Agcom e Privacy: vincono i partiti

Senza soprese la votazione di ieri a Camera e Senato sulle nomine dei consiglieri di Agcom e Privacy. Eletti i nomi indicati nei giorni scorsi dai partiti. Si preannuncia battaglia.

Alla fine si sono svolte esattamente come previsto, e sicuramente anche temuto, nelle ore della vigilia.
Le nomine dei commissari dell’Agcom e del garante della Privacy sono esattamente le stesse di cui si era parlato nei giorni scorsi. Dettate da logiche partitiche, invece che da un criterio di trasparenza, invocato a gran voce soprattutto nelle ultime settimane.

La Camera ha così eletto Maurizio Decina e Antonio Martusciello all’AgCom (sostenuti rispettivamente da Pd e Pdl) e Giovanna Bianchi Clerici e Antonello Soro all’Autorità Garante della Privacy, mentre il Senato ha a sua volta nominato Antonio Posteraro e Antonio Preto all’Agcom e Augusta Iannini e Licia Califano alla Privacy.

Nomine e votazioni si sono svolte in un clima molto teso, con abbandoni in aula al momento del voto da parte di Idv e Radicali e assenze di protesta tra i banchi parlamentari. E durissimi sono stati i commenti una volta annunciate le nomine.
Gli oppositori, sia all’interno delle forze parlamentari sia di quelle civili che in queste settimane si sono battute perché le elezioni dei due consigli destinati ad assumere decisioni chiave su questioni critiche per il futuro del Paese avvenissero secondo logiche di competenza e trasparenza, parlano oggi di ”presa in giro” e di logiche spartitorie, evidenziando come i curricula
dei candidati siano pervenuti ai parlamentari quando le decisioni erano di fatto già prese. Fatto questo confermato anche dal Senatore del Pd Ignazio Marino che, in una lettera inviata a L’Espresso dichiara che il suo stesso partito ” ha chiesto a ognuno di votare liberamente per un candidato. Ma non ha dato il tempo di esaminare i curricula disponibili esclusivamente in forma cartacea e in copia unica”.

Di fatto si annuncia battaglia.
Anzi, la battaglia si è annunciata fin dalle prime ore della giornata di ieri, quando, nel corso della conferenza stampa con la quale Idv, Radicali e Sel annunciavano la loro non partecipazione al voto, la parola d’ordine è stata ”non finisce qui”.
E il ”non finisce qui” già comincia a prendere forma.
Tre le strade già identificate: un appello al Presidente della Repubblica Napolitano perché non firmi il decreto di nomina, un ricorso alla Corte di iustizia Europea, come ipotizza l’avvocato Guido Scorza e ricorsi alla magistratura italiana su due elementi ben precisi: il metodo da una parte, e il merito dall’altra, soprattutto se alcune delle figure elette non rispettino i prerequisiti di legge, come, nel caso del Garante della Privacy, non siano ”esperti di riconosciuta competenza delle materie del diritto o dell’informatica, garantendo la presenza di entrambe le qualificazioni”.

Toni più distesi vengono invece da Business Software Alliance che in una nota auspica che ” la ripresa dei lavori dell’Authority coincida anche con una pronta ripresa del dibattito sul Regolamento a tutela del copyright nelle reti digitali, su cui la passata presidenza disattese gli impegni presi con tutti gli stakeholder”.

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