La corsa a ostacoli del WiMax italiano

Le sperimentazioni, che si concluderanno a giugno, coinvolgono tutto il gotha delle Tlc. Ma il futuro della nuova tecnologia è ancora nebuloso

L’avvio della sperimentazione della tecnologia wireless a larga banda ha
scatenato nel nostro paese una sorta di arrembaggio per accaparrarsi le
frequenze a 3,5 GHz, necessarie per poter “accendere” gli apparati e far partire il servizio,
seppure in via sperimentale. Su 79 richieste pervenute alla Fondazione Ugo
Bordoni (http://wimax.fub.it), che coordina i
test per conto del ministero delle Comunicazioni, sono 53 quelle approvate. Al
momento, dunque, sul WiMax è impegnato tutto il gotha delle telecomunicazioni
italiane, fra vendor, operatori, Isp e system integrator.



Quello che si sta sperimentando è il WiMax
fisso
, ovvero una tecnologia di accesso radio che consente di portare
la connessione Internet veloce (70 Mbps teorici) laddove non arriva l’Adsl. Ma
si tratta solo del primo passo, perché le maggiori aspettative sono riposte
nella versione successiva del WiMax, che offrirà in un primo
momento la nomadicità, cioé la possibilità di spostare il ricevitore, e, in
seguito, la mobilità vera e propria. Potrà, quindi, essere usato per collegare
pc portatili e smart phone mentre l’utente è in treno o in macchina.



Il fermento, dunque, è grande, e non solo in Italia.
Ma nel nostro paese, come spesso accade, sembra esserci ancora qualche ostacolo
che rischia di frenare lo sviluppo della nuova tecnologia. Lo conferma Andrea
Bartoli, director di Between, società di consulenza specializzata nel settore
dell’Ict, secondo cui il cammino del WiMax è ancora costellato di
interrogativi
. Il 30 giugno 2006, infatti, si concluderanno le
sperimentazioni, che sono state già prolungate di un semestre rispetto alla data
stabilita inizialmente. A quel punto, bisognerà decidere cosa fare. Un altro
rinvio è teoricamente possibile, ma poco sensato: già lo scorso gennaio si è
tenuta una giornata di studio per valutare i primi risultati dei test, che
sembrano positivi e in linea con le aspettative. In sostanza, quello che si
doveva testare si è testato. Ora bisogna preparare il terreno per i servizi
commerciali.


Ma come? ”L’authority per le Comunicazioni e il ministero – spiega
Bartoli – devono creare la struttura della regolamentazione e assegnare le
licenze. Prima di tutto, però, il ministero della Difesa deve liberare le
frequenze, che oggi sono utilizzate per radar e ponti radio militari, e
bisognerà vedere con che tempi e a quali costi”
. Ma cambiare la destinazione d’uso di una porzione di spettro elettromagnetico comporta che il ministero della Difesa riceva in cambio dei fondi a titolo di risarcimento. Solo dopo si potrà distribuirle fra gli interessati. Quello delle frequenze – riprende
Bartoli – è un problema tipicamente
italiano
, perché in altri Paesi sono libere e in alcuni casi già
assegnate agli operatori. Bisognerà capire con quali meccanismi assegnarle, se
con un’asta o con un beauty contest, e valutare i possibili ricavi. Inoltre, si
potrà decidere di assegnare le frequenze su base nazionale, regionale (come è
avvenuto per il Wireless local loop, a 26-28 GHz,
ndr) o per
provincia”
.



Questi passaggi necessari, secondo Bartoli, rischiano di ritardare pericolosamente il lancio commerciale del servizio. “In uno scenario ottimistico – riprende l’analista – si potrebbe partire a metà del 2007. I
tempi sono importanti: gli operatori fra un anno si dovranno confrontare con la
copertura e i costi dell’Adsl. Per esempio, abbiamo già un’idea che è molto
improbabile che su questi servizi passi una distribuzione televisiva, come
Fastweb e Telecom Italia fanno sull’xDsl, perché la banda disponibile non potrà
servire un numero sufficientemente alto di utenti. Quello che potrà fare
è l’accesso a Internet e la voce su Ip
. Oggi esiste uno spazio di mercato per il wireless fisso che è dato dalla nicchia di chi non ha alternative. Ma più passa il tempo e più questo spazio si riduce”
.


Se invece guardiamo all’ipotesi del WiMax in mobilità, lo scenario si fa ancora più complesso, perché entrano in gioco le strategie degli operatori di telefonia mobile, con servizi tutti da inventare. “Innanzitutto – riprende Bartoli – bisognerà vedere se gli operatori riusciranno a
convincere gli utenti che un servizio a larga banda in mobilità è una cosa
interessante
. Poi si ripropone il problema di tutte le reti cellulari:
mettere tante antenne sui tetti delle case, operazione che incontra sempre
resistenze. é un ambito in cui c’è molto da sviluppare, con numerose tecnologie
in concorrenza. Non solo l’802.16 mobile e la sua integrazione con Wi-fi, ma
anche la naturale evoluzione dell’Umts, per il quale sono previsti nuovi
rilasci. E il WiBro, lanciato da Telecom Italia. In realtà, non c’è solo
concorrenza, ma anche una sinergia negli sviluppi, perché tutte queste
tecnologie sfruttano gli stessi principi”.

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