An@sin traccia una mappa delle competenze per la net economy

Riqualificare consapevolmente il sapere è uno degli impegni che l’arrivo di Internet impone al mondo dell’istruzione e alle imprese. Analizzate 19 aree professionali dell’Ict.

 


 


Quando si diffuse l’uso della luce elettrica, vedere illuminate a giorno le abitazioni non fu l’unico cambiamento tangibile. Questa nuova tecnologia modificò in maniera permanente non solo le abitudini quotidiane e culturali, ma coinvolse tutti i settori: se all’inizio sembrò solo facilitare la realizzazione del modello organizzativo tradizionale, poco dopo cominciarono a prospettarsi nuove aree di business che richiedevano nuove figure professionali. Così alcuni riconvertirono le precedenti esperienze arricchendole, mentre altri iniziarono un percorso formativo inesplorato, ma che lasciava presagire grandi possibilità di sviluppo e successo. Resta mitica l’efficacia del richiamo esercitato sui giovani di allora dalla Scuola Radio Elettra di Torino.


Una rivoluzione simile avviene ora con l’Ict: non c’è professione, attività di lavoro o di amusement che non ne sia in qualche modo contagiata. E questa estensione porta da una parte a modificare i nostri modelli organizzativi di vita e lavorativa, cambiando dimensione a elementi fondamentali come il tempo e lo spazio, dall’altra apre scenari inesplorati. Chi vi si avventura, mutua competenze dalle precedenti esperienze, mentre per le nuove generazioni vengono tracciati dei percorsi formativi ritagliati su misura per ottimizzare l’esistente e portare a una rapida evoluzione della conoscenza. Ci si è, perciò, avviati su un percorso che prevede il ricorso a una formazione perenne che porterà a una "contaminazione dei saperi" ma anche a cambiare l’oggetto del baratto tra azienda e prestatore d’opera: a fronte del contratto, non si cederà più il tempo, ma la conoscenza.


Ecco, quindi, che scuola, imprese e uffici per l’impiego, tre mondi che hanno sempre agito come se avessero vite parallele, avranno ora l’obbligo di interagire. La formazione, infatti, non potrà più prescindere dal finalizzare i programmi didattici per assicurare ai giovani una maggiore possibilità di accesso al mercato produttivo, mentre questo dovrà interfacciarsi con i servizi per l’impiego che, a loro volta, dovranno imparare a individuare le imprese che operano prevalentemente sul territorio, scoprire come si fa ad avvicinarle per comprendere le loro esigenze sotto il profilo delle risorse umane e quindi cercare e poi avviare quelle risorse che hanno le competenze e i profili rispondenti.


An@sin (Associazione nazionale aziende servizi informatica e telematica), al termine di un lungo e faticoso lavoro di ricerca nell’Ict, è riuscita a realizzare una vera e propria "mappa delle competenze" uno strumento atto a definire e delineare quali siano le competenze necessarie per aderire a pieno titolo, nella fase che segue l’alfabetizzazione, alla Società della comunicazione e della conoscenza. Lo dovranno scoprire al più presto le imprese, ma anche i docenti e i genitori dei ragazzi che di quella società saranno domani i veri protagonisti. Come ha affermato il presidente di An@sin, Franco Patini, "il valore di un’impresa, forse il suo stesso valore patrimoniale, è la somma dei valori delle competenze presenti nell’azienda, perché nel villaggio globale le competenze sono i nuovi strumenti e la conoscenza approfondita del settore può essere utile per costruire percorsi formativi che soddisfino la domanda del mercato del lavoro>".

Una volontà costruttiva


Entrando nel merito, cerchiamo allora di spiegare come è stata condotta e quali siano i punti salienti dell’indagine che ha preso in esame 19 aree professionali per l’Ict (come l’integration e test engineering, il marketing management, il multimedia design, It business consultancy, e via dicendo). Già questa è una differenza, perché a livello europeo il Consorzio Career-Space ne aveva individuate 18, ma An@sin ha aggiunto quella della sicurezza. I ricercatori hanno, quindi, dapprima individuato quali sono le "unità", ovvero le singole competenze necessarie per svolgere le attività previste in ciascuna area, per poi verificare se e quali di queste unità fosse riutilizzabile in aree differenti. Da questa indagine è così scaturita una vera e propria "mappa delle competenze Ict" che rintraccia e definisce le sovrapposizioni fra le 19 aree, evidenziando le possibilità di passaggio dall’una all’altra, visto che la formazione continua rende "cumulativo" e riorganizzabile il "sapere". Così, a titolo di esempio, se si sviluppa un’esperienza nell’It business consultancy, (un’area caratterizzata dall’impronta commerciale, ma dove si svolgono anche attività di supporto al cliente nella scelta di soluzioni It e nelle fasi di attuazione del progetto), l’interazione è con il gruppo di sviluppo e con la parte commerciale ma richiede anche una partecipazione alla stesura del business plan insieme al management. Le esperienze cumulate portano a una vera e propria contaminazione dei saperi, che torna utile nella migrazione da un’attività all’altra essendo una base di conoscenza integrabile con un adeguato corso di formazione. Questa è la sfida: implementare la formazione tenendo conto che il panorama del welfare è profondamente cambiato e che tutti i soggetti che vi partecipano a vario titolo devono adattare i propri modelli di riferimento al mercato.


Affinché il mondo delle imprese e la filiera formativa parlino lo stesso linguaggio, ha proseguito Patini, "è necessario che un grande impegno e una forte volontà costruttiva concretizzino i fabbisogni formativi del territorio in un approccio metodologico valido per tutti i settori economici e per tutti i livelli dell’istruzione nazionale". Classificando i molti profili professionali e le ancora più numerose mansioni che le aziende devono continuamente riadattare al mercato, i ricercatori hanno perciò compiuto uno sforzo di razionalizzazione e semplificazione di cose che, prese singolarmente, le aziende Ict conoscono benissimo nella loro vita quotidiana, ma che messe insieme formano un quadro complessivo condiviso, completo e riconosciuto, che nessuno soggetto istituzionale si era mai spinto a fare. L’obiettivo è importante, per cui Patini mette a disposizione del ministero dell’Istruzione e di ogni istituto le copie della ricerca.

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