Le aziende fra corporate blog e pollution

Qualche segnale di interesse per il monitoraggio delle discussioni in rete. Ma latitano i blog aziendali

“Controllare newsgroup e blog non è ancora un’attività normale per le aziende italiane, ma nell’ultimo anno qualcosa è cambiato”. Il gran parlare sui blog, secondo Vincenzo De Tomaso di Digital Pr l’agenzia di comunicazione on line del gruppo Hill & Knowlton, ha fatto nascere un certo interesse da parte delle aziende verso il Web. Visto come luogo dove i consumatori parlano liberamente di marchi e prodotti fornendo utili indicazioni agli uffici marketing.

De Tomaso si occupa del blog aziendale di Digital Pr (http://www.businessandblog.com/dblog/) e di monitoraggio del web per conto dei clienti dell’agenzia che hanno nomi come Microsoft o Fiat. Da tempo infatti la filiale italiana della società di Bill Gates ha messo sotto osservazione le discussioni intrecciate su blog e forum, mentre Fiat per Alfa Romeo ha scelto un’altra strada selezionando appassionati ed esperti che sul Web formano un panel di discussione sui prodotti della casa automobilistica.

Controllo di quanto si dice su Internet e apertura di un blog aziendale sono le due possibili relazioni delle aziende con il mondo delle discussioni in rete.

Tutti e due, però, hanno in Italia ancora ampi margini di miglioramento. Se infatti c’è qualche segnale di interesse per il monitoraggio, il corporate blog rimane un terreno ancora da esplorare. Almeno se stiamo alle indicazioni di www.corporateblogging.info che all’Italia assegna sei blog aziendali (anche se su un paio ci sarebbe da discutere) contro i 22 della Francia e i 21 della Germania. “Eppure – osserva De Tomaso – il blog è un’opportunità low cost anche se di sicuro ha bisogno di impegno costante da parte dell’azienda. Il problema è che le aziende non sono abituate a una comunicazione continuativa, ma a interventi spot solo in caso di nuovi prodotti o eventi. Il blog le obbliga a un cambio di paradigma nella comunicazione”. E, aggiungiamo, necessita anche di skill particolari per la sua gestione non facilmente reperibili come la capacità di sollevare temi di discussione e discutere con gli utenti.
In generale però i blog sembrano ancora un giacimento abbastanza inesplorato da parte delle aziende ma non solo. In Italia, infatti, non pare esista nulla di simile a quel The consumerist che negli Stati Uniti si è assunto il compito di guidare i consumatori attraverso “the delinquences of retail and service organizations”. Qualcuno però ha fiutato il pericolo e prova a lavorare dietro le quinte cercando di utilizzare gli spazi di discussione della rete per far passare qualhe messaggio favorevole alle aziende.

In gergo questo tipo di azione si chiama pollution e, racconta De Tomaso senza fare nomi, ogni tanto è capitato che qualche azienda volesse fare un intervento di questo tipo. “Generalmente però lo sconsigliamo a meno che non si tratti di prodotti consumer. Comunque l’intervento più che fare cambiare idea agli utenti cerca di veicolare un po’ di traffico verso indeterminato sito”.Alla lunga sembra però che il gioco non paghi.

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