Cfo, com’è dura far di conto

Un’indagine di Ibm sull’attività dei responsabili finanziari rivela un difficile allineamento alle idee dei Ceo, causa oberanti attività amministrative. È un inno alla necessità della Business intelligence.

Ibm, in collaborazione con The Economist Intelligence Unit, ha condotto un’indagine su 889 Cfo (Chief financial officer) e professionisti finanziari operanti nella comunicazione, distribuzione, finanza, industria e pubblica amministrazione di 74 Paesi per comprendere il loro allineamento alle aspettative dei Ceo.


Ciascuno dei settori analizzati è stato suddiviso per dimensione del fatturato, titolo e ampiezza. Per l’indagine sono stati intervistati 267 Cfo di Asia-Pacifico, Europa, Nordamerica e America Latina ed è stato condotto un sondaggio online cui hanno risposto 622 persone. Proprio l’indagine online è stata condotta in collaborazione con The Economist Intelligence Unit.


Le aziende che hanno preso parte all’indagine hanno un fatturato annuo compreso tra meno di 1 miliardo di dollari e più di 10 miliardi di dollari, e più della metà di queste ha registrato un fatturato annuo di 5 miliardi di dollari o più.


Quasi la metà degli intervistati ricopre ruoli di responsabilità di livello enterprise o globale equamente suddivisi fra responsabilità di area, Paese e business unit.
La ricerca ha, rivelato come solo un quarto degli intervistati si consideri “altamente efficiente” in materia di supporto alle iniziative del proprio Ceo per la crescita della società.


Lo studio, infatti, ha riscontrato come quasi la metà degli staff incaricati della reportistica finanziaria, a prezzo di enormi perdite in termini di futura competitività delle loro aziende, sia impegnato in attività transazionali come l’elaborazione contabile e le transazioni fiscali, mentre appena un quarto può dedicarsi al supporto decisionale, cioè all’attività focalizzata su performance e crescita. Gli intervistati hanno anche affermato che il 57% dei reparti finanziari non dispone di solidi processi e attività a supporto della crescita.


Dallo studio emerge anche la correlazione fra i benefici finanziari e l’analisi delle informazioni finanziarie finalizzate a sostenere la crescita. L’analisi dei dati finanziari pubblici di quasi 300 delle società intervistate ha rivelato che le aziende più efficienti nel fornire informazioni su performance, rischi e crescita hanno incrementato la crescita del fatturato e creato più valore rispetto ai loro concorrenti meno efficienti nell’analisi.


Gli intervistati raggiungono buoni risultati nel riportare i risultati finanziari su base storica e nel rispettare la conformità; tuttavia molti sono incapaci di trovare, tra gli enormi volumi di dati, le vere informazioni che potrebbero rappresentare future opportunità di business, e non riescono a intercettare in anticipo tendenze o problemi.
I responsabili finanziari hanno sottolineato i tre aspetti più importanti del loro ruolo: fornire analisi sulle performance (71%); fornire analisi sulla crescita aziendale (62%); fornire analisi sui rischi finanziari (54%).


Ma nonostante queste ambizioni, solo il 13% degli intervistati si ritiene “altamente efficiente” in due o più aspetti del proprio ruolo e oltre la metà di essi non si considera “altamente efficiente” in nessuna di queste aree.


Il gap di performance è direttamente collegato, appunto, alla presenza di processi di business frammentati e di attività transazionali impegnative in termini di tempo, che impediscono un’efficiente integrazione delle informazioni e un’efficace analisi del business.


Riassumendo i dati dell’indagine di Ibm, le attività finalizzate alla transazione hanno rappresentato il 50% del carico di lavoro dei team finanziari nel 2005; le attività finalizzate alla crescita, cioè il supporto decisionale e la gestione delle performance, nel 2005 sono state pari a un quarto del volume di lavoro; il 40% delle società intervistate ricorre a processi e controlli manuali distinti per raccogliere i dati di conformità che offrono una visione retrospettiva, che analizza a bocce ferme le reazioni agli eventi di rischio e alle opportunità di crescita; circa il 70% degli intervistati non ha ancora implementato standard per dati e processi, semplificato i processi, ridotto il numero di piattaforme differenti, razionalizzato i tool per la definizione dei budget e le previsioni, né ridotta la quantità di sistemi Erp; la metà degli intervistati ha ammesso di trovarsi in difficoltà nel fornire analisi di pianificazione, previsione e misurazione delle opportunità di business finalizzate all’incremento della redditività.


Come sintesi attuativa, pare che l’introduzione in azienda di un ambiente basato su cruscotti informativi e alimentato da fonti di dati real-time potrebbe facilitare i processi decisionali e la condivisione delle idee, permettendo a tutto il personale di avere in tempo reale le medesime informazioni finanziarie aggiornate a disposizione del Ceo. In una parola, la Business intelligence.

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