Un’avanzata progressiva ma con cautela del business online

Dal rapporto Federcomin emerge che l’e-business in Italia è in crescita tra le aziende della old economy, anche se, per ora, prevalentemente per massimizzare l’efficienza, piuttosto che per sviluppare nuovi affari. La banda limitata non è ancora un problema molto sentito.

Le soluzioni di e-business in Italia sono in crescita tra le aziende tradizionali, anche se sono ancora lontani i tempi per un’autentica networked economy.


È uno degli aspetti che emerge dal rapporto sull’e-business italiano pubblicato recentemente da Federcomin, la federazione nazionale di settore che rappresenta, in Confindustria, le imprese di telecomunicazioni, radiotelevisione e informatica. Il rapporto, realizzato in collaborazione con Idc Italia, ha preso in considerazione un campione rappresentativo delle Pmi e delle grandi aziende, costituito da 1.000 aziende italiane con più di 20 dipendenti, operanti nell’ambito manifatturiero, dei servizi, del credito e della finanza.

La diffusione di Internet


Il livello di penetrazione di Internet nelle aziende italiane è risultato prossimo al 90% e vicino al 100% nelle aziende con oltre 500 dipendenti. Internet sembra, pertanto, aver trovato un riconoscimento come infrastruttura di comunicazione e, in qualche caso, come canale per ottenere vantaggi competitivi, ma non si vede ancora una significativa penetrazione degli strumenti più sofisticati di e-business.


Il dileguarsi della bolla speculativa associata al nuovo mercato ha inoltre nuociuto, quanto meno in termini di "sentimento", allo sviluppo di nuove soluzioni orientate all’e-business. Ma, d’altra parte, questo aspetto ha contribuito anche ad allontanare un approccio verso l’introduzione delle nuove tecnologie alimenato solamente dal tentativo di valorizzazione dell’azienda in Borsa, lasciando posto a un atteggiamento più cauto, ma più maturo e razionale, da parte di chi decide di avviare nuove iniziative commerciali via Internet.


L’accesso a Internet è, però, gestito ancora con cautela per timore di un suo uso improprio, ed è riservato a una limitata percentuale del personale aziendale (mediamente non oltre il 20%), che è superiore nelle aziende di grandi dimensioni, dato l’incremento di complessità organizzativa e la maggiore presenza di competenze.


Circa l’80% delle aziende, indipendentemente dal settore di appartenenza, possiede o è nell’imminenza di mettere a punto un sito Web, anche se questo, di per sé, non rappresenta un indice particolarmente significativo di una cultura verso l’e- business. Più interessante è riscontrare che oltre la metà delle aziende interpellate ha una intranet, con una maggiore diffusione nell’ambito del settore finanziario-assicurativo e del commercio, mentre il 29% dispone di una extranet e tra queste la maggiore penetrazione si ricontra tra le aziende finanziarie-assicurative.


Forse un po’ sorprendente è notare come l’indagine di Federcomin-Idc non abbia evidenziato la percezione, da parte delle aziende, di alcuno ostacolo allo sviluppo delle risorse online in azienda.


Uno dei principali alibi addotto per il ritardo dell’Italia rispetto all’e-business, ovvero quello di non avere a disposizione un’infrastruttura con prestazioni adeguate, sembra così venire a cadere, dato che le aziende italiane non lo percepiscono (almeno per ora) come un problema di primaria importanza. Si tratta di un’atteggiamento che conferma il ritardo nell’adozione di applicazioni sofisticate di e-business, in grado di sfuttare al limite l’infrastruttura di rete esistente. Emerge anzi, che il livello di soddisfazione per i servizi di accesso attualmente utilizzati risulta superiore al valor medio. A tale riguardo c’è da segnalare ancora la prevalenza di Isdn, nella versione base a 128 Kbps, come sistema di accesso preferenziale, anche se il 20% delle aziende campione dichiara di utilizzare la tecnologia Adsl.

Le applicazioni di e-business


L’impatto delle applicazioni di e-business sull’attività delle aziende italiane resta complessivamente basso, segno che è ancora in corso una fase di adozione iniziale, caratterizzata da una scarsa consapevolezza delle modalità di utilizzo e dei possibili ritorni economici.


Nei prossimi 12-18 mesi non si profila un’adozione di massa delle applicazioni di e-business in modo indifferenziato, ma piuttosto un approccio selettivo da parte delle aziende, alla ricerca di soluzioni indirizzate prevalentemente a una maggiore integrazione con l’esterno, a conseguire una maggiore efficienza interna e un contenimento dei costi, mentre sono minori le aspettative di ritorni associati a obiettivi commerciali. Si sta assistendo al testing di applicazioni di tipo B2B, ma questo avviene senza che venga attribuita loro una valenza strategica come elemento trainante per un autentico sviluppo online o che vengano sviluppate iniziative commerciali con un’ottica di risposta rapida alle azioni della concorrenza.


