Molte perplessità sulla procedura elettronica di conteggio dei voti testata in Liguria, Lazio, Puglia, Sardegna e Calabria
L’hanno chiamato voto elettronico ma in realtà era solo uno scrutinio che,
per giunta, ha battuto solo di una ventina di minuti i dati che viaggiavano con
il metodo tradizionale. Questo almeno, come racconta il sito del Giornale, è
successo in Liguria dove in un seggio a Castelletto “un giovane scrutatore elettronico ha chiuso il portatile spedendo soltanto il risultato dell’affluenza alle urne rinunciando, per complicazioni del sistema informatico, a inviare quelli sulle preferenze di lista.In altri seggi,
gli addetti del ministero hanno trovato difficoltà e alcuni si sono rassegnati a
pigiare i tasti del personal computer diverse volte prima di fare coincidere i
dati cartacei delle preferenze con quelli trasmessi via cavo. Alla fine si sono
registrate alcune discordanze fra i risultati finali elettronici e quelli
validi, cioè contati col metodo tradizionale dagli scrutatori”.
Oltre alla Liguria, Calabria, Puglia, Lazio
e Sardegna sono state coinvolte nel test che è costato 38 milioni di
euro. Un’altra testimonianza arriva da Emmanuele Somma, fondatore di LInux
Magazine, che era scrutatore in uno dei seggi interessati dallo scrutinio hi
tech. La testimonianza di Somma, citata dalla Stampa e da Punto Informatico,
parla senza mezzi termini di fallimento di un metodo che “non dà alcuna
garanzia di verifica” ed è “facilmente manipolabile. Dal punto
di vista informatico e organizzativo – spiega – la rilevazione
elettronica dello scrutinio, nel seggio da me direttamente presidiato (a Roma),
può considerarsi un esperimento banale, progettato con pressapochismo
istituzionale e assoluta incompetenza tecnologica, realizzato per mimare le
procedure manuali senza alcun approfondimento specifico tecnologico”.
La prima cosa grave di questo sistema
– ha dichiarato Somma a La Stampa – è che non esiste nessun decreto o nessuna altra legge che autorizzi la presenza di operatori informatici dentro i seggi indicandone la qualifica e il livello di preparazione. L’unica cosa cioè che questi cosiddetti esperti informatici possono mostrare è la fotocopia del loro contratto di lavoro interinale con una società informatica. Possono essere cioè – aggiunge – persone qualsiasi, con un qualsiasi titolo di studio, senza alcuna competenza specifica. In più – prosegue Somma – nessuno, in questi due mesi, da quando cioè è stata annunciata l’adozione dello scrutinio elettronico, ha potuto studiare il programma informatico che sarebbe stato utilizzato.
Il sistema, prosegue l’esperto, doveva essere a bloccaggio
nel senso che una volta inserito il dato non sarebbe stato possibile tornare
indietro. Invece quando ci si è accorti che sette voti erano stato assegnati al
partito sbagliato il tecnico ha prontamente corretto l’errore. Una procedura che
ha lasciato molto perplesso il presidente del seggio che alla fine ha negato il
visto di conformità per lo scrutinio del Senato.
Meglio è andata in un altro seggio anche se, sempre a Punto Informatico, un
altro presidente di seggio parla di un sistema ancora acerbo. Secondo il
presidente l’operatrice informatica ha seguito un corso intensivo di otto ore
per la preparazione e poteva avvalersi dell’aiuto di un call center.
“L’unica cosa che mi ha insospettito – racconta – è che fosse stata
istruita a richiedere una seconda stampa dei dati da conservare in caso di
“problemi di trasmissione per reinserire i dati”, cosa che non era prevista
dalla normativa e che ho impedito”.





