Alla ricerca di forme di intelligenza in un tweet

Ovvero: dell’uso improprio di armi proprie in momenti di emergenza.

Ne avevamo già scritto qualche giorno fa, qui e qui, ma l’attualità ci riporta sull’argomento.
Come già accaduto in altre occasioni, Twitter ha assunto un ruolo da protagonista mentre le scosse di terremoto si percepivano chiaramente in tutto il Nord Italia.
Nel bene e nel male.
Protagonista per la tempestività con la quale la notizia che qualcosa – e qualcosa di grave – stava accadendo si è propagata.
Protagonista per l’utilizzo che qualcuno è riuscito a fare del flusso incessante di informazioni in una mattina convulsa.

Sul differente ruolo di chi con un Tweet dà notizia di un evento e di chi, una volta in possesso di tutti gli elementi necessari, riesce a trasformare tante singole unità informative in una storia di senso compiuto, dalla quale si evincano il chi, il come, il dove, il quando e il perché di un fatto, abbiamo avuto già modo di parlare.
Vale dunque la pena soffermarsi sull’uso improprio del mezzo.

Hanno fatto scalpore i Tweet con i quali Groupalia promuoveva cene o vacanze per esorcizzare la paura del terremoto.
Tweet generati da una analisi automatica degli hashtag più popolari al momento, che correlavano il #terremoto alla #paura.
Un automatismo, evidentemente, con un risultato di pessimo impatto sull’opinione pubblica.
La società, una volta resasi conto di essere finita nell’occhio del ciclone di una indignazione montante, ha cercato una maldestra corsa ai ripari, promettendo un’offerta di un euro alla Croce Rossa per ogni deal chiuso nella giornata.
Peggio la toppa del buco, si diceva una volta.
E anche adesso, per lo meno a leggere i commenti in rete.

La questione, che probabilmente sarà costata a Groupalia qualche disiscrizione al servizio e parecchi punti in termini di reputation, porta a un paio di riflessioni di fondo.
La prima è che non può esistere automatismo che non preveda un intervento umano correttivo.
Ex ante, per di più.

Senza tornare sulla vecchia diatriba dell’uomo e della macchina, il controllo intelligente è una conditio sine qua che evidentemente in questo caso è mancata. Così come è mancata la sensibilità di capire la nulla opportunità di inquinare hashtag informativi con messaggi pubblicitari.

La stessa riflessione, per altro, si applica anche alle campagne pubblicitarie e agli AdSense. Perché un frame che pubblicizza una società immobiliare che contorna articoli che parlano di case distrutte, un messaggio che promuove un libro sul terremoto de L’Aquila al piede di un articolo che raccoglie i pareri dei sismologi, un riquadro che riporta le pubblicità degli alberghi della zona a far da spalla a un’analisi sulle condizioni degli sfollati danno altrettanto fastidio.

Se non si corresse il rischio di fare del facile moralismo, verrebbe da proporre timidamente un’esclusione dei messaggi pubblicitari da alcuni articoli, poco importa se sono i più letti, o per lo meno una più attenta selezione delle associazioni tra parole chiave e messaggi pubblicitari, così da evitare accostamenti stonati.

La seconda riflessione, invece, è sull’uso corretto che degli hashtag e dei tweet si potrebbe fare in situazioni di emergenza.
Perché certe informazioni, importanti per chi vuol sapere cosa sta succedendo, diventano vitali per chi deve operare sul campo.
Non sarebbe male che le unità interessate imparassero a comunicare real time anche attraverso hashtag dedicati, soprattutto in tutte quelle situazioni in cui le comunicazioni voce diventano difficili, e le reti wifi – soprattutto se aperte all’occorrenza – ancora rappresentano l’alternativa possibile, evitando così l’inquinamento di chi vuol solo raccontare quanto si muoveva il lampadario in casa sua.

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