Virtualizzazione al potere Ibm fa vedere i server come fossero mainframe

Un processore destinato a trasformare il panorama tecnologico: il nuovo Power5, appena montato sugli ultimi iSeries (con tanto di nuovo Os), è l’abilitatore del Virtualization Engine di Big Blue, un insieme di tecnologie che consentirà di trasformare un 4 vie in 40 sistemi virtuali.

Saranno gli iSeries i primi server di Ibm a incorporare la nuova tecnologia processore Power5 a 90 nanometri, con i modelli, in uscita il prossimo 11 giugno, i 520 e 570, che assumeranno anche il suffisso i5, proprio a indicare la novità architetturale.


Il primo è un server a 1 o 2 vie Power5 che completa, affiancandosi ai modelli 800 e i810, l’offerta per le aziende medio-piccole, e che sarà proposto anche sotto il cappello Express, indicante le proposte specifiche per le Pmi (che, per inciso, nel primo trimestre dell’anno hanno raccolto il 320% di ordini in più rispetto allo scorso anno, decretando un vero successo).


L’i5 570 è un sistema a 2 o 4 vie Power5, per le aziende medio-grandi, che affianca l’offerta di segmento rappresentata dagli esemplari i825 e i870. Per la fascia di mercato high-end è atteso, dopo l’estate, un ulteriore modello.


Insieme ai nuovi processori che abilitano l’on demand computing e il correlato risparmio energetico, con gli i5 Ibm introduce anche il nuovo sistema operativo, creato proprio per sfruttare al meglio le capacità di virtualizzazione con il dynamic partitioning: i5/Os.


In pratica è il V5 release 3, concepito per supportare anche l’integrazione di più ambienti operativi in contesti di Web computing. La nascita degli i5 è stata occasione anche per la ridefinizione del modello dei prezzi. Ibm ha rivisto il posizionamento dei propri server medi, ricostruendone il valore economico (scomposto per storage, memorie, capacity on demand) con una riduzione del rapporto prezzo/prestazioni, in misura media del 25%.


I processori Power5, rappresentano un salto generazionale nel computing, in quanto consentono di far girare più sistemi operativi all’interno di micro-partizioni virtuali oltre al fatto che dispongono delle funzionalità di switching power reduction, che stabiliscono, assieme, un ordine di funzionamento del processore (a seconda dei carichi di lavoro) e un risparmio energetico.


La vita del Power5, quindi, è abbinata a quella del Virtualization Engine, un insieme di funzionalità software e hardware attorno a cui Ibm sta lavorando da tre anni e che punta a portare su server e su dispositivi di storage standard le modalità operative che sono tipiche dei mainframe, come il partizionamento sulla Cpu, ovvero di ciò che è ritenuto il top dell’elaborazione informatica. Lo scopo del Virtualization Engine, infatti, è di abilitare la massima utilizzazione dei sistemi anche in ambienti eterogenei, dove sussistono più sistemi operativi e dispositivi differenti. Massima a tal punto da trasformare un sistema a 4 vie in un complesso virtuale di 40 server, ognuno con il proprio sistema operativo. Un’operazione di partizionamento che coinvolge, ovviamente, anche le applicazioni e le risorse di memoria e di networking necessarie al funzionamento.


Altra non trascurabile caratteristica dell’architettura Power, poi, riguarda i campi di impiego: praticamente, tutta l’industria dell’elaborazione delle informazioni, dai supercomputer alla BlueGene, capaci di lavorare anche 100 Teraflop, a scendere fino alle normalissime console di videogioco. Sony, infatti, è diventata licenziataria dell’architettura per montarla su una varietà di dispositivi consumer, come la Playstation.

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