Benvenuti al techno

Che siate nativi o irregolari, il digitale è qui e si espande sempre più. Ma è un ibrido con il quale convivere. Dappertutto.

Stiamo vivendo un mondo ibrido ed è bene essere preparati, perché richiede per ogni cosa un doppio atteggiamento, il che porta facilmente ad una doppia personalità prima, e poco più avanti e alla schizofrenia totale. Benvenuti al techno, si potrebbe dire parafrasando un recentissimo film italiano che a sua volta parafrasava un recente film francese.
In questo articolo sarebbe bello scrivere dei veicoli ibridi, che via via abbandonano gli idrocarburi (fossile ed inquinante) per un qualche gas (fossile ma meno inquinante), per l’elettricità di rete (per lo più prodotta inquinando) e quindi per l’elettricità solare raccolta sul tetto di casa (inquinamento zero), parlando della struttura sociale derivata da ciascuno di questi modelli ibridi; ma il nostro argomento centrale è la tecnologia informatica e di quello parleremo, anche perché ormai tutta la comunicazione è digitale a parte la radio, e neanche lei si sente troppo bene.
Parliamo quindi di bit e byte che, anche con un altro nome, hanno lo stesso odore.
Certamente nel mondo occidentale è forte il passaggio dalla trasmissione TV analogica al digitale terrestre, mentre in Oriente è fortissimo l’avvento dell’IpTv. Gli apparecchi televisivi hanno cominciato prima a diventare digitali, piatti e finalmente oggetto d’arredamento che non toglie spazio ai mini-appartamenti di oggi, quando non alle stanze blandamente arredate ma sempre con Tv, al momento saldamente 2D ad onta delle ennesime anticipazioni sbagliate.
O almeno quasi sempre, perché molti giovani e meno giovani rinunciano alla Tv con scatola e palinsesto prefissato ancorché zappabile e raccolgono le loro informazioni e la loro dose di Tv (film, serie, documentari, intrattenimento, notizie) direttamente dallo schermo del Pc.
D’altronde oggi un’intera libreria può comodamente entrare in un e-book reader, senza polvere e con molte funzioni comode, ma per il successo di questa ibridazione pare dovremo attendere ben oltre il prossimo Natale ma pare che anche in Italia qualcosa si stia muovendo.

L’enigma dei tre dispositivi portatili
Dal suo canto, anche il personal computer ha visto una riduzione di dimensioni e un aumento della fruibilità, passando da una collezione d’inguardabili scatoloni e scatolette ad un unico dispositivo compatto che s’apre in due ruotando su un cerniera.
Quando in casa e in mobilità il Pc è diventato davvero personale, però, s’è scoperto che tanto personale non era, perché comunque era scomodo, né lui né la tastiera o il mouse, e tutto è stato sostituito da oggetti ancora più piccoli e compatti, lo smartphone e adesso il Pad. Ma periodo di passaggio vuol dire che non siamo né l’uno né l’altro, quindi per sopravvivere toccherebbe portarsi appresso tutti gli strumenti di supporto, quindi portatile (magari netbook), smartphone, tablet.
E le scatolette, nel senso delle periferiche d’input, stanno sparendo anche altrove: nei videogiochi è ormai lanciata l’idea d’intercettare il movimento del corpo umano, grazie ad una telecamera (che è una scatoletta, ma integrata o fissa) e a complessi algoritmi eseguiti dai nuovi processori.
Le scatolette non sono finite, invece, al lavoro, dove il Pc serve e dove in genere il costo della compattezza è meno sopportabile che a casa. Lì mouse e tastiera ci sono e ci resteranno, mentre dietro agli schermi, nel backoffice, si sta consumando l’ennesima rivoluzione, quella del cloud computing, nel nome dell’elaborazione a costi controllati e con nuove metriche Rto/Rpo da valutare con attenzione. Per un certo periodo si vivrà nell’ibrido tra cloud pubblica, cloud privata, virtualizzazione e Ict in casa, certo. Ma non basta, poiché dati sensibili e non, recenti e meno recenti, software di base o applicazioni sono tutte variabili dell’incognita cloud, che a sua volta avrà un’ibridazione interna e anche piuttosto forte.

Social personal branding
Anche la comunicazione personale si è ibridata, ma sembra più che altro una frammentazione sempre più spinta. Se nel vicinissimo 2006 si titolava “Blog save the world” e si equiparavano blogger a giornalisti, oggi questa tendenza ibrida è scesa anche perché se tutti i blog-lettori diventano blog-scrittori non c’è nessuno a leggere. La gente ha trovato compagnia e popolarità nella meno impegnativa arena dei social network, fenomeno al quale si dedicano film internazionali -più timidamente noi italiani ce l’eravamo cavata parlando di call center-.
Il blog è un modo semplice di costruirsi un proprio sito personale, si disse allorquando uscì questa possibilità pratica, diversa dall’assemblarsi un sito secondo le modalità dell’1.0. E oggi, mentre il modello mostra la corda tra rischi e ritorno al passato, aprire la propria rete sociale è diventato facile; all’inizio non quanto un blog di base, ma insomma abbastanza facile.
Le stesse reti sociali seguono un modello ibrido a mosaico, a tessere sempre più piccole ma ciascuna con la stessa laboriosità delle prime, secondo uno schema che credo non valga la pena continuare. Certo ciascuno può rivendicare il suo social personal branding come meglio crede: ricordo sempre un mio amico, oggi dirigente Ict, che in pieno boom delle radio libere romane si costruì la sua emittente e finì nell’annuario delle radio con la seguente indicazione sulla zona di copertura: “portata: tre palazzi”.

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