Industria e politica si parlano al Channel Day

La realtà del cittadino digitale, fondamentale anche per le logiche di e-government, obbliga i vendor a ragionare e a pianificare attorno a confini del tutto diversi

Dicembre 2005, Si fa fatica a parlare di innovazione con il mondo
della politica, sostengono i rappresentanti dell’industria. Si fa fatica a parlare
di innovazione con la maggior parte dei politici, rincara la dose Lucio
Stanca
, uno dei pochi uomini politici che hanno fatto dell’innovazione
una bandiera del loro mandato. Da queste premesse sembra uscire un quadro sconsolante
che però, come emerge dal Channel Day, l’incontro tenutosi nel contesto
di Smau 2005, organizzato da Sirmi in collaborazione con Smau
e con Agepe, presenta non solo ampi spazi di miglioramento,
ma anche molte occasioni di incontro.

Innanzitutto, come sostiene Maurizio Cuzari, amministratore
delegato di Sirmi, il rapporto tra innovazione e politica non può non
essere basato che su un piano decennale, «per collocare gli interventi
all’interno di una visione sistemica – osserva – con un piano che copra "politicamente"
almeno due legislature piene». Serve dunque una visione bi-partisan sia
a livello politico, sia, come sostiene il senatore Fiorello Cortiana,
anche a livello di industria, affinché sappia superare le contrapposizioni
del passato (vedi
articolo
).

L’altro grande tema economico, ma con una pesante rilevanza politica, è
quello dell’accesso ai capitali. «Né le imprese, né
le start up
– afferma Cuzari – trovano i capitali necessari per far
partire le loro iniziative, mentre ci sono molti investimenti che decollano
in ragione di opportunità tattiche»
. I "soldi",
dunque, ci sono. Il vero problema nel rapporto tra industria e politica è
quello di "spenderli meglio".

Un bel messaggio a questo proposito lo porta Enrico Pazzali,
direttore generale personale organizzazione e sistemi informativi della Regione
Lombardia, un uomo "seduto" sopra progetti che tra Regione e Territorio
valgono qualcosa come 30 milioni di euro, che sintetizza efficacemente il nocciolo
della questione: «Se l’innovazione non viene utilizzata dai cittadini
non è vera innovazione»
. È il leit motif di Andrea
Pontremoli
, presidente e amministratore delegato di Ibm Italia:
«L’industria deve parlare meno di tecnologie e deve dedicare le proprie
energie per far capire come queste possono cambiare la vita dei cittadini»
.

Marco Comastri, amministratore delegato di Microsoft
Italia
, elenca i cinque punti essenziali ai quali l’industria Ict deve
sapere dare risposte dirette ai propri clienti: «Come incrementare
il business, come migliorare la produttività, come proteggere dati e
proprietà intellettuale, come ridurre i costi e come accedere ai finanziamenti»
.
Non deve, insomma, parlare di sistemi operativi o di processori, deve andare
al sodo.
E per andare al sodo, sostiene Nicola Aliperti, amministratore
delegato di Hp Italia, è necessario essere consapevoli
che «nessuna azienda è in grado di affrontare la complessità
del mercato da sola. La strada della partnership e in particolare della partnership
di canale è una via obbligata per dare risposte concrete ai bisogni dei
clienti finali»
.

Per Mauro Nanni, responsabile direzione corporate di Telecom
Italia Wireline
, il tema dell’innovazione si deve scontrare con un
paradosso di fondo che vede «l’ambiente domestico più avanzato
di quello business» che porta gli individui a investire in innovazione
risorse e attenzione più di quanto non facciano strutturalmente le imprese.

È un "accerchiamento", quello del mondo business, che si allarga
anche al tema dei canali. Non a caso Maurizio Cuzari invita a stare attenti
ai "frigoriferi": «Il consumer continua a essere il vero
motore del mercato, ma
– avverte – occorre stare in guardia dalle facili
illusioni, perché la quota di budget famigliare per l’It e le Tlc è
plafonata e deve fare i conti con la concorrenza degli elettrodomestici»
.

Insomma,
se in famiglia si decide di cambiare la lavastoviglie, si rinuncia a un nuovo
notebook. E guai a pensare che qui la politica non c’entra, perché la
logica del cittadino digitale, ovvero di colui che è in grado, per i
mezzi tecnici e per le competenze, di relazionarsi efficacemente con l’e-government,
passa rigorosamente attraverso una corretta pianificazione dell’accesso e un’altrettanto
corretta sensibilizzazione sugli "investimenti individuali" necessari
per diventare cittadini digitali a tutti gli effetti. Tutti temi che devono
essere affrontati solo "politicamente".

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