Accompagnare il prodotto passo a passo con il Plm

Varie interpretazioni ma un unico assunto. Il Product lifecycle management consente alle aziende, anche quelle più piccole, di seguire l’intero ciclo di vita della merce, riportando in primo piano il ruolo giocato dall’ufficio tecnico.

Plm come risultato di una lunga storia, come sommatoria di più fattori, come specchio dell’esigenza di ridurre i costi, accelerare l’innovazione e migliorare i processi. Se ormai l’essenza del Product lifecycle management (Plm) è chiara e ruota attorno alla gestione completa del ciclo di vita dei prodotti, le considerazioni personali non mancano. Da una generica e condivisa definizione di soluzione in grado di supportare le imprese durante tutte le tappe percorse dalla merce (dalla loro concezione, al lancio sul mercato) si passa, infatti, al campo della libera interpretazione, con declinazioni diverse. Ciò che accomuna le imprese manifatturiere italiane è l’esigenza di riportare l’ufficio tecnico sotto i riflettori dopo un decennio in cui l’attenzione si è concentrata sull’integrazione tra produzione ed Erp, mentre il progettista era visto come un’isola a se stante. E i vendor di sistemi di Product lifecycle management ne sono consapevoli e si fanno trovare preparati.


"Di fatto ci si è accorti che questa situazione non poteva perdurare – esordisce Gianni Graziani, direttore generale di Autodesk – perché il vero core delle aziende industriali è il prodotto, che deve essere progettato e gestito in modo efficiente, a maggior ragione in un mercato su larga scala, con cicli di vita che si allungano". Il manager porta a esempio il comparto delle macchine utensili in cui la Cina rappresenta al contempo un concorrente e un’opportunità di business, in quanto attrezzature che per i paesi europei diventano obsolete, in quello asiatico possono vivere una seconda giovinezza.


Il Plm, quindi, supera la dimensione empirica e si concretizza in sinonimo di ritorno sull’investimento. "In Italia se ne parla come una concreta occasione – evidenzia Stefano Rinaldi, country manager di Ptc -. Le aziende sono ormai mature per affrontare problematiche associate allo sviluppo prodotto e l’idea che sia necessario riportare in primo piano la progettazione è un dato di fatto". Si tratta di una maturazione avvenuta in termini evolutivi. Dopo essersi occupate dell’ottimizzazione dei processi transazionali per recuperare efficienza operativa, le aziende dell’area manufacturing iniziano a investire risorse ed energie in direzione della competitività futura. Anche se, fa notare Gian Luca Sacco, direttore marketing di Ugs Italia, gli investimenti sono caratterizzati da una maggiore dilatazione dei tempi dovuta all’attenzione meticolosa che si dedica alle voci di spesa.

Una trasformazione necessaria


Il passaggio da esigenza avanzata, in cui solo i precursori individuavano un elemento di ottimizzazione, a vero e proprio must è da collegarsi al concetto di azienda estesa di cui, anche in Italia, si parla sempre più spesso.


"Capita che le imprese, anche quelle medie, demandino a terzi alcuni aspetti della progettazione – prosegue Rinaldi -. In altri casi, si assiste a una delocalizzazione vera e propria, anche della produzione, rendendo necessari strumenti appositi, autonomi ed efficienti, ma al contempo integrati".


Il Product lifecycle management è uscito dall’aura dedicata esclusivamente alle grandi società, tipica degli anni 90, quando il concetto comportava un grosso lavoro organizzativo, troppo distante dalle possibilità delle Pmi. L’evoluzione della tecnologia mette, invece, a disposizione strumenti che consentono di collegare dipendenti, terzisti e fornitori, accessibile anche alle aziende di dimensione ridotta.


Al contempo, la grande impresa non si può più permettere lunghi cicli di lavorazione e punta su ritorni immediati.


"Negli anni 90 – dice ancora Graziani -, con i grossi progetti di Plm si calava dall’alto un cambiamento procedurale che andava a modificare il modo di lavorare dei progettisti. Ora, l’utente partecipa in prima persona e riesce a misurare direttamente i vantaggi. In termini di trend, fino a dodici/diciotto mesi fa, la piccola e media impresa era interessata puramente alle funzionalità del Cad. Di fatto, ora, è cambiato l’approccio mentale".

