Tiene l’export dei distretti italiani

Nel 2012, il 52% del fatturato è stato conseguito all’estero. Positive le aspettative anche per il 2013, soprattutto in virtù delle richieste dei mercati tedesco, statunitense, russo, cinese e giapponese.

Oltre la metà del fatturato delle imprese dei distretti
proviene dall’export. Infatti,
malgrado le difficoltà, queste realtà produttive portano a casa un risultato complessivamente positivo nel 2012. e per il 2013 il 37,4% delle imprese appartenenti alle filiere distrettuali si attende un andamento crescente
delle esportazioni. Alla tenuta dell’export si accompagna tuttavia una domanda interna ancora in forte contrazione, che porta a un calo stimato del fatturato complessivo a chiusura del 2012 pari a -2,8%, solo in parte bilanciato dalla debole ripresa prevista nel 2013 (+1,1%). Questo
è il quadro delineato dal IV Rapporto sui distretti italiani, frutto del lavoro congiunto di Unioncamere, Federazione
dei distretti italiani, Intesa Sanpaolo,
Banca d’Italia, Censis, Cna, Confartigianato, Confindustria, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Istat.

Stagnazione della domanda interna e rallentamento del commercio mondiale accentuano il
ciclo
recessivo dei 101 agglomerati produttivi esaminati. In essi, a fine 2011, operavano 274.055 imprese (4,5% del totale nazionale), di cui 173.844 di natura manifatturiera, pari al 28,1% del totale dell’economia manifatturiera
italiana. L’insieme delle imprese operanti nelle filiere
distrettuali ha realizzato nel 2011 il 6,9% (74 miliardi di euro) del valore aggiunto di tutta l’economia del Paese (il 26,3% facendo riferimento al solo manifatturiero) e il 25,6% dell’export totale (96,3 miliardi di euro).

Le stime relative al consuntivo del fatturato per il 2012 fanno temere
un suo ridimensionamento, assolutamente non apprezzabile nel 2011,
quando le imprese distrettuali avevano invece registrato una crescita del 5,5%. Cala di oltre
14 punti
percentuali
la quota di aziende dei distretti che ha segnalato un incremento
del
fatturato nel 2012
rispetto all’anno precedente (25,7% contro 39,9%
nel
2011) e raggiunge il 51% (quasi raddoppiando rispetto all’anno precedente)
la percentuale di imprese che segnala una
riduzione di questo indicatore. Timori di un consuntivo d’anno in perdita emergono anche sotto il profilo dell’occupazione: il 31% delle
imprese ha ridotto nel 2012 il numero di addetti
(25,6% nel 2011; 28% nel 2010) contro un 12,8% che ha visto un ampliamento dell’organico
(19% e 12% rispettivamente
nel
2011 e nel 2010). Il ricorso agli ammortizzatori sociali si è intensificato nel 2012: le aziende che hanno fatto ricorso alla CIG ordinaria sono aumentate dal 28,7% del 2011 al 34,7%.

Le previsioni per il 2013 sono improntate alla cautela: il 27,5% delle aziende prevede un aumento del fatturato (20,2% una diminuzione), il 25,8% un aumento della produzione (19,6% una diminuzione), il 18,8% un aumento della redditività (22,3% una diminuzione); più della metà delle aziende prevede una stabilità in
quasi tutti i parametri considerati.

Nello specifico, secondo le stime, i bilanci 2012 delle imprese distrettuali dovrebbero
registrare una caduta del fatturato del 2,8%, con punte di circa il 5% per i distretti del
mobile, prodotti in metallo e sistema
moda. Modesta la ripresa del
fatturato attesa nel 2013 (+1,1%). Per vedere valori più consistenti occorrerà
attendere il 2014, con una probabile
crescita del fatturato del 4%.

Sul fronte delle vendite estere, nei primi nove mesi del 2012 la crescita è stata pari a circa il 2% (10,5% nel 2011), in seguito all’incremento del 5,3% verso i Paesi extra-Ue e alla diminuzione dell’1% verso i Paesi Ue.

Tale rallentamento della crescita delle esportazioni non interessa tuttavia tutto il sistema distrettuale ma solo una sua comunque cospicua componente. Sono infatti 39 i distretti che nei primi nove mesi del 2012 hanno registrato una riduzione delle vendite estere. Il loro
risultato, tuttavia, è stato “compensato”
dagli
incrementi
dei rimanenti 62 ambiti
distrettuali.
A livello settoriale, si osserva la flessione del comparto automazione-meccanica
(-3,1%)
,
la tenuta
dei
comparti
abbigliamento (+1,7%)
e arredo-casa (+2,9%), la crescita
dell’alimentare-vini (+6,9%) e il sensibile
aumento dell’hi-tech
(+14,9%).

Per quanto riguarda la destinazione, l’export verso i Paesi Ue è calato del -1%, mentre quello verso i Paesi extra-Ue
è cresciuto del +5,3%
.
Sono
i distretti dell’abbigliamento-moda e
dell’arredo-casa a subire le peggiori flessioni dell’export verso l’Ue, pari rispettivamente a -5% e a -3,6% e allo stesso tempo a registrare
le migliori performance export verso i Paesi
extra-Ue: rispettivamente +12,6% e +9,4%.

Ancora numericamente rilevanti (47) sono i distretti che nei primi nove mesi del 2012 hanno superato i livelli di export registrati nel 2008,
prima della crisi: di questi 47 distretti, ben 17
appartengono al comparto abbigliamento-moda, 13 al comparto alimentare e 9
all’automazione-meccanica. Inoltre, 20 distretti hanno aumentato l’export del 2008 più del 20%, con punte dell’80% per i prodotti dell’industria casearia di Parma, del 77% per
l’elettronica di Catania, del
35,9% per la pelletteria fiorentina.

Questa dinamica duale dell’export è confermata
anche dall’indagine campionaria riferita a tutto il 2012: tra le imprese che hanno dichiarato di aver esportato lo scorso anno (8 su 10, con un fatturato all’estero che rappresenta il 51,6% di quello totale), il 36,4% ha registrato
un incremento dell’export (38,1%
nel
2011) e il 21,8%
una
diminuzione (15,3%
nel
2011). A condizionare questi risultati sono stati gli arretramenti subìti in alcuni importanti mercati di sbocco (Germania, Grecia e Spagna) in parte compensati dalle buone performance negli Stati
Uniti e in
Giappone, seguiti da Emirati Arabi, Russia
e Messico.

Segnali più positivi hanno invece caratterizzato l’ultimo scorcio del 2012 (con un aumento tendenziale dell’export nell’ultimo trimestre migliore rispetto alla media dei tre precedenti) e sembrano consolidarsi nel 2013: il 37,4% delle imprese operanti nei 101 distretti censiti dall’Osservatorio si attende un incremento degli ordinativi esteri, a fronte di un 14,6%
che
dovrebbe subire un ulteriore calo. La ripresa dell’export si confermerebbe
trainata dai Paesi
extra-Ue
(nel 67,5% dei casi, con segnalazioni di crescita più frequente per gli Stati Uniti, per
la Russia e i Paesi dell’Est, per la Cina e, soprattutto, per il Far East, a partire
dal
Giappone), mentre tra i Paesi dell’Unione europea tiene ancora bene il mercato tedesco (che da solo concentra quasi la metà delle segnalazioni di incremento relative all’insieme dei mercati “domestici” dell’Ue).

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