Prism: la bufera non si placa

Mentre si fanno più fondati i sospetti di un controllo anche sugli utenti italiani.

Il programma di “intecettazione globale” delle attività online dei
cittadini statunitensi continua a destare scalpore. Dopo le scottanti
rivelazioni di Edward Snowden è il Washington Post a gettare nuova benzina sul fuoco.
Il
quotidiano d’Oltreoceano ha infatti pubblicato alcune nuove
“diapositive”, presentate come originali ed attendibili, che mostrano in
dettaglio la procedura seguita dall’NSA – agenzia governativa per la
sicurezza nazionale degli Stati Uniti – per monitorare le informazioni
memorizzate sui server dei principali provider così come i dati in
transito.

Le “slide” appena diffuse dal Washington Post
sembrano confutare le affermazioni delle grandi società che offrono
servizi per la memorizzazione online di dati, caselle e-mail, client
VoIP, strumenti per lo streaming video e così via.

Stando
alle ultime “rivelazioni”, le aziende IT non potevano non sapere circa
l’esistenza del programma PRISM e la loro collaborazione sarebbe stata
anzi fondamentale. Si chiama “Printaura” il sistema che gli
agenti NSA avrebbero utilizzato per filtrare automaticamente ed in tempo
reale le informazioni in arrivo dai server dei provider (vedere le
immagini pubblicate a questo indirizzo).
Strumenti specifici sarebbero stati impiegati per l’analisi dei
pacchetti dati, per il traffico voce, per i video e per i tabulati
telefonici.

Il materiale appena pubblicato dal Washington Post
evidenzia poi che nel mese di aprile scorso erano quasi 120.000 le
persone costantemente sorvegliate in un’operazione che sta causando non
pochi malumori anche in Europa. Il programma PRISM, infatti, avrebbe
allungato i suoi tentacoli anche nel vecchio continente monitorando le
attività di diplomatici, governi e cittadini europei.

Il programma PRISM “all’italiana”

Mentre
gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti, nei giorni scorsi Fulvio
Sarzana – uno dei massimi esperti italiani di tematiche legate ai
diritti fondamentali e rete Internet – ha voluto sottolineare come anche
nel nostro Paese numerosi indizi facciano pensare alla preparazione di
un PRISM “nostrano”. Il decreto del 24 gennaio 2013 (“Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale“),
infatti, obbliga infatti gli operatori di telecomunicazioni, gli
internet service provider, ma anche – ad esempio – chi gestisce
aeroporti, dighe, servizi energetici, trasporti, a permettere ai servizi
di sicurezza l’accesso alle proprie banche dati per finalità non meglio
specificate “di sicurezza”. Secondo l’avvocato Sarzana, di fatto, la
normativa aprirebbe l’accesso ai dati degli utenti senza alcun
intervento da parte della magistratura.
Numerose
società tricolore che quotidianamente gestiscono i dati della
stragrande maggioranza dei cittadini italiani, avrebbero già risposto
all’appello delle due agenzie per la sicurezza italiana (AISI e AISE):
11 contratti sarebbero già stati firmati; 20 sono in procinto di essere
siglati.

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