Start-up italiane verso il salto di qualità?

Tre annunci in due giorni, tutti a Roma, suggeriscono un salto di qualità strutturale nella creazione di startup. Risolto l’approccio iniziale, è ora il momento di lavorare sui business model.

L’impressione forte è che l’approccio alla creazione di nuova impresa sia pronta ad uno scatto di qualità. Innanzitutto diamo la notizia: ieri 4 luglio la finale 2012 di Innovaction Lab ha portato ad occhio almeno mille persone nelle aree chiuse e aperte del Teatro India, un grande spazio in area Ostiense della Capitale.
Le start-up possono fare spettacolo per il grande pubblico, basta avere la capacità di Augusto Coppola e del suo staff, che organizzano un programma leader in Italia e forse in Europa.
Lo scatto di qualità che intendiamo riguarda la formazione di un certo numero di iniziative imprenditoriali effettivamente competitive. Ovviamente le altre idee saranno per lo più fantasie prive di costrutto, ma sembra che adesso la percentuale di successi sia significativa.

Facciamo ora un passo indietro. La promozione dell’approccio all’americana, lanciato e sotterrato dalla bolla dell’anno 2000 e poi rilanciato dal 2006, è andata avanti per sei anni in modalità abbastanza disorganica. Oggi una serie di punti forti si trovano in molte delle iniziative.
Le finaliste di InnovactionLab 2012 erano otto: Epidemika, ShowItMe, flocker, splitt.it, GAME.IN, Le Cicogne, Advey.es e Rechoice hanno mostrato una caratteristica comune: la capacità di spettacolarizzare la propria proposta. Si tratta di un elemento molto importante, ancora non comune in tutte le proposte italiane ma certamente un passo in avanti. Tutti i pitch sono stati di qualità elevata, anche se non tutti i progetti sono stati interessanti.

Il giorno prima, il 3 luglio, era stato il momento del Founder Institute in versione italiana. Dal 2009 ad oggi l’istituto ha lavorato sui cinque continenti, proponendo un programma di formazione per aziende a tecnologia Ict in via di lancio. Lo sbarco in Italia è un altro tassello.

Tornando ad InnovactionLab, durante la finale è stata annunciata un’altra iniziativa. L’associazione Roma Startup, che ha identificato nella Capitale un’area ideale per la creazione di infrastrutture da ecosistema. Anche se è difficile esprimere sinteticamente un compito di tale dimensione, Gianmarco Carnovale ci si è provato elencando tre obiettivi: filiera, mappatura e risorse. I lavori dell’associazione sono iniziati già da diversi mesi e, per quanto abbiamo seguito in questo periodo, ci sentiamo di scommettere sull’iniziativa. Anche Roma Startup è un chiaro segno di organizzazione positiva.

Anche Neelie Kroes pensa che l’Italia abbia una buona base. “Credo che in Italia ci sia un grande potenziale innovativo“, ha detto a Diletta Parlangeli; “la parte difficile è raggiungere il mercato, a causa degli ostacoli come l’assenza di fondi, brevetti costosi, frammentazione del mercato, regolamentazioni e procedure datate, e l’elenco potrebbe continuare”.
Il lavoro necessario per raggiungere il mercato è ancora molto. Un punto critico delle start-up italiane sembra infatti essere la determinazione di un modello di business solido, realistico e che porti a fatturare entro un tempo limitato. Al momento, invece, la maggior parte delle startup quasi non ha un business model; peggio ancora, quelle che lo hanno si riempiono la bocca di freemium, pubblicità e revenues, immaginando un fantasy nel quale mercati oceanici riservino loro quote percentualmente rilevanti di un settore pieno di concorrenti. A nostro avviso è sul business model che è ora il caso di lavorare.

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