Iperconnettività, più di una moda

Secondo una ricerca Idc già oggi il 16% degli utenti business globali è “iperconnesso”. Fra cinque anni saranno il 40%. Rilevante l’impatto sociale.

L’hyperconnectivity (iperconnettività) va gestita adesso. L’assunto, rivolto alle aziende, emerge da una ricerca globale condotta da Idc e sponsorizzata da Nortel, che ha rivelato che si sta verificando una richiesta crescente di livelli di connettività costante da parte della forza lavoro globale.

Lo studio di Idc ha preso in esame 2.400 individui di entrambi i sessi e di età differenti residenti in Nordamerica, Europa, Medio Oriente, Asia Pacifico e America Latina che lavorano presso aziende di diverse dimensioni in vari settori di mercato.

Lo studio ha rivelato che il 16% degli utenti intervistati è già “iperconnesso” in quanto utilizza una grande varietà di dispositivi e fa un uso intensivo di applicazioni innovative nel campo delle comunicazioni.

L’utente iperconnesso utilizza un minimo di sette dispositivi per attività lavorative e personali, oltre ad almeno nove applicazioni quali Instant Messaging (Im), Sms, Web conferencing e social network.

Un altro dato significativo è il profilo degli individui definiti “sempre più iperconnessi”: questo gruppo di utenti pesa per il 36% e impiega almeno quattro dispositivi per le proprie attività lavorative e personali, avvalendosi di sei o più applicazioni.

Con l’aumentare delle capacità di questa categoria e tenendo conto della conseguente variazione del profilo demografico del segmento in cui sono classificati, la ricerca prevede che gli utenti business iperconnessi raggiungeranno la quota del 40% nei prossimi cinque anni.

Le domande poste durante il sondaggio riguardavano il numero di applicazioni e di dispositivi utilizzati dall’intervistato, il luogo in cui sono prevalentemente usati e in quale momento della giornata. Lo studio ha inoltre preso in esame le abitudini degli utenti nei confronti delle attuali tecnologie per le comunicazioni e le relative valutazioni circa il livello di adozione a fini lavorativi o personali.

Dallo studio risulta, quindi, che gli individui iperconnessi sono piuttosto soddisfatti dell’equilibrio fra lavoro e vita privata, anche se utilizzano quasi tutti i dispositivi e le applicazioni per gestire entrambe le sfere, lavorativa e personale. Sono, e il dato deve indurre una riflessione, disposti a comunicare con l’ufficio anche quando si trovano in vacanza, al ristorante, nel proprio letto e addirittura nei momenti di culto religioso.

La maggiore percentuale di individui iperconnessi risiede nella regione Asia/Pacifico. I Paesi che registrano il maggior tasso di iperconnettività sono Stati Uniti e Cina, in ultima posizione Canada ed Emirati Arabi Uniti.

L’America Latina sta emergendo con forza: il 64% della forza lavoro in America Latina appartiene al gruppo degli iperconnessi o di quelli sempre più connessi, rispetto al 59% della regione Asia/Pacifico, al 50% dell’Europa e al 44% del Nordamerica.

In Europa e Medio Oriente si fa largo uso di instant messaging e Sms per scopi lavorativi: oltre il 50% degli intervistati a livello Emea afferma di utilizzare l’instant messaging e gli Sms per motivi di business.

Tenendo conto del ricambio generazionale in ambito lavorativo che lascia spazio ai giovani dipendenti nell’arco dei prossimi cinque anni la forza lavoro iperconnessa raggiungerà probabilmente il 40%.

Con il pensionamento della generazione dei baby boomer, le imprese si troveranno sempre più a dover competere per assicurarsi i migliori talenti. Gli utenti iperconnessi si aspettano ambienti di lavoro avanzati dal punto di vista delle comunicazioni e considerano le soluzioni di comunicazione più avanzate una condizione fondamentale per il proprio impiego.

Alla domanda su quale oggetto si porterebbero dietro se dovessero restare lontani da casa 24 ore, più del 38% degli intervistati ha risposto il telefono cellulare, prima di portafoglio, chiavi, laptop e lettore mp3 (meno del 30% ha messo il portafoglio al primo posto).

Oltre un terzo degli intervistati utilizza i social network e le comunità online come blog, wiki, e forum online per le proprie comunicazioni aziendali.

Circa un intervistato su cinque afferma di avere difficoltà nel gestire più fonti di comunicazioni. Gli utenti dei settori finance e high-tech sono quelli più insoddisfatti rispetto alla modalità con cui le proprie aziende gestiscono molteplici fonti di comunicazione. Più del 25% ha affermato che i sistemi aziendali sono lenti e inaffidabili.

L’iperconnettività varia da settore a settore, dal 9% degli intervistati nel settore medicina e sanità fino al 25% di quelli operanti nel segmento high-tech e al 21% del segmento finanziario.

Il 70% degli intervistati si collega a Internet da casa con uno o più dispositivi. Nella regione Asia/Pacifico e nella fascia di età compresa fra i 18 e i 34 anni la percentuale balza all’80%.

A chiosa dell’indagine è interessante conoscere la posizione del Cio di Nortel, Steve Bandrowzak, che in una nota dichiara che nel suo ruolo si trova ad affrontare chiaramente e quotidianamente le esigenze e le aspettative proprie di questa nuova cultura della connettività.

Secondo il Cio della società canadese, lo studio di Idc mette in luce le sfide e le opportunità legate all’Hyperconnectivity che finora Cio e professionisti It non si erano mai trovati ad affrontare. È giunta quindi l’ora per il management corporate e It di riesaminare gli investimenti tecnologici e le strategie di business facendo leva, da un lato, su nuovi strumenti quali ad esempio le comunicazioni unificate, e dall’altro su un impegno a modificare le policy del personale, le direttive di sicurezza e i processi di business.

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