Il paradigma invertito degli App-prenditori

In ordine di tempo, il modello di ricavo è l’ultimo degli elementi da considerare per sviluppare un’App che si distingua negli Store online. Prima viene la tecnografica, poi le sei “C”: parola di Leonardo Bellini-

Lo sviluppo di applicazioni è per buona parte un artigianato, per quanto avanzato, e ancora di più lo è nello specifico settore degli smartphone. Le componenti sono più che negli altri sviluppi e quindi non è possibile fornire un valore medio per tempi e costi, ma è necessario lavorare su progetti concreti.
Per provare comunque a dare un’idea dell’ordine di grandezza possiamo parlare di 6-8 settimane e 20-30 mila euro d’investimento per ciascuna realizzazione da tasca. Parola di Leonardo Bellini, consulente di new media che da svariati mesi è impegnato con la sua Digital Marketing Lab anche nello sviluppo dei cosiddetti user-generated software.
L’esperienza diretta di Leonardo l’ha portato a privilegiare il mondo Apple sugli antagonisti Android, Windows Phone, Blackberry ed anche Nokia, benché in fase di analisi nessuna di queste proposte possa essere trascurata.
Oltre che nello sviluppo per i clienti, Digital Marketing Lab crea consapevolezza nel settore con il workshop Mobile Marketing & Iphone Applications, un minicorso che Leonardo sta proponendo ed aggiornando già da qualche mese. La prima parte del minicorso è dedicata all’inquadramento del mobile in senso completo. Il presunto antagonismo tra sito e applicazione, che spesso trova i sostenitori in disaccordo, viene risolto con una coabitazione: non semplice, ma nel senso crossmediale di contenuti proposti, se non prodotti, in modo diverso sui due diversi canali.

Tecnografica sociale
Sintetizzando in maniera estrema le 4 ore di formazione, si può dire che la progettazione di una App si articola in quattro fasi, ma non nell’ordine classico.
Quasi tutti partono dai contenuti o dal marketing”, spiega Bellini, “mentre è necessario iniziare dalla social technographics, un’analisi degli utenti di riferimento per fasce tipo”. La tecnografica è un portato dell’esperienza nei media sociali, come esemplifica tra gli altri Forrester, dividendo i destinatari dell’app in sei categorie, dall’inattivo (che neanche ha il cellulare) al superconnesso (che quasi ne dipende).
E’ questa informazione strategica che permette di sfruttare appieno la descrizione dell’applicazione in sviluppo, una specie di anagrafica con tre indicazioni: account presso il fornitore di piattaforma, tipologia e centralità.

Tutte le C del modello
C’è da chiedersi come impostare lo sviluppo delle applicazioni. Una buona partenza può essere il modello 6C, ideato da Leonardo nel considerare sei caratteristiche tutte inizianti con la lettera “c”. Delle sei, creatività, comunità e contesto sembrano incuriosire più che comodità, contenuti e commercio, ma è fondamentale chiedersi quali di queste qualità rendano vincente l’applicazione in fase di progetto.
Parlando di commercio arriviamo al quarto punto, il guadagno. Finora non c’è stato spazio per il discorso dei ricavi e l’inversione del modello di business si completa, affrontando questo argomento solo in coda. La scelta è tra le applicazioni a pagamento (mediamente tra 1 e 5 euro a seconda delle piattaforme), applicazioni gratuite che ospitano pubblicità e il finanziamento dell’In-purchase, il modello freemium del web ma ulteriormente semplificato. In sintesi la progettazione completa si compone di tecnografica, anagrafica, 6C e ricavo.
E buona fortuna ai novelli App-prenditori, gli imprenditori delle Apps.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome