Roi, il concetto è passato. Gli utenti oggi sanno cosa chiedere all’It

Dopo tanta divulgazione, e anche molta esperienza sul campo, i pilastri del ritorno sull’investimento informatico sono ben saldi nella comunità economica italiana. Lo dicono gli attori dell’It, vendor e system integrator, come Ca, Eds, Hp, Microsoft, Sas e Terasystem.

Secondo Stefania Renna, senior consultant dei servizi di Computer Associates, “il Roi varia da organizzazione a organizzazione e di anno in anno. Un ritorno è un beneficio o la prevenzione della perdita di beneficio, cioè costo dell’opportunità, attribuibile a un progetto. L’assenza del concetto di Roi ha portato gli utenti a sottovalutare il valore dei servizi dell’infrastruttura tecnologica, non percependone l’apporto per la crescita del business aziendale. E la progressiva assunzione di coscienza di questo valore, avvenuta negli anni recenti, ha portato le aziende a effettuare investimenti non solo dal lato tecnologico, ma anche dal punto di vista organizzativo, focalizzati però sul raggiungimento di obiettivi di business specifici. Prova di ciò è il proliferare e radicarsi di metodologie che pongono l’accento sull’importanza degli investimenti It, col fine ultimo di identificare un vero e proprio motore di business”


Per la consultant di Ca, il concetto di Roi è sempre stato legato a un ambito finanziario e la desuetudine a utilizzarlo nell’It ha portato a sottovalutare l’importanza dell’It stessa, percepita nelle aziende come “centro di costo” (o servizio) piuttosto che come “centro di profitto”. Inoltre il ritorno degli investimenti It non era misurato con indici dedicati, ma inglobato in un unico rilevatore di efficienza. E qui rientra il tema della capacità di progetto del vendor.


“Il Roi – dice Renna – è correlato alla capacità progettuale, ovvero alla capacità di analizzare tutti gli aspetti legati alla realizzazione di un progetto e di effettuarne misurazioni in corso d’opera. Questo concetto, solo recentemente è stato interiorizzato. Ci si è resi conto che se un progetto non è condotto a partire da un’analisi degli investimenti, può generare difficoltà di misurazione dei benefici prodotti sia in ambito finanziario che strutturale. Molte organizzazioni ora perseguono l’idea che anche i progetti It debbano produrre benefici monetizzabili entro tempi tali da poterne percepire il valore”.


Già, il problema tempi. Esiste una soglia di accettabilità, nella stesura e implementazione di un progetto, sopra la quale non è ipotizzabile un concetto di Roi?


“Il tempo – secondo Renna – può essere visto come fattore competitivo anche nella scelta di soluzioni progettuali. I tempi di progettazione sono diminuiti, per diversi fattori, come la dinamicità e competitività del mercato, le tecnologie che facilitano il disegno e la realizzazione dei progetti, la possibilità di realizzare prodotti modulari, replicabili e misurabili. Il tutto con una vita media, per i progetti più complessi, ridotta da 5 a 3 anni, per i quali comunque è necessario individuare traguardi intermedi. Altri fattori determinanti per la riduzione dei tempi sono la crescita tecnologica, che impone anche scelte finanziarie oculate di acquisto e gestione delle infrastrutture It, l’organizzazione aziendale, la formazione del personale”.


Comunque sia, pare difficile misurare il Roi. Esistono tecniche da suggerire? “Gli indicatori– sostiene il manager di Ca – devono essere validi per tutti coloro che collaborano al processo di progettazione e implementazione. Alcuni fattori significativi potrebbero essere la facilità di recupero e riutilizzo delle informazioni, la error reduction e i Key performance indicator”.


Ma con chi, oggi, Renna parla di Roi in azienda? “Ceo, Cio e middle management sono gli interlocutori più sensibili, in quanto sono misurati sulla performance globale. In realtà, si parla di Roi con tutto il personale, adottando terminologie differenti in relazione al ruolo e ai compiti It svolti”.

