Tag sulle sacche per trasfusioni senza errori

L’identificazione in radio frequenza protagonista in una sperimentazione sanitaria

Fondato nel 1925, l’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori Milano, recentemente trasformato in fondazione, è rinomato per il suo contributo alla ricerca oncologica pre-clinica e clinica. Giornalmente, transitano al suo interno 2.200 pazienti e ogni anno vengono effettuate in media 900.000 prestazioni ambulatoriali e oltre 15.000 interventi chirurgici. Nel corso del 2005, la struttura ha posto l’attenzione sul processo trasfusionale, fino ad allora informatizzato solo parzialmente. L’architettura che governava questo procedimento era costituita da tre elementi: il laboratorio di analisi, il sistema clinico-sanitario centrale e l’applicazione che gestisce tutte le realtà trasfusionali regionali. I problemi riscontrati erano relativi soprattutto alla scarsa integrazione tra i sistemi e alla mancanza di un’attività di reporting dettagliato sulla parte finale del processo. È nata, così, l’idea di mettere a punto una soluzione per il monitoraggio e il controllo della filiera, dalla selezione della sacca fino alla conclusione della trasfusione, per garantire la tracciabilità di tutto il processo. L’istituto ha coinvolto Hp e Politecnico di Milano in un progetto pilota. Nel giugno 2006, dopo la mappatura dei flussi, ha avuto inizio la fase di sperimentazione della soluzione applicativa, disegnata ad hoc, incentrata sull’utilizzo della tecnologia di identificazione in radiofrequenza. Mediante l’utilizzo di palmari Hp dotati di antenna Rfid, al momento dell’accettazione è possibile verificare il nominativo del paziente, prelevando i dati dall’anagrafica del sistema informativo centrale. Con l’ausilio di un braccialetto, poi, il paziente viene riconosciuto in modo certo, medici e operatori trasferiscono e prelevano le informazioni, grazie ad apposite etichette Rfid applicate su ogni sacca al momento dell’assegnazione. Ricevuto il contenitore, gli infermieri registrano l’ora di arrivo sul dispositivo mobile e, leggendo il braccialetto del paziente, eseguono un match dei dati per verificare che la sacca sia quella corrispondente. A questo punto, l’addetto alla trasfusione si identifica tramite badge e procede con l’operazione. «Grazie a questa soluzione – spiega Elena Sini, direttore Ict della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori Milano -, abbiamo introdotto il riconoscimento certo dei pazienti. Con l’adozione dei bracciali, infatti, possiamo procedere a un’identificazione univoca, in qualsiasi momento e indipendentemente dallo stato del malato, intervenendo tempestivamente nella cura. Possiamo avvalerci, oggi, di una miglior capacità di controllo e monitoraggio della filiera trasfusionale, all’insegna della maggior trasparenza». Nel caso di incongruenze sui dati rilevati dalla sacca e dal braccialetto, il sistema dà immediata segnalazione visiva e acustica e impedisce di procedere con l’operazione. «Il progetto – afferma Fernando Ravagnani, direttore Servizio Immunotrasfusionale della Fondazione Irccs -, ci ha permesso di realizzare un binomio strategico, ovvero di abbinare la sicurezza dei pazienti alle informazioni dettagliate per medici e operatori, in un’ottica di knowledge management evoluto». Ora, il management della fondazione ha in previsione di applicare la tecnologia Rfid ad altri campi come la tracciabilità informatizzata di farmaci oncologici e reperti di anatomia patologica.
Myriam Salvini

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