Percorso a ostacoli?


Quello per cui si può provare rammarico, secondo Sacco, è l’incapacità dimostrata nel passato dai protagonisti del mercato Plm di cavalcare, così come ha fatto il mondo Erp, il medesimo acronimo per anni, rendendolo chiaro e riconoscibile: "Noi ci siamo complicati la vita cambiando continuamente sigle e concetti al crescere delle funzionalità". Prima di arrivare al Plm, infatti, è stato il momento del Pdm, che però rappresenta un’applicazione che gestisce solo dati di prodotto e in minima parte di processo. "Se ne parla dalla metà degli anni 80 – continua Sacco -, quindi la tecnologia è matura e fondamentalmente votata alla gestione delle informazioni in ambito tecnico. Il Plm, invece, non è solo un’applicazione ma un nuovo metodo di lavoro abbinato a uno strumento informativo che gestisce il prodotto in tutta la sua fase concettuale, superando il semplice uso che ne può fare l’ufficio progettazione". La sua diffusione non trova ostacoli nemmeno nell’integrazione con i software gestionali, per la quale non esistono difficoltà tecniche, pur permanendo quelle che potrebbero essere definite problematiche "politiche". "Tutte le società che propongono un sistema Plm offrono anche un modulo di integrazione configurabile – puntualizza Sacco -. Quello che diventa complesso è stabilire le linee di confine tra gli interessi di figure diverse all’interno dell’azienda. A maggior ragione tenendo conto che dei quattro pilastri che sorreggono l’infrastruttura aziendale (Erp, Plm, Crm, Scm, ndr), saranno i primi due a rimanere anche nel futuro". Resta, comunque, difficile quantificare la percentuale di penetrazione del Product lifecycle management, al quale i vari vendor possono dare accezioni diverse. "A quelli che ritengono che Plm equivalga a Pdm o data management, se ne affiancano altri che lo interpretano più ad ampio spettro", commenta Sacco.

Strumenti dedicati


La maggiore standardizzazione degli strumenti ne semplifica l’utilizzo e ne riduce i costi, di licenza e di esercizio. "Importante è anche la personalizzazione e l’inserimento in un contesto aziendale – specifica Graziani -, magari a livello modulare. Calare dall’alto un sistema completo potrebbe significare non dare all’impresa il tempo sufficiente per assorbirlo". I processi, infatti, si moltiplicano, richiedendo un maggior controllo delle informazioni che sempre di più risultano strutturate. La necessità principale è di gestire la documentazione ordinaria ma anche problematiche quali la configurazione del prodotto e le sue modifiche. "Chi non riesce a gestire o automatizzare questi passaggi – indica Rinaldi -, non potrà ridurre tempi e costi di produzione e collaborare in una supply chain complessa fin dall’inizio, mantenendo alto il livello di qualità e di innovazione; elementi determinanti soprattutto in un periodo come questo e con competitor quali la Cina e l’India".

Collaborazione su larga scala


L’investimento in ricerca e sviluppo e la diffusione di strumenti quali Internet hanno permesso di compiere un passo epocale, per affrontare la problematica della collaborazione tra attori distribuiti e con la necessità di mantenersi in comunicazione anche in fase di ingegnerizzazione. "Alla base delle nuove offerte, si pongono soluzioni integrate e integrali – incalza Rinaldi -, in grado di valutare tutte le caratteristiche inerenti la creazione del modello digitale".


Una maturità che, tuttavia, si può ritrovare solo nel mercato manifatturiero, anche nell’accezione verticale di automotive, aerospace&defence, hi tech, ma che non è ancora vissuta in altri settori, per quanto interessati e interessanti per l’evoluzione del Plm. Tra questi spiccano il fashion e il largo consumo ma, per ora, si tratta di settori ancora acerbi. "In Italia, qualche realtà "visionaria" vede l’utilità del Plm per usi non tradizionali, come ad esempio il packaging e la gestione delle ricette – conclude Sacco -. Bisogna, tuttavia, non farsi prendere da facili entusiasmi perché anche in settori diversi da quelli usuali il suo impiego potrebbe essere destinato ad aspetti tipicamente di machinery, vale a dire l’impianto di produzione di un bene".

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