La vista di Eds


Secondo Salvatore Aglieri Rinella, direttore generale operazioni di Eds Italia “è indubbio che i clienti valutino le cifre relative ai ritorni economici di un investimento legato all’It, ma è anche vero che non è l’unico elemento che viene preso in considerazione in ragione del fatto che le cifre relative al Roi non sono esaustive per valutare la fattibilità di un progetto. L’aspetto importante è la creazione di valore che a volte non può essere legata solo al calcolo di Roi”. Circa il fatto che oggi il Roi sia un tema di moda, il Dg di Eds ritiene che dipenda dalla trasformazione del ruolo dell’It nelle aziende e di come può contribuire al business. “Dieci anni fa – sostiene – la gestione dell’It era vista come una componente da affrontare nell’ottica del risparmio costi. Pertanto, affidarla in outsourcing significava abbatterli. Oggi le aziende guardano non solo al risparmio, ma anche a come intervenire su un fattore abilitante i processi di trasformazione. La valutazione del Roi è legata all’esigenza di effettuare un controllo sistematico di tempi e costi dei progetti e dei relativi benefici per l’azienda, ma poiché stiamo parlando di creazione del valore, tale valore va inserito in un contesto spazio-temporale definito. Pertanto, un fornitore non è abile solo se individua cosa fare e subito, piuttosto se è in grado di capire le esigenze del cliente, articolando una proposta valida, adattabile nel tempo”.


Sul problema tempi, “è importante – dice Rinella – affrontare il fattore anche con l’ottica che l’unica possibilità per evitare dispersioni temporali è disegnare il progetto in modo che possa produrre benefici, anche parziali, durante il periodo di realizzazione del progetto stesso. Noi abbiamo un modello di offerta concepito per poter essere adattato alle esigenze specifiche di ogni singolo cliente. Quando esaminiamo un progetto ed elaboriamo una proposta ci chiediamo perché far effettuare al cliente un certo tipo di investimento e come questo possa influire sul business”.


Ma come lo si misura il Roi? “Suggeriamo – dice il manager – di valutare l’efficienza produttiva che il progetto può apportare traducendola in risparmio di costi, calcolando, al contempo, quanto l’azienda può migliorare la produzione o l’offerta nei confronti dei clienti finali. Per questo affrontiamo l’argomento con i funzionari di amministrazione, finanza e controllo, che però oggi vengono affiancati da persone più operative nel business, come per esempio i direttori delle business unit. La valutazione del Roi, però, non è solo numerica. È indispensabile considerare come il progetto possa migliorare i processi, l’immagine e la soddisfazione del cliente, che sono la premessa per avere successo”.

La via “interpretativa” di Hp


Per Giuseppe Marengon, Extended Manufacturing marketing manager di Hp, “lo scenario di mercato che si è delineato ha cambiato l’atteggiamento delle aziende nei confronti della tecnologia. Dieci anni fa le aziende mostravano un atteggiamento fideistico nei confronti dell’It. La tecnologia veniva implementata in azienda con la certezza di ottenere vantaggi, per cui l’esigenza di misurare risultati non veniva percepita. Oggi, invece, la tecnologia assume sempre più un ruolo fondamentale per la creazione di valore in termini di miglioramento del rapporto tra ricavi e costi. Le aziende hanno interiorizzato il concetto di Roi e richiedono ai vendor soluzioni e progetti in grado di creare valore, di portare in azienda profitti tangibili e migliorare gli indici di rendimento dell’azienda”.


