A piccoli passi verso una supply chain di tipo “adattivo”

L’attenzione delle imprese è oggi rivolta alla riduzione dei costi e alla redditività. Ma non si esaurisce la spinta verso una maggior collaborazione tra partner di business. Le best practice si affidano ai più recenti sistemi Scem, per colmare il gap tra pianificazione ed esecuzione.

 


Nell’arco dell’ultimo decennio il focus del Supply chain management si è progressivamente spostato dall’ottimizzazione dei processi interni, tesa a raggiungere la massima efficienza delle operazioni tra front end e back office, verso un obiettivo di gestione che abbraccia l’intera catena della fornitura. E con la diffusione delle tecnologie di Internet la prospettiva si è estesa a ricomprendere non solo i rapporti strategici con i partner commerciali sul fronte del procurement e della distribuzione, ma anche l’intero network di relazioni che conducono al cliente finale. “Ed è proprio l’esigenza delle imprese di essere più vicine ai propri clienti – osserva Gerald McNerney, analista senior di Amr Research – a dettare oggi le strategie della supply chain. Numerose aziende mostrano un atteggiamento assai più cauto negli investimenti in It, che già nel 2001 si erano ridotti, ma non v’è dubbio che l’urgenza di aumentare la produttività e sviluppare nuovi vantaggi competitivi spinga verso una supply chain più complessa e convinca a gestire i maggiori rischi correlati“.


Non è un caso che il tasso di penetrazione delle applicazioni sia in progressivo aumento (negli Stati Uniti il 46% delle aziende ha adottato almeno un modulo di Scm) e che la loro diffusione oggi interessi aziende grandi e piccole, sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi. “Al momento le attenzioni sono soprattutto concentrate sul contenimento dei costi e sul recupero di redditività, ma è evidente la necessità di migliorare le proprie capacità di soddisfare la domanda lungo i diversi canali per mezzo di tecnologie che supportino regole e flussi operativi molteplici“. In questo senso, stringere le maglie della collaborazione con i partner di business rappresenta un passo obbligato. Cominciando con l’abilitare le applicazioni al Web, per passare poi dal rapporto uno-a-uno alla comunità virtuale dei trade exchange.


Ma il tempo richiesto perché maturino condizioni e tecnologia del community management sembra ancora piuttosto lungo. E non meraviglia, poi, se le soluzioni di e-sourcing ed e-procurement rappresentano tuttora la porzione più piccola nel budget per le applicazioni. Ciò non toglie, però, che stia prendendo piede un più completo e complesso modello di relazioni tra partner commerciali e che, da un lato, diverse aziende stiano investendo per trovarsi pronte al momento della ripresa economica, mentre, dall’altro, il fattore emulativo possa giocare ancora un ruolo determinante. “Fra i trend emergenti – sostiene Simon Pollard, direttore del servizio e-business di Amr Research per l’Europa – compare innanzitutto l’estensione della portata degli obiettivi assegnati all’Scm, che vede estendere i suoi confini a Crm, Srm (Supplier relationship management, ndr) e Plm (Product lifecycle management, ndr). Inoltre, Supply chain planning e Supply chain execution, vissuti a lungo in ambiti separati, vengono oggi ricondotti in un contesto unitario“. Le più recenti best practice colmano il gap affidandosi ai sistemi di Supply chain event management (Scem). “Qualora un piano logistico – spiega Pollard – venga memorizzato in un repository condiviso insieme alle ipotesi e ai dettami che lo hanno generato, e si possano monitorare tutti gli eventi critici della supply chain per verificare la coerenza delle operazioni in esecuzione con quanto programmato, ecco risolto il problema della collaborazione, che può, dunque, poggiare sulla base comune di un motore auto-adattivo rispetto ai processi di business“.

Una panacea? Non ancora


Ma la soluzione Scem non rappresenta la panacea per tutti i problemi della supply chain estesa. “Bisogna invece – avverte Pollard – considerare un obiettivo ben focalizzato, agire con un approccio per fasi e completare l’implementazione in tempi rapidi“. Peraltro, le aziende che per prime hanno abbracciato la nuovelle vague, hanno potuto sperimentare dei concreti vantaggi dovuti al miglioramento della condivisione delle informazioni al loro interno e con i partner, ma non invece alla promessa di un sistema capace di risolvere in automatico gli eventuali problemi. La visione di supply chain adattiva, propugnata dai vendor, si dimostra, dunque, prematura, ma è probabile che agisca da catalizzatore per nuovi sviluppi, che godranno certamente di un sostanziale impulso dalla diffusione dei sistemi di auto-identificazione che, applicati alle merci e, presto, anche ai prodotti confezionati di largo consumo, permettono un tracciamento completo dei processi di catena.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome