Scaleup nane, scaleup italiane

Nella versione aggiornata del suo report sulla nuova imprenditorialità europea, A five-country comparison of European Ict Scaleups, Sep (Startup Europe Partnership) ha identificato e analizzato 990 scaleup e quasi 40 scaler in Uk, Germania, Francia, Spagna ed Italia, per finanziamenti totali di 23 miliardi di dollari. Il periodo d’analisi è dal 2010 al 2014, e i riferimenti sono curiosamente in dollari.

Italia: tracce
E’ inutile girare intorno ai numeri: su 23 miliardi di finanziamenti nelle 5 nazioni in esame, l’Italia ne ha raccolti 0,4, il Regno Unito oltre 11. Anche la Spagna, penultima, ci surclassa con 1,8. Non resta che sperare in un grande 2015 che indichi un’inversione di tendenza.
In Italia abbiamo avuto 72 scaleup (0 scalers, 0 unicorni) per un totale di 400 milioni di dollari: 360 da Vc, 40 tramite due Ipo (Triboo 33M, MailUp 4M).
Fusioni ed acquisizioni sono state 11, il doppio di 2011 e 2012, ripristinando un andamento positivo dopo l’annus horribilis del 2013 (appena 2).
Le più importanti scaleup italiane sono Decisyon (44M), Gild (26), Funambol (25) e iMedia Comunicazione (20).
Per gran parte, le scaleups italiane a più rapida crescita seguono il cosiddetto “modello duale”: nascono in Italia e si sviluppano fuori. La società trasferisce la propria sede all’estero, in genere negli Stati Uniti, nel Paese dove ottiene il finanziamento principale, mentre mantiene le operazioni nel Paese di origine. Il fenomeno è molto diffuso in Europa.

Pochissime le Ipo europee
Il processo di scaleup up in Europa dipende in larga misura dal capitale di rischio. I mercati azionari hanno un ruolo rilevante (oltre il 30% del capitale raccolto) solo nel Regno Unito e in Spagna, mentre in Germania, Francia e Italia forniscono un contributo minore (in media il 10%).
La Borsa di Londra ha un ruolo chiave nello spingere la crescita di scaleups, che tramite Ipo hanno raccolto 4 miliardi di dollari: è più del doppio di quanto assommato dagli altri quattro Paesi.
Il finanziamento tramite il mercato azionario rappresenta la vera discriminante nel finanziamento scaleup.
Per la maggior parte, i finanziamenti provengono da venture capitalist: il 7% delle scaleup hanno raccolto il 56% nel capitale di rischio. I principali tre scaler sono stati Markit (Regno Unito, 1,5 miliardi di dollari), Hero Delivery (Germania, 1,3 miliardi) e Zalando (Germania, 0,9 miliardi). Il mercato azionario ha un ruolo rilevante solo nel Regno Unito, con 4 miliardi di dollari raccolti tramite Ipo. Le categorie più gettonate sono soluzioni software ed e-commerce.
In totale negli anni 2010-2014 sono state identificate 374 exit, 24 Ipo e 350 M&A (fusioni o acquisizioni): nel 2014 ci sono stati ben 126 casi.

Scaleup e Scaler
Le scaleup sono le startup che raccolgono tra 1 e 100 milioni di dollari. Parlando di categorie, Software Solutions (18%) e E-commerce (14%) hanno favorito lo scale-up dell’ecosistema europea. Seguono Enterprise Services, Mobile e pubblicità (circa il 10% ciascuna). Queste cinque categorie rappresentano il 60% di tutte le scaleups dei cinque Paesi analizzati da Sep nel periodo 2010-2014.
Gli scaler sono le startup che raccolgono tra 100 e 999 milioni di dollari (da 1 miliardo abbiamo gli “unicorni”). Restringendo l’analisi gli scaler, la categoria più ricorrente è l’e-commerce, con 8 aziende su 37. Gli scaler sono molto diversificati per categoria: dei i primi 10, 3 fanno e-commerce, 2 gaming, 2 fashion, 2 hospitality e 1 finance.

Unicorni
L’unico unicorno europeo del 2014 è stato Markit, che si occupa di informazioni e servizi finanziari. Quotata al Nasdaq, ha raccolto 1,3 miliardi di dollari.
Solo altre tre quotazioni di scaleup europee sono state fatte negli Us: anche Criteo ha scelto il Nasdaq, mentre King e Sequans hanno scelto il Nyse. La maggior parte delle Ipo è avvenuta nelle borse nazionali.
Ottimo il 2014 per fusioni e acquisizioni. Dopo tre anni stabili intorno ai 60 casi per anno, nel 2014 il numero è esploso a 126. Di queste, il 28% è stato fatto su scaleup proponenti soluzioni software.
Il 55% delle acquisizioni è fatta da aziende non europee: 43% Us, 12% altro. Il 33% resta nella nazione di origine.

 

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