Consorziatevi o sparite

Coda lunga e legge di Moore vengono citate spesso come ovvia conclusione di qualsiasi digitalizzazione. La realtà è ben diversa, anche nel DTT e negli AppStore. Rabbrividiamo.

Il mondo digitale, a lungo regolato della tecnologica legge di Moore e dalle sue ricadute, si dice abbia “recentemente” beneficiato della contenutistica “regola della coda lunga”, riscrittura in salsa wired-fighetto delle scoperte dell’italiano Pareto.

A me non pare vera nessuna delle due cose. Moore viene costretto ad una imperiosa crescita di potenza, mentre la coda lunga viene applicata a tutto, anche alle ceramiche da bagno, mentre ha validità ben più limitata. Moore lo lascerei ai chip e la lunga cosa a tutto ciò che è nato già 2.0.

Dico questo perché recentemente mi sono imbattuto in due situazioni che dovrebbero cambiare il mondo e per le quali non si applicano né Moore né “coda”: lo switch-off al digitale terrestre e gli AppStore.

Il DTT è la morte delle Tv private?

Con il digitale terrestre le tv private italiane rischiano di scomparire. “Se dobbiamo stare su un canale numerato tra 700 ed 800”, ovvero mai premiato dalla curiosità degli utenti, “la rivoluzione del DTT noi non vogliamo farla”, ha detto chiaramente Fabrizio Berrimi di Aeranti, l’associazione che raggruppa le emittenti private italiane, al BBF/Expo Comm di pochi giorni fa, mentre andava a Napoli per discutere dell’assegnazione delle numerazioni delle private campane. Il numero magico è l’Lcn (logical channel numbering), che dovrebbe assegnare automaticamente e per rilevanza i canali ai tasti del telecomando e che tanto logico poi non è. Non vedo né Moore né coda lunga, ma solo una classica soluzione d’invisibilità, al più collegata ad un ranking da motore di ricerca.

Negli AppStore tutti possono arricchire?

Un fenomeno che sembra del tutto scollegato è la posizione delle applicazioni negli AppStore, come si chiamano -a parte qualche piccola differenza- gli e-commerce di applicazioni con o senza contenuti in vendita per gli smartphone.

Anche lì c’è un problema di posizionamento: tante le categorie, tantissime le applicazioni (anche identiche), alta la posizione in classifica e quindi minima la possibilità di farsi vedere. Il problema è così serio che Apple ha previsto un recommendation engine come meccanismo per aumentare la reputation e quindi i ranking delle applicazioni, mentre altri -ad esempio Rim- puntano ad avere un appstore snello e non affogato, senza dover affrontare subito un problema che è comunque sentito ma sul quale l’azienda, rappresentata da Mike Kirkup, oggi non può prendere una posizione ufficiale come invece ha fatto per molti altri argomenti per molti altri argomenti.

Fatto sta che le defezioni dall’AppStore iniziano a farsi sentire anche tra i grossi nomi. Senza dimenticare che c’è l’abbandono di fatto: la maggior parte delle applicazioni scaricate gratis dagli appstore vengono usate solo nel giorno di download.

Qui la coda lunga c’è ma di nome, nel senso che tante applicazioni hanno il loro momento di gloria ma breve e non monetizzabile. Senza visibilità gratuita non resta che pagare la promozione con denaro contante, vanificando la lunghezza d’una qualsiasi coda.

In conclusione: Tv e sviluppatori privati, benvenuti nel Parnasso digitale. Siete ben accetti, ma se volete farne un business difficilmente potrete farlo da soli: consorziatevi o sparite.

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