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La lunga strada delle soluzioni open source in azienda

Se guardassimo al modo in cui le imprese giudicavano il mondo open source una decina di anni fa, vedremmo uno scenario molto diverso da quello attuale e assai poco comprensibile.

Oggi il cloud praticamente non esisterebbe senza le sue componenti open source e la digital transformation a cui tutti ambiscono si basa su servizi che sono realizzati con il frutto dello sviluppo open.

In passato l’unico vantaggio ammesso per il software “aperto” era il costo, per il resto l’open source era catalogato come elemento marginale. Se le cose sono così cambiate, è stato merito di molte caratteristiche dell’open source.

Sarebbe peraltro ingenuo pensare che proprio il costo apparentemente nullo delle soluzioni open source non abbia avuto un ruolo nella crescita della loro diffusione. Certo in alcuni ambiti come la Pubblica Amministrazione è stato utile poter puntare su alternative “free” alle applicazioni e ai sistemi operativi commerciali. Ma è stato più un grimaldello per sdoganare l’open source nel suo complesso, insieme al successo di piattaforme come Java, che un risultato in sé.

Il primo elemento di spicco che ha favorito l’open source, almeno nelle imprese che avevano e hanno a disposizione adeguate competenze tecniche, è collegato al circolo virtuoso tra flessibilità e sviluppo comunitario. La flessibilità è intrinseca nel modello open source: il codice è a disposizione ed è quindi ampiamente personalizzabile in base alle esigenze della singola implementazione. E se si è bravi a customizzare una soluzione, questa può diventare un elemento di differenziazione sul proprio mercato.

È ovvio che bisogna saperlo fare e in questo la presenza di una community molto attiva è un grosso aiuto. Certe problematiche non dobbiamo affrontarle e risolverle da soli ma insieme ad altri che stanno sperimentando le nostre stesse difficoltà. Sempre restando buoni cittadini del mondo open source e contribuendo al lavoro della community, aiutando indirettamente gli altri come altri hanno potuto aiutare noi.

Si tratta di temi che apparentemente interessano solo le aziende “tecniche” come le software house e i grandi nomi alla Google e Facebook, l’effetto però è molto più ampio dal punto di vista del modello open source.

L’adozione del software aperto è infatti a cascata: la nostra azienda può non sentirsi affatto “da open source” ma essere invece un utente inconsapevole perché utilizza servizi, specie in cloud, che sull’open source si basano.

Sicurezza e solidità

Un secondo tema di grande importanza in questo momento è quello della sicurezza. È ormai abbastanza chiaro che il modello della sicurezza basata sul codice “blindato” non funziona affatto come alcuni speravano. Un software non è più sicuro se nessuno conosce il suo codice, perché prima o poi il modo di violarlo si trova. E a quel punto mettere in atto le opportune difese non è semplice.

Il codice aperto ovviamente non garantisce l’assenza di vulnerabilità. Il fatto però che sia liberamente esaminabile da una base molto ampia di esperti promette che le “falle” saranno scoperte e anche risolte in tempi brevi.

Nella sicurezza informatica non esiste niente di invulnerabile, si può però ragionevolmente dire che la media delle soluzioni open source si è rivelata più robusta della media dei prodotti proprietari.

Infine, nessuna azienda ama essere “ammanettata” a un fornitore e l’open source in questo senso dà qualche garanzia in più.

Esistono implementazioni diverse e compatibili di tutte le principali piattaforme open source – ammesso di non saperci mettere mano da soli – quindi le aziende utenti hanno una libertà di scelta e manovra rilevante. E se le competenze di sviluppo in casa ci sono, un progetto o un prodotto abbandonato (ma che ci serve) possiamo portarlo avanti direttamente noi.

Tutto questo basta a prevedere la fine del software proprietario? Certamente no. Ci sono aziende utenti che non hanno le competenze, il tempo, l’attitudine e nemmeno la necessità di modificare o solo adottare progetti open source.

Come d’altronde il valore di molte soluzioni commerciali non sta tanto nel prodotto in sé quanto nelle competenze che la relativa software house ha sviluppato negli anni. Competenze che magari non sono “dentro” il codice ma intorno a esso, ad esempio con la capacità di offrire processi di business predefiniti o customizzazioni predefinite per mercati e settori di attività specifici.

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