Vincere il Ropo per fare vero ecommerce

Sbloccare il potenziale digitale del Paese è un’impresa difficile, ma la sola da fare. Partendo dal commercio elettronico. Alcune indicazioni emerse al 2° Forum Digital Media.

Oggi è in auge il modello Ropo, Research online, purchase offline, ossia si usa il Web per informarsi, comparare, scegliere, e poi si va ad acquistare su piazza, nei negozi, sotto o lontano da casa.
La domanda, scaturita nel contesto del 2° Forum Digital Media & technology, presso la sede del Sole 24 ORE, è perché non fare tutto online? Soprattutto, ne avremmo la forza?

Per Marc Vos di Boston Consulting Group probabilmente sì, ma vanno messi a fuoco alcuni fattori.
Un buon indizio è che la crescita del Pil internet italiano nei prossimi anni sarà dell’11,5%, tasso elevato per i paesi del G20. Ma dipende da dove si parte.
E noi partiamo da un livello inferiore, quasi dimezzato rispetto, per esempio, al Regno Unito.
Peraltro è sempre difficile quantificare esattamente il Pil digitale. Proprio perché agisce il fenomeno Ropo, e c’è un B2b che sfugge alle maglie della misurazione, a volte quasi come la pirateria.

Fare Pil con Internet
Il nostro Pil internet è di 31 miliardi di euro, per 21 fatti da consumi, per 10 da investimenti privati, per 5 da spesa pubblica, totale da cui vanno stornate le importazioni.
I 21 miliardi di consumi sono fatti da 12,5 da ecommerce, di cui 4,8 da turismo, 3,6 da altri prodotti e servizi, 2,7 contenuti digitali, 1,3 e-banking.
Tirando le somme, in Italia il 3,4% dei beni totali è acquistato online, contro il 13% inglese. E il Ropo pesa 8,4% sul totale. Per Vos ci sono tante categorie merceologiche che possono trasformarlo in ecommerce puro, perché la tecnologia non è più un vincolo.
Il problema è generazionale, vanno intercettati i capelli bianchi: in Uk sono il doppio che in Italia, e in genere sono quelli che possono spendere. Internet per loro genera 3mila euro all’anno in tema di risparmi percepiti (almeno nei paesi cosiddetti ricchi).

Cosa serve, allora, per fare Pil internet? Per Vos, provocatoriamente, quattro cose: totale migrazione della PA online; totale presenza online delle imprese (come in Turchia, che da luglio obbligherà tutte le imprese ad avere un sito internet), regime Iva differenziato per ecommerce, eliminazione del contante graduale per la tracciabilitá delle transazioni.

Per Carlo Alberto Carnevale Maffè Internet deve unire non dividere, deve essere “mazziniana”. Eliminare il contante? «Cominciamo a esigere che tutti i merchant abbiano un pos. Il fatto è che Internet è l’unica cosa che cresce in Italia e va trattata come elemento di struttura», non come un add on.

Italia, Solomo
Per Matteo Berlucchi, ceo Anobii, italiano in Inghilterra da 20 anni, vissuti praticamente da imprenditore seriale, in Italia c’è una grande opportunitá sul fronte mobile. In America, fa notare, si pensa solo agli smartphone, alla voce Solomo, cioè “social local mobile”. In Italia il solomo c’è già e si può fare il leapfrogging, come fanno i paesi terzi quando saltano una fase di sviluppo.

Per Federico Barilli di Confindustria Digitale «siamo un paese che va avanti a prescindere. Le quattro proposte di Vos sono valide, ma sono un moloch per noi. Serve una spinta dal basso con un governo dall’alto non dirigista».

E per Roberto Liscia di Netcomm le note positive si scontrano con una realtà diversa. «Alla cabina di regia dell’Agenda digitale abbiamo segnalato che importiamo piu merci di quante ne esportiamo. Siamo debitori commerciali. Il nostro ecommerce è sotto quello olandese. Siamo indietro: solo il 5% delle imprese italiane sono online. La trasformazione da fare è quella dei processi. In altri termini, la tecnologia c’è, il problema è la cultura. E il Ropo è un precipitato di questa cultura mancante. Abbiamo i distretti industriali, non quelli digitali. Da noi solo 10 milioni di persone comprano online».
E si dice preoccupato che possa avvenire quanto accaduto nella Gdo, che è diventata patrimonio di imprenditori internazionali.

Per Gianluca De Cobelli di Cartasì l’effetto Ropo è comunque importante, perché smuove gli acquisti. Un modo di accontentarsi, dunque, nel cammino.

Chi prova a forzare i ritmi è Alessandro Palmieri ad di doveconviene.it, aggregatore di offerte commerciali della gdo con un milione di utenti fra web e mobile. Un esempio di digitalizzazione dolce, sommersa, degli acquisti decisi online e fatti offline. Il volantino cartaceo in Italia è stampato in 12 miliardi di copie anno e costa un miliardo di euro. È efficace, perchè fa discovery. Palmieri, di fatto, non cambia il modello, ma gli applica la componente digitale, preservando questa proposta.

Tre vettori per inghiottire il Ropo
Ma se si tratta di superare il Ropo, passando a un ecommerce puro cosa serve? Per Liscia bisogna agire in tre dimensioni: domanda, offerta, regole.
L’Iva facilitata sugli ebook, per esempio, «non cambia l’economia, ma la cultura sì, perché genera domanda». L’offerta deve aggregarsi e non avere timore di disturbare i canali tradizionali. «L’imprenditore italiano, invece, non é multicanale, e pensa al negozio come terminale del processo digitale» (esattamente in logica Ropo).
Regole? Troppo facile la risposta: ogni paese ha un Iva diversa. Ergo in Europa esistono squilibri concorrenziali. Ma non è finita: c’è chi pensa a rendere impossibile lo stesso ecommerce: l’autorizzazione dei cookie sarà un freno all’acquisto.
La privacy, se affrontata come il regolatore europeo e di conseguenza nazionale, ha intenzione di fare, per Carnevale Maffé è un lusso insostenibile.

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