Lavoro a domicilio e telelavoro

La distinzione fra lavoro autonomo e lavoro a domicilio

La legge (art. 1, L. n. 877/1973) definisce lavoratore a domicilio chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l’aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi.


La subordinazione, in deroga a quanto stabilito dall’art. 2094 del cod. civ., ricorre quando il lavoratore a domicilio è tenuto ad osservare le direttive dell’imprenditore (anche impartite all’inizio del rapporto una volta per tutte: Cass. 24.2.2005, n. 3835) circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere nella esecuzione parziale, nel completamento o nell’intera lavorazione di prodotti oggetto dell’attività dell’imprenditore committente (Cass. 19.10.2007, n. 21954; nel senso della subordinazione se vi è obbligo di reperibilità telefonica, vedi Cass. 13.5.2004, n. 9151). La configurabilità della subordinazione, sia pure attenuata, va invece esclusa quando il lavoratore goda di piena libertà nell’accettare o rifiutare il lavoro commessogli o vanti piena discrezionalità in ordine ai tempi di consegna dello stesso (Cass. 16.10.2006, n. 22129).


Deve a tutti gli effetti considerarsi dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato anziché a domicilio il prestatore che esegue, nelle condizioni suindicate, lavori in locali di pertinenza dell’imprenditore, anche se per l’uso di tali locali e dei mezzi di lavoro in esso esistenti corrisponde al datore di lavoro un compenso di qualsiasi natura.


Distinzione tra lavoro autonomo e lavoro a domicilio
Si configura la fattispecie del lavoro autonomo allorché sia riscontrabile, in capo al soggetto cui l’imprenditore abbia commissionato un determinato risultato, una vera e propria organizzazione imprenditoriale, distinta da quella del committente (vedi Cass. 14.3.2006, n. 5495, che, anche sulla base del criterio dell’organizzazione dei mezzi produttivi da parte del datore di lavoro, riconosce la natura subordinata del rapporto di lavoro pur reso soltanto poche ore durante la giornata), cosicché l’attività lavorativa possa dirsi prestata con inserimento in quella e non nel ciclo produttivo di questa, ovvero nei casi in cui la prestazione, pur personalmente resa, risulti caratterizzata da autonomia tale da escludere anche la subordinazione attenuata; in mancanza di sufficienti indici rivelatori della sussistenza di un vincolo di subordinazione, la cui dimostrazione è a carico di chi lo deduce, va esclusa l’applicabilità al lavoro a domicilio della disciplina del lavoro subordinato (Cass. 6.3.2006, n. 4761).


Secondo l’Inps (circ. n. 79/1997) si è in presenza di un rapporto di lavoro autonomo e non di un rapporto di lavoro a domicilio quando siano ravvisabili i seguenti concreti e concomitanti elementi:


a) la ditta che esegue i lavori è una ditta iscritta all’Albo provinciale delle imprese artigiane;


b) la ditta fattura il lavoro svolto;


c) non sussistono di norma termini rigorosi per la consegna del prodotto;


d) il lavoro viene eseguito in locali propri e con macchinari di proprietà della ditta artigiana;


e) l’oggetto della prestazione è il risultato e non la estrinsecazione di energie lavorative;


f) esiste l’assunzione del rischio in proprio, intendendo per rischio quello di impresa, presente e incidente sulla quantità di guadagno in rapporto alla rapidità, alla precisione ed organizzazione del lavoro nella quale la ditta committente non ha alcun potere di interferire, essendo interessata solo al risultato della lavorazione.


Obblighi del datore di lavoro e del lavoratore
L’esecuzione di lavoro a domicilio non è ammessa per attività che comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o l’incolumità del lavoratore o dei suoi familiari.


È vietato altresì per i committenti avvalersi dell’opera di mediatori o intermediari. Eventuali soggetti che abbiano svolto attività di mediazione sono considerati a tutti gli effetti, unitamente alle persone alle quali hanno commesso lavoro a domicilio, alle dipendenze del datore di lavoro per conto e nell’interesse del quale hanno svolto l’attività.


Le aziende interessate da programmi di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione che abbiano comportato licenziamenti o sospensioni dal lavoro, non possono affidare lavoro a domicilio per un anno dall’ultimo provvedimento di licenziamento o dalla cessazione delle sospensioni.


