Alessandra Poggiani, la donna da 6 miliardi di euro

Per l’Agid rispettare gli accordi con l’Europa sulle infrastrutture costerebbe tanto, ma non tantissimo.

La chiusura del Pdf, il Personal Democracy Forum ospitato dall’Innovation Week di Roma, è stata affidata ad un’intervista sui temi dell’Agenda digitale italiana svolta dal giornalista Gian Antonio Stella ad Alessandra Poggiani, Direttore Generale dell’Agid, Agenzia per l’Italia digitale.

Ne è emerso che per colmare il ritardo italiano ci vogliono 6 miliardi di euro di fondi con effetto leva, sempre che gli operatori privati mantengano i loro impegni sugli investimenti fino al 2018.
Ricordiamo che arrivare al 100% delle reti a 30Mb e al 50% con 100 Mb non è più un obiettivo “sfidantissimo”, visto lo stato di avanzamento in Europa.

Per Poggiani i 6 milioni potrebbero essere tutti pubblici, oppure parzialmente con project financing con la Banca Europea degli investimenti, oppure partendo da settori specifici quali scuola sanità o altri rinforzi di domanda, mostrando che in alcuni settori c’è possibilità di stimolare la domanda: l’investitore privato dice che dove non c’è domanda e non fa investimenti.

L’origine del ritardo nelle infrastrutture Tlc

Secondo Poggiani il nostro ritardo parte molto da lontano: siamo stati l’unico Paese europeo a non fare la Tv via cavo.
Certo non s’immaginava che arrivasse la Rete, che ha amplificato l’assenza di infrastrutture.
Si fecero solo un paio di tentativi, uno su Milano per diventare Fastweb, uno su Roma con il fallito progetto Socrates.
«Finché Isdn e doppino hanno retto – ha detto – abbiamo tenuto il passo, poi abbiamo iniziato ad accumulare ritardo infrastrutturale. E oggi non abbiamo più nessun operatore pubblico».

Verso una nuova definizione di cultura

Le condizioni orografiche in Italia e le numerosissime città d’arte rendono estremamente costosa la realizzazione dell’infrastruttura.
Secondo Poggiani le scelte di politica industriale ed infrastrutturale non sono mai andate nella direzione delle reti immateriali e delle infrastrutture: «L’arretratezza delle infrastrutture fa il paio con l’arretratezza culturale.
Non ho dati specifici, ma parte della nostra arretratezza dipende anche dalla non preparazione dei giovani; alcune professionalità non entrano a scuola, quindi nei curriculum non ci sono. Per esempio nelle scuole abbiamo un ritardo di coding, di sviluppo del software.
Sempre parlando di scuola, su 46mila edifici scolastici solo il 18% delle aule sono connesse e quasi nessuna a banda larga, tanto che le Lavagne Lim funzionano solo per la proiezione
».

L’imprenditoria italiana non è consapevole dell’e-commerce

Nessun Governo per Poggiani ha risolto il problema di Internet, il che vuol dire che non c’era pressione né dai cittadini, né dalle associazioni di categoria, né dai sindacati (né da Confindustria, ndr).

«C’è un gap di richiesta: gli italiani che acquistano su Internet sono molti di più di quelli che riescono a comperare in Italia e spesso si acquistano beni, e anche beni italiani, su siti esteri.
Le aziende familiari aumentano il digital divide
Le aziende piccole e familiari a breve termine hanno portato vantaggi nel breve termine. Ma si è perso di vista che nel lungo periodo non avere cultura manageriale ma solo quella di chi si fa da solo perde capacità d’innovazione e cambio di modello che rendono dinamica la situazione
».

I media non aiutano

«Sto seguendo il dibattito sul diritto all’oblio su Internet – dice Poggiani -. Certo, quando Banzi (fondatore di Arduino e co-curatore della Maker Faire di Roma, ndr) ha parlato con Obama siamo stati tutti orgogliosi, ma tecnologia si parla perché i bambini vedono le donne nude, il grande fratello ci spia e i telefonini costano sempre di più: sono tutti argomenti di paura, mai di opportunità. Io mi preoccuperei delle minacce e dei rischi una volta che il livello delle opportunità sia alto.
In Italia non c’è stata una sfera pubblica come in altre nazioni. E non è che i media abbiano spinto l’argomento. Sarebbe bello che ne parlassero più spesso, che so, subito dietro l’articolo 18?
».

L’Ict è vista insieme alla Pa

La governance italiana è un po’ migliorata, rispetto a quando è stata istituita l’Agid.
Dalla cabina di regia di sei ministeri oggi c’è la Presidenza del Consiglio dei ministri e la vigilanza della Funzione pubblica ma con altre competenze, ad esempio le infrastrutture del Ministero dello sviluppo economico.

«Il tema è essenzialmente economico, perché non si tratta di digitalizzare i processi esistenti ma di svilupparne di nuovi.
Dei Paesi europei, l’unico con un organismo simile all’Agid è in Danimarca, e dipende dal Ministero Economia e Sviluppo. Da noi sta sotto il ministero della Pa, una scelta dovuta a ragioni anche eccellenti ma che sovrappone il digitale alla Pa, che è solo una parte del problema
».

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