School of Management: l’Italia fa ancora fatica a capire l’Ict

Le tecnologie servono a cambiare il modo di fare impresa ma un problema di cultura ancora troppo conservativa fa sì che le aziende italiane risultino essere quelle che investono meno nell’Ict rispetto alla media europea. Con queste osservazioni Andrea …

Le tecnologie servono a cambiare il modo di fare impresa ma un problema di cultura ancora troppo conservativa fa sì che le aziende italiane risultino essere quelle che investono meno nell’Ict rispetto alla media europea. Con queste osservazioni Andrea Rangone, coordinatore degli Osservatori Ict & Management della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato il punto di vista dell’ateneo milanese sulla situazione imprenditoriale italiana alla 45esima edizione di Smau a Milano. Non solo i responsabili It ma anche i decision maker sono restii a investire nell’innovazione perché condizionati da più fattori esogeni: offerta Ict, informazione, formazione, politica e istituzioni. Fra le barriere Rangone ha citato la scarsa percezione della reale rilevanza dell’Ict per il business, a causa anche di un’incapacità a misurarne i reali benefici. La sensazione, quindi, è che ci sia un problema culturale sistemico e che non si riesca ad abbattere le barriere tra chi si occupa di It e chi di business. Le considerazioni sono confermate dall’indagine condotta dal Politecnico presso le aziende, che ha analizzato un campione di 700 Pmi e 100 grandi imprese (oltre il miliardo di euro di fatturato) per sondare qual è lo stato di adozione dell’Ict. Nel caso delle Pmi è risultato che il 50% fa parte della categoria definita “belle addormentate”, realtà che non sfruttano l’Ict come leva per sviluppare il business, un 30% è in “mezzo al guado”, mentre quelle “sul pezzo” sono il 20%. Nelle grandi imprese, confrontando l’atteggiamento verso l’Ict del vertice e quello dei Cio, è emersa una fotografia che delinea un 40% di realtà “best in class” seguite da un 35% che si trova in una “situazione transitoria”, mentre un 25% rimane “bloccato”. Un’altra indagine ha sondato l’opinione nei confronti dell’Ict di 600 direttori di grandi imprese con funzioni non tecnologiche. Il risultato è stato abbastanza positivo in quanto sono per la maggior parte (2/3) concordi nel riconoscere che le tecnologie hanno giocato un ruolo importante negli ultimi tre anni e altrettanto prevedono accada per i prossimi tre. Il campione per circa 2/3 si è espresso in favore di budget Ict in crescita per il prossimo triennio, una vision decisamente più ottimista di quella espressa dai Cio.

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