Obblighi del lavoratore
Il lavoratore a domicilio deve prestare la sua attività con diligenza, custodire il segreto sui modelli di lavoro affidatogli, attenersi alle istruzioni ricevute dal datore di lavoro nell’esecuzione del lavoro (art. 11, L. n. 877/1973).


Il lavoratore a domicilio non può svolgere per conto proprio o di terzi lavoro in concorrenza con l’imprenditore committente quando questi gli affidi tanto lavoro da comportare una prestazione di durata corrispondente al normale orario stabilito dal contratto collettivo di categoria.


Il Ministero del lavoro ha precisato che è possibile la coesistenza in capo allo stesso lavoratore di un rapporto di lavoro a domicilio con un altro rapporto di lavoro a tempo parziale quando la quantità di lavoro affidata al lavoratore a domicilio non sia tale da impegnarlo per tutta la durata dell’orario normale (M.L. risp. a interpello n. 19/2008).


A differenza del lavoratore subordinato (Cass. 23.12.2003, n. 19689), il lavoratore a domicilio può rifiutare il lavoro affidatogli e scegliere liberamente i tempi di consegna (pur entro certi limiti: Cass. 16.10.2006, n. 22129).


Trattamento economico-normativo
Al lavoro a domicilio si applicano le norme dettate in generale sul lavoro subordinato (art. 2128 cod. civ.) ove non diversamente disposto dalla L. n. 877/1973.


La retribuzione è corrisposta sulla base di tariffe di cottimo pieno risultanti dai contratti collettivi (art. 8, L. n. 877/1973) che devono anche determinare la percentuale sull’ammontare della retribuzione dovuta al lavoratore a titolo di rimborso spese per l’uso di macchine, locali, energia ed accessori, nonché le maggiorazioni retributive da valere a titolo di indennità per il lavoro festivo, le ferie, la gratifica natalizia e il trattamento di fine rapporto.


Se non è stabilita dai contratti collettivi, la tariffa viene determinata da una apposita commissione regionale o, ove questa non provveda, dalla Direzione regionale del lavoro.


I lavoratori a domicilio beneficiano delle norme a tutela della maternità e della paternità nei limiti previsti dall’art. 61, D.Lgs. n. 151/200, mentre sembrerebbero esclusi dall’applicazione delle tutele contro i licenziamenti in ragione della loro collocazione fuori dall’impresa; per quanto riguarda la tutela della sicurezza trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione.


Adempimenti amministrativi
Dal 25 giugno 2008 (data di entrata in vigore del D.L. n. 112/2008) è venuto meno per i datori di lavoro l’obbligo di iscrizione nel registro dei committenti, istituito presso la Direzione provinciale del lavoro dall’art. 3, commi 1- 4, L. n. 877/1973.


L’art. 39, c. 9, D.L. n. 112/2008, inoltre, ha soppresso dalla stessa data gli adempimenti connessi al registro dei lavoranti a domicilio ed al libretto di controllo e ha modificato l’art. 3, c. 5, L. n. 877/1973 prescrivendo al datore di lavoro che faccia eseguire lavoro al di fuori della propria azienda di trascrivere nel libro unico del lavoro il nominativo ed il domicilio dei lavoratori esterni all’unità produttiva, nonché la misura della retribuzione.


Telelavoro
Il telelavoro è disciplinato nel comparto pubblico dal D.P.R. n. 70/1999 mentre il comparto privato è regolamentato esclusivamente dalla contrattazione collettiva.


Il 9 luglio 2004 è stato siglato un accordo interconfederale che recepisce l’accordo quadro europeo sul telelavoro e definisce il quadro generale di riferimento della disciplina dell’istituto, lasciando ampio spazio di intervento alla contrattazione, collettiva e individuale, e riconoscendo a chi svolge il telelavoro gli stessi diritti e le stesse tutele di chi svolge l’attività lavorativa tradizionale.


La contrattazione collettiva definisce come prestazione di telelavoro quella effettuata in via normale e con continuità dal dipendente presso il proprio domicilio o comunque in luogo esterno rispetto alla sede di lavoro aziendale, con il prevalente supporto di strumenti telematici.


