2013, anno della svolta per le PMI europee

Dopo cinque anni di contesto economico dominato dall’incertezza, per il corrente anno il Rapporto annuale sulle PMI europee prevede, per la prima volta un aumento dell’occupazione totale e del valore aggiunto generato dalle piccole e medie imprese.

Il 2013 potrebbe essere l’anno della svolta per
le piccole e medie imprese dell’Unione europea. Bruxelles infatti, rispetto
al 2012, prevede un aumento dell’occupazione totale nelle Pmi europee pari allo 0,3%, mentre il valore
aggiunto dovrebbe crescere dell’1%.
Le prime previsioni relative al 2014
indicano un’ulteriore accelerazione di tali sviluppi positivi.

Dopo cinque
anni di contesto economico dominato dall’incertezza, nel 2013 si prevede, per
la prima volta dal 2008, un aumento combinato dell’occupazione totale e del
valore aggiunto generato dalle Pmi. Si tratta di previsioni promettenti,
sostenute da altri segnali positivi. Negli ultimi tre anni il settore delle
piccole imprese in un numero crescente di Stati membri ha fatto registrare una
crescita dell’occupazione e del valore aggiunto, o quantomeno ne ha arrestato
il calo.

Nel contesto
di una crisi caratterizzata da una profondità e da una complessità senza
precedenti, la svolta che le piccole e medie imprese europee sono state capaci
di compiere è una notevole dimostrazione della resilienza che le
contraddistingue. Nel solo 2012 le Pmi hanno sofferto la perdita di circa 610.000
posti di lavoro, equivalente a un calo dell’occupazione pari allo 0,7% rispetto
al 2011. Inoltre, il contributo delle Pmi al Pil è diminuito dell’1,3%,
passando da 3440 miliardi di euro nel 2011 a 3390 miliardi di euro
nel 2012. Un’ulteriore conseguenza della crisi è la marcata disuguaglianza tra
gli Stati membri nella ripartizione della perdita di posti di lavoro e di
valore aggiunto.

Circa la metà
dei 27 Stati membri dell’Ue ha creato
nuovi posti di lavoro
, aggiungendo circa 0,5 milioni di posti di lavoro netti
all’occupazione nei rispettivi settori. Il calo dell’occupazione nelle Pmi si
concentra principalmente negli Stati membri più vulnerabili ancora soggetti
alla crisi del debito sovrano. Tuttavia, anche nel caso di tali Stati membri,
il calo è rallentato significativamente, il che indica che le piccole imprese
stanno riprendendo quota dopo aver toccato il fondo.

All’inizio
della crisi, nel periodo tra il 2008 e il 2011, le Pmi europee si sono
dimostrate notevolmente più resilienti rispetto alle grandi imprese. Tuttavia,
quando la crisi si è inasprita, le piccole e medie imprese si sono risollevate
più lentamente rispetto alle grandi imprese. La differenza tra la performance
di Pmi e grandi imprese nell’intero periodo della crisi rispecchia la debolezza
della domanda interna, che rappresenta un fattore essenziale per queste imprese,
mentre le grandi imprese hanno ottenuto migliori risultati grazie alle
esportazioni.

Tuttavia,
data la previsione di una certa ripresa della domanda nazionale nel 2013 e nel
2014, in questi due anni ci si attende dalle Pmi risultati alquanto simili a
quelli delle grandi imprese.

Per quanto riguarda il nostro Paese, tra
il 2008 e il 2012, il settore
delle Pmi in Italia
è stato colpito duramente
dalla recessione mondiale del 2008-09. In seguito, le
Pmi hanno attraversato un breve periodo di ripresa,
che tuttavia ha subito un rallentamento nel 2012. Le
microimprese, che costituiscono la grande maggioranza delle aziende italiane,
hanno avuto più
difficoltà ad adattarsi rispetto a quelle di piccole e medie dimensioni. Date tali
tendenze strutturali di base, il governo italiano ha intrapreso delle azioni
finalizzate amigliorare
le condizioni generali in favore delle Pmi, in particolare allo scopo di
rendere l’amministrazione
più ricettiva alle necessità delle imprese e di migliorare le condizioni che
permettano alle imprese
l’aggregazione e l’internazionalizzazione delle loro attività. Tuttavia, i
risultati complessivi dell’Italia
nella griglia SBA continuano a essere al di sotto
della media dell’Ue
sia in termini di esportazioni internazionali che di mercato unico.

Dal rapporto della Commissione risulta quindi  che il
valore aggiunto delle Pmi italiane è sceso del 10% tra il 2008 e il
2012
, mentre, nello stesso periodo, il numero dei dipendenti è calato del 5% e il numero delle imprese del 2%. Nelle grandi imprese, dove il
valore aggiunto risulta ai livelli precedenti alla crisi e il numero dei
dipendenti ha registrato solo un leggero
calo.

Di
conseguenza, queste imprese hanno fornito una
migliore prestazione rispetto alle Pmi che sono state
colpite più duramente dalla crisi economica e
finanziaria. Ciò è particolarmente evidente nel settore
edile
, in cui il valore aggiunto e l’occupazione hanno subito
una riduzione rispettivamente del 30% e
del 15%-

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