Quanto alla capacità progettuale e alla misurabilità dei tempi, Marengon sostiene che “il termine Roi non equivale solo a capacità progettuale. Invece un buon ritorno sull’investimento effettuato in tecnologia dipende dalla capacità del partner It di individuare i reali bisogni dell’azienda e offrire una soluzione che li soddisfi pienamente. Questo significa riuscire a valutarne i benefici in termini economici, misurarne gli effetti sull’impiego delle altre risorse aziendali, effettuare scambi informativi sicuri con partner, fornitori e clienti, ricevendone in cambio reali opportunità di risparmio in termini di costi operativi e di rischio. Il fattore temporale, quindi, assume un significato differente. È vero che per parlare di Roi un progetto deve garantire benefici all’azienda in un arco temporale limitato, ma è anche vero che non tutti i progetti implementati in tempi rapidi producono un ottimo Roi. La chiave di lettura del concetto, quindi, diventa la capacità di interpretare i bisogni del cliente e offrire una soluzione in grado di rinnovare i processi allineandoli all’infrastruttura It”.


E quali numeri si possono accostare ai concetti? “I veri risultati – risponde Marengon – si ottengono grazie a progetti di ampio respiro, con una durata temporale anche significativa, cioè due anni, poiché solo in questo modo è possibile rinnovare realmente i processi e migliorare l’efficienza. Sono due i parametri per la valutazione del Roi. Da un lato il ritorno sull’investimento puramente informatico, noto come Tco (Total cost of ownership, ndr), che misura il costo complessivo di gestione di un sistema It paragonato a quello implementato in precedenza. Dall’altro, è necessario valutare la struttura dei costi dell’azienda: un buon indicatore è l’Eva (Economic Value Added, ndr) che consente di misurare quanto valore aggiunto un’azienda crea a seguito dell’implementazione di un progetto. Entrambi i parametri dovrebbero essere utilizzati nella misurazione del Roi. Il Tco è più facilmente valutabile e offre un risultato nel breve termine. L’Eva è più complesso, ma efficace per il calcolo dei benefici di lungo periodo”.

Per Microsoft c’è maturità


Per Pierpaolo Taliento, Enterprise & Partner Group director della divisione enterprise di Microsoft, “su alcune aree il concetto di Roi è ben presente e totalmente assimilato dall’utenza. In particolare in quella dell’efficienza operativa dell’It. Qui non dobbiamo più insegnare niente a nessuno, specie ai Cio, per i quali se un progetto di infrastruttura non offre ritorni in termini di riduzione di costi, non parte. L’altra area su cui il Roi influisce è quella della maggior abilità nel fare. Qui c’è ancora da lavorare”. In termini di valutazione della progettualità, Taliento pensa che siano cambiati i metodi di approccio e che i Cio abbiano la capacità di emanciparsi da vendor e consulenti per valutare la bontà di un progetto. Peraltro, secondo il manager, “la progettazione è solo una fase. C’è anche un’attività a monte che spetta al vendor di infrastruttura, come quella dell’engineering continua dei prodotti. Bisogna rilasciare tecnologie già integrate, in modo che chi fa i progetti sia facilitato. Sono i prodotti che devono essere ingegnerizzati per essere a basso costo”. Quanto ai tempi di progetto, per Taliento, “andare con il respiro oltre i sei mesi ormai non ha più senso. I clienti hanno in mano i numeri per comprendere la performance e l’affidabilità dei sistemi offerti”. Ma quali utenti fanno queste valutazioni? “I Cio, soprattutto. Ma non esiste trattativa nella quale non intervenga, alla fine, anche il Cfo”. Il Roi, quindi, ha il timone delle scelte? “Tutto è incentrato sul Roi. Ma ciò non equivale solo a risparmiare. Non crediamo solo alla filosofia del taglio dei costi. Esistono contesti in cui a guidare è il valore che si genera”.

