Crisi alle spalle per l’industria lombarda, ma la ripresa sarà lenta

Nel quarto trimestre 2009 la produzione del settore secondario ha messo a segno un +0,4%

Nella regione simbolo del tessuto industriale italiano, ovvero la Lombardia, la fase più acuta della crisi economica sembra essere finalmente alle spalle ma la ripresa si annuncia debole e incerta, con conseguenze negative sul fronte dell’occupazione che perdureranno almeno per un biennio. Sono queste le conclusioni principali dell’analisi congiunturale relativa al IV trimestre 2009, rilasciata da Unioncamere Lombardia.

Segnali positivi dagli ordini
La notizia positiva è che tra i dati si inizia a intravedere qualche segno positivo: dopo 6 trimestri consecutivi negativi la produzione industriale registra infatti un + 0,4% rispetto al trimestre precedente (dato destagionalizzato) ma, soprattutto, anche la dinamica degli ordini interni e esteri mostra numeri col segno più (rispettivamente +3,3% e +2%), a conferma che nei prossimi mesi la ripresa dovrebbe prendere ulteriormente corpo. Il fatturato industriale resta invece negativo (-1,4%) anche nell’ultimo trimestre 2009, probabilmente perché in questa fase le imprese lombarde stanno sostenendo dei costi importanti per ricostituire le scorte di magazzino.

Un 2009 da Grande depressione
Il quadro diventa decisamente più fosco se si va ad osservare l’andamento dell’intero 2009: in Lombardia la produzione industriale ha osservato una discesa del 9,5% rispetto al 2008 (“Una delle più gravi cadute dal dopoguerra a oggi”, ha ricordato il presidente regionale di Unioncamere Francesco Bottoni), mentre il fatturato del settore secondario ha subito un calo del 15,3%. Le province più colpite sono state quelle di Como, Brescia e Bergamo, mentre le industrie di Mantova Cremona e Sondrio hanno limitato i danni. La crisi ha interessato in maniera differenziata i singoli comparti: l’alimentare ha confermato la sua capacità anticiclica (appena -0,8%), la chimica ha perso terreno meno della media (-6%), mentre l’industria “pesante” (meccanica, siderurgia) ha registrato una diminuzione della produzione superiore all’11%.

Le ricadute sull’occupazione
Secondo un’analisi condotta da Prometeia per conto di Unioncamere la recessione si è fatta sentire sull’intero Pil lombardo, che nel 2009 ha accusato una diminuzione del 4,7%, un dato sostanzialmente in linea con la media nazionale (-4,8%). La contrazione dell’economia lombarda, si legge nella ricerca, è stata provocata da una contemporanea caduta degli investimenti (-12,8%), dell’import (-14,6%) e dell’export (-19,2%), nonché della spesa per consumi delle famiglie (-1,2%). Le piccole imprese hanno vissuto peggio il 2009 rispetto alle grandi industria, tanto che molte piccole attività hanno chiuso i battenti. Inevitabile è stato l’impatto sull’occupazione (con il tasso di disoccupazione lombardo salito al 4,2%), a cui si devono aggiungere circa 115.000 lavoratori in cassa integrazione. «In realtà la gran parte di questi cassintegrati – ha rivelato Gigi Petteni, segretario regionale della Cisl – appartengono ad aziende che non hanno più prospettive di sopravvivenza sul mercato. Anche questi lavoratori andranno quindi in futuro ricollocati sul mercato del lavoro».

Una ripresa lenta
Le previsioni per i prossimi anni raccontano di una ripresa che anche in Lombardia sarà lenta e fragile, ben diversa dalla corsa dei paesi emergenti e, in parte, anche degli Usa, ma comunque un po’ più sostenuta della media nazionale. Nel 2010, infatti, la stima Unioncamere ipotizza una crescita del Pil del +1,1% (+0,8 la previsione per l’Italia); la ripresa lombarda dovrebbe consolidarsi nel 2011 (+1,4%) e nel 2012 (+1,9%), senza però immediate conseguenze sulla disoccupazione, che al contrario raggiungerà il picco negativo nel 2011 (5,5%). «Per sostenere in maniera adeguata questa debole ripresa – ha sottolineato il vicepresidente di Confindustria Lombardia, Gian Francesco Imperiali – servirebbe una vera politica industriale. Così come ha fatto in Francia Sarkozy, occorrerebbe innanzitutto individuare e promuovere una serie di settori strategici, in cui il nostro paese può avere un vantaggio competitivo sul mercato globale»

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