Un caso francese riapre la discussione sulla net neutrality

Il provider Free attiva un filtro che provvede ad eliminare, dalle pagine web, tutte le inserzioni pubblicitarie eventualmente presenti. Quali ripercussioni per l’economia della rete? Interviene anche Neelie Kroes.

C’è un fornitore di servizi a banda larga che in Francia ha creato
scompiglio sul mercato sottraendo centinaia di migliaia di abbonati ai
principali operatori. Si chiama Free e proprio grazie
ad una politica di prezzi particolarmente aggressiva, ha saputo
conquistare il favore di molti utenti d’Oltralpe (per 19,99 euro
fornisce chiamate illimitate verso i numeri fissi di 40 nazioni
mondiali, verso le numerazioni mobili di Francia, USA e Canada, SMS/MMS
gratuiti, connessione Internet a banda larga con 3 GB di traffico
incluso; superata tale soglia non viene addebitato alcunché ma solamente
ridotta la velocità).
Qualche giorno fa lo stesso provider Free
ha lanciato quella che, molto probabilmente, è stata una vera e propria
provocazione. I tecnici dell’azienda francese hanno infatti attivato un
filtro che provvede ad eliminare, dalle pagine web, tutte le inserzioni
pubblicitarie eventualmente presenti.
L’opinione di molti è che Free abbia attivato il filtro per lanciare una sorta di monito a società come Google, le cosiddette “over the top
(OTT), aziende che hanno il loro business a monte della rete traendo
quindi vantaggio dalla pubblicazione di contenuti e dalla fornitura di
applicazioni web. Secondo la tesi di Free, che sta divenendo
piuttosto comune tra diversi fornitori di connettività europei, gli OTT
dovrebbero rivedere le loro posizioni ed essere disposti a finanziare
quelle aziende che “costruiscono” le reti e che le mantengono operative.
Xavier Niel, CEO di Free, ha più volte sottolineato come la crescita esponenziale di servizi come YouTube
non possa essere più sostenuta se Google non accetta di reinvestire
parte dei propri introiti in contratti di interconnessione coi vari
provider Internet.
È quindi molto probabilmente proprio questo il motivo che ha spinto Free
alla sua azione plateale: bloccare temporaneamente la pubblicità che
per Google e per gran parte dei fornitori di contenuti sul web è
primaria fonte di sostentamento. “Temporaneamente”, perché il filtro
sembra sia stato già disabilitato da parte dei tecnici di Free.

Il comportamento di Free,
e non poteva essere diversamente, ha subito ingenerato una girando di
commenti e di interventi. Il ministro francese Fleur Pellerin si era
espresso all’inizio della settimana giudicando inaccettabile la condotta
di Free. Pellerin aveva innanzi tutto osservato come un filtro simile a quello adottato da Free
potesse causare gravi danni all’economia della Rete, con pesanti
ripercussioni sulle realtà che appunto traggono vantaggio economico
dalle inserzioni pubblicitarie senza richiedere agli utenti od ai
lettori il versamento di alcuna quota in denaro.

La questione è spinosa perché, come sostiene il commissario europeo per l’agenda digitale Neelie Kroes,
riguarda i pilastri sui quali si sostiene l’economia digitale e gli
instabili equilibri tra business e pubblico interesse, tra trasparenza e
controllo efficace, tra scelta e semplicità d’uso.

È proprio Neelie Kroes a prendere spunto dalla vicenda Free tracciando un quadro più generale. Sul tavolo c’è infatti il tema della neutralità della rete.
Tale espressione viene comunemente impiegata per fare riferimento ad un
principio secondo cui la rete a banda larga deve essere priva di
restrizioni arbitrarie applicate sui dispositivi ad essa collegati e
sulle modalità con cui essi operano. Il fornitore Internet non dovrebbe
fare differenza alcuna tra i vari tipi di “contenuti” che transitano
attraverso la sua rete né applicare discriminazioni su dati, mittenti e
destinatari.

Per
la Kroes, i fornitori di accesso ad Internet possono godere della
massima libertà purché agiscano in modo estremamente trasparente nei
confronti dei clienti. In altre parole, il provider è tenuto ad
informare l’utenza circa l’applicazione di eventuali restrizioni sul
traffico Internet. L’abbonato in fase di stupula del contratto, deve
aver ben chiaro che cosa l’operatore gli metterà a disposizione e quali
limitazioni dovrà accettare. Un’eventuale accettazione delle
restrizioni, a fronte di condizioni economiche più vantaggiose, rientra
da una parte nel diritto di libera scelta dell’utente e dall’altro nel
diritto del provider di scegliere le proprie strategie commerciali.
Questa,
sostanzialmente, la posizione generale del commissario europeo. Ma cosa
accade se un intervento del provider Internet va a cozzare contro gli
interessi di un’altra parte (si pensi al blocco delle inserzioni
pubblicitarie messa in atto da Free)?
La Kroes, a proposito di
questo punto, ricorda come anche i contenuti pubblicati online debbano
essere pur finanziati in qualche modo. Molte società attive
nell’editoria online esistono e vivono solo o quasi esclusivamente
grazie alla pubblicità non richiedendo mai agli utenti alcun esborso
economico. La decisione assunta unilateralmente dal provider francese,
quindi, viene stigmatizzata perché contraria ai pubblici interessi.

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