Prevenire è meglio che curare

Anche dalla paraddossale querelle che ha visto opposte Rai e aziende italiane si può imparare qualcosa. Ad esempio a non trascurare il vulnus, quando si sa che esiste.

C’è una piccola lezione che si può imparare anche dalla recente querelle che nel lasso di quattro giorni, dal venerdì quando la protesta ha cominciato a montare, fino a lunedì, quando ha raggiunto il suo acme, ha visto opposte la Rai da un lato e le aziende italiane dall’altro.

Una lezione che non si innesta sulla liceità o meno di imporre un tributo a strumenti utilizzati primariamente a scopo lavorativo, ma sulla consuetudine, chissà se tutta italiana o se su questo siamo in buona compagnia nel mondo, di accorgersi del problema quando questo esplode in tutta la sua complessità.

Ricercando negli archivi di 01net, abbiamo constatato che le prime avvisaglie del vulnus erano emerse nel 2006, per poi essere oggetto di più attente disamine nel 2007 e nel 2008. Esattamente come evidenziato dall’Aduc, ricordando le sei interrogazioni parlamentari presentate nel corso degli anni.

Solo che, per sei lunghi anni, la questione non è mai arrivata, nella sua criticità alle aziende.
Che l’hanno ignorata, come spesso si ignora l’ultima riga del contratto, fino all’arrivo delle prime richieste di pagamento.
Da lì alla sollevazione di cui abbiamo parlato nei gironi scorsi il passo è stato davvero breve.
Ma tardivo.

Perché correre a precipitosi dietrofront è spesso pericoloso, soprattutto quando il tempo per fare definitivamente chiarezza c’era eccome.
Magari ci si sarebbe accorti, di nuovo, di quella clausola, inserita nella nota emessa ieri dalla Rai: il canone resta dovuto ”nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori”.
Siamo davvero sicuri che in azienda ciò non accada mai?

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