».

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