Una via italiana al digitale

Alla quinta edizione dell’evento dedicato alle terze parti informatiche si fa strada l’idea e la consapevolezza di guardare meno ai modelli stranieri e di dare più fiducia e risorse a una visione più “italiana” del mondo e del mercato digitale.

Pierluigi Masini vicedirettore del resto Del Carlino scalda la platea del
convegno di apertura di Ict Trade 2006 citando il Governatore della Banca
d’Italia Mario Draghi e l’importanza che attribuisce alle tecnologie come motore
dello sviluppo, sino al punto di ricordare che “qualsiasi intervento
strutturale nel Paese non può prescindere dalla tecnologia
”.
Bene, anzi
molto bene.

Peccato che le condizioni del mercato italiano in generale e
le condizioni del Pil non permettano di ostentare ottimismo ma rappresentano al
contrario un invito pressante a spingere e in fretta sulla leva dell’innovazione
per recuperare competitività.
E dunque a fare in fretta, ma sempre puntando
sulla tecnologia. Ma dal Governatore della Banca d’Italia ai problemi che stanno
sul tavolo delle terze parti italiane il passo non è poi così grande come si
crede perchè il vero tema oggi sul tappeto del canale italiano è proprio
quello della fiducia; vale a dire come riconquistare la fiducia dei clienti, ma
ancora di più come far riconquistare ai clienti la fiducia per investire in
innovazione.

Ed è proprio sul “come” che arriva la provocazione di
Maurizio Cuzari, amministratore delegato di Sirmi: “Occorre tornare a
seminare, a coltivare relazioni con i clienti e idee per fare innovazione.
Questo è un mercato che vuole solo “raccogliere” e quando si perde l’abitudine
di seminare si rischia di desertificare il sistema
”.

Marco
Comastri, amministratore delegato di Microsoft, invita le terze parti ad aiutare
le terze parti a valorizzare quelle idee e quei valori che permettono alle
piccole e medie imprese di conquistare (o riconquistare) quella eccellenza che
fa la differenza. E se proprio si vuole un esempio quello arriva dal turismo che
ha più bisogno di innovazione di quanto possa sembrare e che può trovare proprio
nei servizi web quella marcia in più per (ri)conquistare quelle quote di mercato
che altri paesi, assai meno ricchi d’arte e di bellezze naturali, ci stanno
strappando.

Ennio Lucarelli, presidente di AiTechAssinform parla
esplicitamente della necessità di trovare una via italiana al digitale e di fare
più attenzione ai “fondamentali”. Che tradotto in pratica significa più
applicativi in un mercato software che oggi cresce soprattutto in virtu di
software di sistema e middleware, più servizi, più consulenza e competenze.

Perché, – dichiara -: “se si vuole far crescere il Paese si deve far
crescere l’It
”.

Ed è da Ferruccio Ferranti, amministratore delegato
di Sviluppo Italia, che arriva l’invito esplicito a “usare le risorse” che la
pubblica amministrazione mette a disposizione per alimentare l’innovazione.
Sviluppo Italia ha la missione di alimentare l’innovazione anche con
strumenti di finanza innovativa, con azioni di supporto ai distretti tecnologici
con investimenti in reti digitali e infrastrutture. Con azioni concrete di start
up di nuove imprese con forme di partecipazione agevolata al capitale che però,
paradossalmente ma non poi tanto, non sono adeguatamente sfruttate
”.

Forse perché come ricorda Lucarelli la risposta sta in un altro paradosso:
l’economia ristagna, il Pil è fermo, mentre gli utili delle imprese
crescono: allora c’è anche il problema degli imprenditori che hanno paura di
investire
”.

E ritorna il problema della fiducia che va restituita
al mercato, ai clienti e agli stessi imprenditori. Ma ancora una volta non
servono modelli da importare quanto modelli da creare, contando sulla capacità
tutta italiana di “inventare” soprattutto sul sistema di relazioni con i
clienti.

Ne è convinto Guido Salerno, direttore generale della
Fondazione Ugo Bordoni, che invita le terze parti ad abbandonare, magari con
precauzione, il vecchio paradigma della vendita del prodotto parcellizzato per
creare e adottare un nuovo paradigma che punti tutto sul servizio. “Le terze
parti devono diventare soggetti attivi nei confronti dei clienti
– osserva
non più nella proposta di prodotti, ma nella capacità di studiare i
clienti, di ragionare con loro e presso di loro sulle loro esigenze per proporre
quei servizi che da una farm, attraverso la banda larga, riprotano al clienti
solo i dati e le informazioni che servono al suo lavoro senza la complessità di
gestione dell’It, che deve rimanere un problema e una opportunità della terza
parte
”.

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