Annata in rosso per Cap Gemini

La principale società di servizi europea ha registrato nel 2002 una perdita netta di 514 milioni di euro e un regresso del 16,3% nel fatturato. Per il 2003, la società punta sugli effetti della ristrutturazione e sulla delocalizzazione.

3 marzo 2003 Non sfugge al marasma del settore la numero uno europea fra le società di servizi. Cap Gemini, infatti, ha annunciato una perdita netta di 514 milioni di euro per l’esercizio 2002. L’anno precedente, la società aveva registrato ancora un utile netto di 152 milioni di euro. Il fatturato complessivo ha raggiunto i 7,147 miliardi di euro, segnando così un calo del 16,3% in rapporto all’esercizio precedente. I cattivi risultati erano attesi e sono attribuibili prevalentemente al calo di attività nel settore delle Tlc e in quello finanziario, rispettivamente del 34 e del 21%. Ciononostante, c’è stato un utile operativo di 114 milioni di euro, due volte più alto di quello stimato dagli analisti.

Il gruppo francese ha dovuto incassare il contraccolpo della ristrutturazione messa in atto lo scorso anno. La soppressione di posti di lavoro (10mila tagli nel 2002) si sono tradotti in un carico finanziario supplementare, arrivato più rapidamente del previsto, di 463 milioni di euro. E non sono attese particolari inversioni di tendenza per l’anno in corso, tant’è che una nota ufficiale parla della previsione di “un leggero regresso del fatturato per la prima metà del 2003”.
Peraltro, l’azienda si attende un ritorno alla stabilità, in contrasto con quanto stimato dagli analisti. Un altro punto di divergenza riguarda il margine operativo: l’obiettivo del 5% è quanto previsto dalla società (che fa leva sul piano di ristrutturazione), mentre gli esperti finanziari parlando di un 3,5%. Vi è da notare che nell’ultimo trimestre il tasso di occupazione dei consulenti è salito fino al 73% (risultato diretto dei tagli occupazionali) e che nel breve periodo la politica di delocalizzazione del gruppo dovrebbe accentuarsi.

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