Disciplina contrattuale
Il contratto di telelavoro – che deve essere stipulato per iscritto – è regolato in base ai seguenti principi (A.I. 9.7.2004):


– volontarietà delle parti;


– possibilità di reversibilità del rapporto, sempre in accordo tra le parti;


– pari opportunità rispetto a progressioni di carriera, iniziative formative ed altre occasioni che si determinano in azienda;


– adeguamento delle modalità della prestazione alla particolare tipologia di rapporto, fermo restando che la durata complessiva dell’orario deve essere pari a quella prevista per i lavoratori interni. Il contratto può prevedere altresì fasce di reperibilità nell’ambito dell’orario di lavoro in atto nell’impresa;


– garanzia del mantenimento dello stesso impegno professionale ossia di analoghi livelli qualitativi e quantitativi dell’attività svolta nell’azienda;


– previsione di rientri periodici nell’impresa per motivi di programmazione del lavoro, per riunioni di lavoro o colloqui con il proprio responsabile, per svolgimento di attività non telelavorabili e per altre motivazioni definite a livello aziendale;


– diritto di accesso all’attività sindacale che si svolge in azienda, eventualmente anche tramite connessione informatica.


La postazione di telelavoro e i collegamenti telematici necessari per l’effettuazione della prestazione, la manutenzione e le spese di gestione, incluse quelle relative alla realizzazione e al mantenimento dei sistemi di sicurezza della postazione di lavoro e alla copertura assicurativa della stessa, sono poste a carico dell’impresa.


L’azienda deve farsi carico, inoltre, delle conseguenze derivanti da interruzioni nel circuito telematico o eventuali fermi macchina, dovuti a guasti o cause accidentali e comunque non imputabili al lavoratore.


Ai telelavoratori si applicano le norme vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute previste per i dipendenti che svolgono analoga attività lavorativa in azienda.


Quanto alla determinazione del giudice territorialmente competente a conoscere delle relative controversie individuali di lavoro, la giurisprudenza ha affermato, relativamente ad una fattispecie di prestazione lavorativa resa dal lavoratore presso il proprio domicilio con le modalità del telelavoro, che il luogo ove viene resa la prestazione assume importanza, ai fini della determinazione della competenza territoriale, solo ove la prestazione sia collegata ad una vera e propria dipendenza dell’azienda, con la conseguenza che ove il lavoratore non sia addetto ad alcuna dipendenza può assumere rilievo ai predetti fini anche il luogo di conclusione del contratto (Cass. 14.10.1999, n. 11586).


Sanzioni





























Fattispecie



Sanzione



Esecuzione di lavoro a domicilio per attività che comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o l’incolumità del lavoratore e dei suoi familiari (art. 2, c. 1, L. n. 877/1973)



Arresto sino a 6 mesi (art. 13, c. 1, L. n. 877/1973)



Mancata retribuzione sulla base delle tariffe di cottimo (art. 8, c. 1, L. n. 877/1973)



(*) Sanzione amministrativa da € 516 a € 2.582 (art. 13, c. 3, L. n. 877/1973)


Estinzione mediante diffida/prescrizione: € 516



Omessa o infedele trascrizione, nel Libro unico del lavoro, del nominativo e del relativo domicilio dei lavoratori esterni alla unità produttiva, nonché della misura della retribuzione (art. 3, c. 5, L. n. 877/1973)



Sanzione amministrativa da € 150 a € 1.500, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori da € 500 € 3.000 (salvo i casi di errore meramente materiale e solo qualora la violazione determini differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali) (art. 39, c. 7, D.L. n. 112/2008, conv. L. n. 133/2008)


Estinzione mediante diffida/prescrizione (solo in caso di omessa trascrizione): € 150, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori € 500



Omessa o infedele iscrizione per ciascun lavoratore a domicilio, nel Libro unico del lavoro, delle date e delle ore di consegna e riconsegna del lavoro, della descrizione del lavoro eseguito, della specificazione della quantità e della qualità di esso (art. 10, c. 1, L. n. 877/1973)



Sanzione amministrativa da € 150 a € 1.500, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori da € 500 € 3.000 (salvo i casi di errore meramente materiale e solo qualora la violazione determini differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali) (art. 39, c. 7, D.L. n. 112/2008, conv. da L. n. 133/2008)


Estinzione mediante diffida/prescrizione (solo in caso di omessa trascrizione): € 150, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori € 500



(*) Importi sanzionatori quintuplicati ex art. 1, c. 1177, L. n. 296/2006.



(per maggiori approfondimenti vedi Manuale lavoro, Novecento Media)

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