La riorganizzazione della Software Group, la spinta verso il low end con le Acg Express e l’ampliamento su nuovi mercati (e nuovi partner) del mondo Unix e Linux. Big Blue si dà da fare
Il decimo anno di vita di Ibm Software Group si conclude felicemente.
Con 15,1 miliardi di dollari nel mondo, la divisione contribuisce per
il 15% al fatturato globale della multinazionale americana. In termini
di leadership globale, il software Ibm è in seconda posizione,
primo nel middleware. Secondo Idc, l’azienda ha il 37 per cento del market
share nel segmento dell’application deployment software per il 2004, il
18,3% in Italia, dove mantiene una quota stabile. «Tutti i segmenti
hanno registrato una crescita – afferma Pierfrancesco Angeleri,
vice presidente Software Group di Ibm Italia in carica dal primo luglio
di quest’anno –, siamo particolarmente soddisfatti del +8% registrato
dal segmento Rational. Il mercato di riferimento, quello degli sviluppatori,
è difficile e l’acquisizione dell’azienda è stata impegnativa».
Risultati, quelli di tutti i segmenti (WebSphere, Db2, Lotus, Tivoli e
Rational), derivanti da un forte impegno dei Business partner, come tiene
a precisare il manager. Siano essi Independent software vendor, system
integrator o rivenditori (2.500 rivenditori a valore aggiunto e mille
"semplici" rivenditori autorizzati in Italia secondo i dati
forniti da Ibm).
Potere alle singole country
Ma il messaggio più importante che vuole trasmettere Angeleri riguarda
la riorganizzazione della struttura, che si concluderà a gennaio
del 2006. «L’idea è di organizzare le risorse a livello
verticale – spiega Angeleri –, considerando i singoli mercati
e proponendo diverse soluzioni software, fino a oggi distinte».
Un altro fattore nuovo riguarda l’organizzazione geografica. In controtendenza
rispetto a chi, per mancanza di risorse finanziarie o per comodità,
preferisce considerare l’Europa al pari di una singola country, la strategia
globale di Ibm intende «ridare potere alle singole filiali»
per dirla con le parole di Angeleri.
Dalle due macro regioni, l’Europa
del Nord Est e del Sud Ovest, si diramano i singoli Paesi o gruppi di
Paesi, come il Benelux, la regione Iberica e Grecia, Israele e Turchia.
La scelta deriva dalla considerazione che le diverse nazioni presentano
sempre e comunque delle singolarità industriali ed economiche.
La riorganizzazione sui mercati verticali ricadrà necessariamente
sulla struttura dei Business partner: «I system integrator sono
già specializzati – chiarisce Angeleri –, mentre per quanto
riguarda i Business partner che lavorano con le Pmi l’intenzione è
di aiutarli a verticalizzarsi, ma senza obbligarli, piuttosto spingerli,
ma senza intaccare la loro principale virtù che è la flessibilità».

Nuovo posizionamento anche in ambito Acg
Dal middleware agli applicativi, le novità non mancano anche in
questo segmento. Con il recente lancio sul mercato delle nuove Acg Express
(leggi l’articolo), Ibm ha messo gli occhi anche sul mercato
low end, quello delle micro e delle piccole imprese. Una mossa, quest’ultima,
che va a braccetto con la ricerca di nuovi partner certificati in grado,
prima di tutto, di operare su mercati locali e, naturalmente, esperti
di piattaforme open. Come spiega Cristina Celletti, dallo
scorso febbraio direttore Small and medium business di Ibm Italia: «In
ambito Acg vantiamo un installato significativo che vogliamo preservare.
Ma il mercato evolve e l’idea di Ibm è quella di fornire soluzioni
tecnologiche anche per quelle realtà che si stanno affacciando
alla meccanizzazione dei propri processi It aziendali». Una
strategia che passa senz’altro per il canale dei Business partner, assicura
la manager, specie per quelli iSeries, ai quali Big Blue ha messo in mano
tool integrati di analisi e conversione denominati Acg Modernization
«un termine – afferma Saverio Saltini, Acg
brand leader – che comincia ad andare di moda negli Stati Uniti e
che implica il concetto di evolvere in modo efficace il proprio parco
applicativo».
Nel caso delle iSeries (in Italia si calcola
siano 20mila le aziende con questo installato), dal linguaggio Rpg/Cl
a quello Java, «con vantaggi che – spiega il manager –
vanno dalla documentazione automatica del sistema originale al sistema
di refactoring/reengineering per affrontare il problema di conversione
con successo garantendo, al contempo, piena compatibilità con l’ambiente
esistente». Dei tre tool acquistabili singolarmente, Acg Modernization
Insight è, infatti, disegnato per facilitare il processo di conversione
verso Java delle applicazioni proprie dei sistemi Os/400.
Quello che si ottiene dal tool in oggetto è, insomma, la visione
globale delle caratteristiche del sistema originale (librerie, programmi
e file) da convertire per determinare le azioni da apportare.
Acg Modernization
Converter, per il quale è stata realizzata una licenza "a
consumo", oltre a comprendere il tool Insight, permetterebbe di eseguire
la conversione del sistema analizzato in un ambiente tecnologicamente
diverso. In questo modo, i risultati finali del converter saranno sorgenti
Java e risorse descritte con file Xml. A chiudere il cerchio è
l’Acg Modernization Run, che consiste nella framework Java che implementa
tutti i servizi Os/400 nel nuovo mondo. «E poiché l’algoritmo
applicativo originario rimane lo stesso – conferma Saltini – il
tool fornisce anche i metodi che implementano i codici operativi Rpg e
Cl, rendendo possibile una conversione di soluzioni eseguibili in un rapporto
uno a uno».
AAA cercasi partner Unix e Linux
Le pedine sulla scacchiera del business si muovono anche in ambito Unix
e Linux, dove, dopo il lancio dei nuovi processori Power5+, Ibm si prepara
a giocare una nuova partita. Partita che in Italia ha come focus mercati
diversi dal "solito" Finance, guardando con interesse alle grandi
infrastrutture basate su Unix che, nel Public, nell’Industrial e nel Communication,
si trovano a dover fronteggiare problemi di costi, consolidamento e obsolescenza
delle tecnologie. Per Carlo Poggi, general manager della
divisione pSeries di Ibm Italia, è in questi ambiti che ci si darà
vera battaglia. Una battaglia che, per essere vinta, ha bisogno di una
rete di competenze molto estesa. «In ambito Unix – afferma
il manager – il fattore skill è fondamentale, specie nel segmento
dei pSeries dove il canale porta a casa il 75-80% delle revenue totali».
Ma la guerra si combatte anche sul numero di applicazioni disponibili
in Aix (giunte a quota 6mila) e su Linux, il cui numero negli ultimi dodici
mesi è praticamente raddoppiato. Per cui, caccia aperta ai Business
partner Ibm, e non, ai quali Big Blue mette a disposizione programmi,
macchine per i test, demo center e personale interno dedicato con tutta
l’intenzione di rispondere alle singole esigenze «che, per forza
di cose – conclude Poggi – variano da canale a canale. I system
integrator, interessati soprattutto ai workshop tecnici, hanno esigenze
diverse dagli Isv e dai rivenditori in generale». Creare un
offering e lavorare sugli skill sono i must di una Ibm che, in cerca di
nuovi adepti, ha pensato bene di introdurre una maggiore flessibilità
sulle certificazioni soprattutto «per il segmento low end delle
nuove macchine».