Più in dettaglio, tra le applicazioni di e-business rivolte verso l’esterno, quelle che ottengono i maggiori favori e per cui è anche prevista la maggiore crescita futura, sono quelle orientate alla commercializzazione (commercio elettronico, banking e assicurazioni online), le ricerche di marketing online e il Crm.


L’uso delle soluzioni di Crm interessa meno del 10% delle aziende intervistate, ma si deve considerare il fatto che si tratta di soluzioni costose e difficilmente alla portata delle aziende più piccole (che costituiscono buona parte del frammentato panorama economico italiano).


Le applicazioni indirizzate alle esigenze interne evidenziano un tasso di penetrazione non superiore al 10% e tra queste si evidenziano quelle per la gestione del personale e di Erp.


Si collocano a livelli molto bassi, invece, le applicazioni legate alle "operations", ovvero e-procurement, e-logistc e Supply chain management. L’insieme di aziende che hanno adottato o prevedono di adottare soluzioni di e-procurement non supera, infatti, il 5% del totale. In questo caso gioca a sfavore di un’ampia adozione la relativa novità dell’offerta associata alle applicazioni più articolate.


Un ulteriore aspetto esaminato riguarda quello dell’evoluzione delle figure professionali. Lo sviluppo dell’e-business passa, infatti, necessariamente anche attraverso lo sviluppo di competenze interne all’azienda. Le due figure di riferimento delle iniziative online in azienda restano il responsabile It e il top management.


Tuttavia gli It manager considerano il proprio ruolo in relazione alle iniziative online sempre più di solo supporto anziché di tipo propositivo. Si tratta di una tendenza spiegabile con la reticenza a introdurre innovazioni dopo lo "stress" a cui i reparti It sono stati sottoposti negli ultimi anni (con l’Anno 2000 e l’avvento dell’euro), ma anche con la progressiva ricaduta nell’area economica di queste iniziative. Si profila così un ruolo sempre meno proattivo dell’It manager che, finora, rappresentava il principale interlocutore dei vendor e service provider verso l’azienda prospect.


In realtà si tratta di un atteggiamento coerente con la tendenza a mantenere interne le funzioni "core", per affidare in outsourcing buona parte delle attività; tra queste, soprattutto, quelle relative al centro di elaborazione dei dati e alla gestione e manutenzione del parco hardware e software.


La tendenza all’outsourcing di questo tipo di attività riguarda circa il 60% del campione di aziende. In particolare, il settore finanziario è quello che esternalizza maggiormene le proprie attività: la metà delle aziende affida in outsourcing la gestione del Ced e ben il 70% il management e la manutenzione dei sistemi hardware e software.


A tale riguardo i partner di riferimento sono rappresentati soprattutto dalle software house (43%) seguite da società di consulenza e Internet service provider (entrambi con il 23%).

L’e-commerce


Anche l’e-commerce italiano cresce, soprattutto per iniziative di tipo B2B, che rappresentano tre quarti delle iniziative di e-business italiane. Si tratta di iniziative indirizzate prevalentemente all’utente finale (in oltre la metà dei casi aziende) e non ai canali distributivi dell’azienda.


I risultati conseguiti attraverso il commercio elettronico, però, non sono sufficienti a rappresentare un rischio concreto per i canali di tipo tradizionale o a costituire un’opportunità di business imprescindibile.


Oltre al già citato sentimento negativo per le soluzioni di e-commerce, uno dei principali ostacoli al suo sviluppo è costituito dal fatto che non esiste una corrispondenza tra le priorità delle aziende in termini di attività e processi e le prestazioni della singola applicazione di e-commerce. A questo si aggiunge un’oggettiva mancanza di competenza adeguata rispetto alle opportunità offerte dalle applicazioni online. Decisamente in ribasso la tendenza verso la gestione in outsourcing delle piattaforme di e-commerce, anche in considerazione del fatto che si tratta, nella maggior parte dei casi, di iniziative di dimensioni contenute che non inducono ad avviare scelte verso l’esterno, sulla spinta della necessità di ammortizzare i costi.


Nell’ambito del B2B la penetrazione delle marketplace tra le aziende che hanno realizzato iniziative commerciali online non si posizione al di sopra di un tiepido 7%, mentre oltre la metà delle aziende non dimostra interesse a riguardo.

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