Sas punta dritta alla soluzione


Anche per Walter Lanzani, Direttore Marketing di Sas,”dieci anni fa il mercato dell’It era diverso. Le aziende hanno investito in tecnologia, ma molte lo hanno fatto senza un piano di lungo periodo. Tendenza che, oggi, costringe le imprese a ottimizzare gli investimenti fatti, contraendo quelli in tecnologie nuove. È mutato anche il metro di misura del valore di un’impresa. Se prima contava solo il patrimonio, gli asset fisici e misurabili a livello finanziario, oggi non è più solo così. Non sono più, infatti, la sola introduzione di nuove tecnologie e l’offerta dei fornitori a far crescere il mercato, ma la capacità di intuire le potenzialità e il valore di soluzioni in grado di supportare le scelte di business e di simulare scenari. Il dibattito sorto intorno al capitale intellettuale, poi, ha fatto in modo che alcune proposte siano divenute di uso comune. Pensiamo alla questione degli asset intangibili, del valore immateriale che concerne, per esempio, la proprietà di un marchio. È chiaro che il valore di un’azienda è dato non solo dai bilanci e dal suo stato patrimoniale, ma anche dal brand, dai clienti, dal valore del management, dalla capacità di ricerca e d’innovazione”.


Abilitare il Roi equivale ad avere grande capacità progettuale? “Per garantire rapidi ritorni – risponde Lanzani – puntiamo su soluzioni che contengano, oltre alle specifiche tecnologiche, la conoscenza del mercato in cui sono utilizzate. Caratteristica delle industry solution è di racchiudere la conoscenza specifica dei mercati, acquisita attraverso esperienze sul campo. Ciò consente di portare, in tempi e costi ridotti, a un aumento del Roi e della profittabilità dei clienti, attraverso l’attivazione di campagne marketing mirate alle caratteristiche dei target. I risultati hanno evidenziato che, con le nuove soluzioni, si ottengono riduzioni dei tempi di realizzazione di progetti di Crm fino al 90%. Il nostro approccio è di pensare in grande e partire in piccolo,secondo la filosofia del think big, start small, proprio per dare la possibilità di ottenere da subito un ritorno”.

Terasystem: “comanda l’utente”


Per Maurizio Desperati, direttore generale di Terasystem, “l’It non è diversa da ogni altro settore di mercato e il concetto di Roi è ben presente, radicato, interiorizzato dagli utenti che valutano, prima d’ogni decisione, il tipo d’investimento. Non conosciamo utenti disposti a spendere solo per il gusto di farlo. Dieci o venti anni fa, non si parlava di Roi, ma il concetto era presente sotto altre vesti. Le argomentazioni erano diverse e si faceva leva su risparmio di risorse a fronte di un investimento. Oggi non si tratta di fare di più con meno, ma di fare le cose giuste, misurando il ritorno delle spese anche con criteri qualitativi”.


Anche per Desperati il Roi fa il paio con la capacità progettuale del fornitore, intesa come la capacità di cogliere le esigenze dell’utente al fine di progettare soluzioni adatte a garantire le prestazioni necessarie e a fornire il livello di servizio richiesto. “Ma non solo – dice il manager -. Vale anche la capacità di selezionare i prodotti con elevati standard qualitativi. Capacità di progettare soluzioni scalabili, in grado di adattarsi, nel tempo, al mutare delle condizioni esterne, non prevedibili in fase di progetto. Capacità di ridurre i costi connessi a fermi della soluzione e quindi alla sua indisponibilità. È evidente come i servizi intervengano in modo preponderante nel calcolo, non solo in modo diretto per i costi puri del servizio, ma in modo indiretto, per l’impatto che hanno sulla disponibilità della soluzione. Servizi standard, pensati per soddisfare la media delle esigenze, non sempre sono i più efficaci. Servizi ritagliati sulle esigenze specifiche ovviamente sono determinanti per migliorare il Roi. La misurabilità, poi, è difficile e varia da progetto a progetto. La storia dice che per la maggior parte dei progetti realizzati entro i primi tre mesi abbiamo ripagato più della metà del costo dell’intera soluzione”.


Ma è vero che tutto quanto si crea di nuovo, nell’It, va nella direzione di abilitare il Roi? “Non è detto – conclude Desperati -. La capacità sta nel saper utilizzare la tecnologia dove questa porta un reale vantaggio. Al di là di ogni teoria, è ciò che gli utenti si aspettano”.

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