Home Digitale Stampare al meglio le foto (Applilife n. 3, dicembre 2008)

Stampare al meglio le foto (Applilife n. 3, dicembre 2008)

I fabbricanti di fotocamere stanno facendo a gara per offrire modelli con risoluzione sempre più elevata e anche fra le compatte sono numerosi gli apparecchi oggi in commercio che hanno sensori da 10 o più megapixel. Dalle fotografie realizzate con queste fotocamere si possono ricavare dei poster, ma nella maggior parte dei casi non si va oltre il formato cartolina, il classico 10 x 15 o al più il 13 x 18 cm. Simili formati non richiedono necessariamente immagini da svariati Megapixel di risoluzione, può bastare molto meno, con il vantaggio che si riducono i tempi necessari per l’elaborazione e la stampa delle immagini, nonché lo spazio necessario per la loro archiviazione. Quando si utilizza poi un service di stampa online, preparare le fotografie alla giusta risoluzione può permettere di abbreviare sensibilmente i tempi di trasferimento delle immagini. Discorso analogo per le fotografie da inviare come allegati alle e-mail o da inserire all’interno di pagine web: non è piacevole spedire o ricevere allegati di qualche MB quando, con un minimo di accortezza, se ne potrebbe volentieri fare a meno.
Se si utilizzano programmi come iPhoto, non ci si deve preoccupare più di tanto: ci pensano l’applicazione e il driver della stampante a fare tutti i calcoli necessari. Non sempre però il risultato corrisponde alle nostre attese. Vediamo di capire il perché, cominciando con il prendere in considerazione quali possono essere i limiti di una stampante.

Dai megapixel ai dpi
Con quasi tutte le stampanti, occorre fare una netta distinzione fra risoluzione di stampa e risoluzione degli stampati: questi due valori corrispondono soltanto nel caso di stampe al tratto in bianco e nero o comunque monocrome, bianco e uno dei colori base di stampa. In tutti gli altri casi, la risoluzione degli stampati, la loro nitidezza, è sensibilmente inferiore a quella di stampa. L’unica eccezione è rappresentata dalle stampanti basate sulla tecnica del trasferimento termico con sublimazione dei coloranti: solo con queste, ciascun punto di stampa può assumere tutte le sfumature possibili e le due risoluzioni coincidono.
In tutti gli altri casi, compresa la stampa tipografica, si utilizza la tecnica della retinatura: le sfumature sono ottenute da punti di colori pieni più o meno densamente distribuiti e il colore risultante è dato dalla combinazione dei colori dei singoli punti con il bianco della carta. Per semplificare, consideriamo il caso di una stampa in bianco e nero. L’inchiostro, o il toner, è uno solo e le diverse sfumature di grigio sono ottenute dalla mescolanza dei punti neri di stampa con il bianco della carta, come è facile rendersi conto osservando uno stampato con una lente a forte ingrandimento. Maggiore è la vicinanza tra i punti e più scura sarà la tonalità di grigio prodotta mentre il numero di sfumature è determinato dal massimo numero di punti di stampa che vengono fatti corrispondere a ciascun punto dell’immagine. Ad esempio, raggruppando i punti di stampa in gruppi da 6 x 6, si possono riprodurre 36 diverse sfumature di grigio.
Conoscendo la risoluzione della stampante e la struttura del retino utilizzata, non è difficile calcolare la risoluzione degli stampati che è possibile produrre. A complicare un po’ le cose c’è solo il fatto che la risoluzione delle stampanti è sempre espressa in dot per inch, ovvero punti per pollice, l’unità anglosassone di misura delle lunghezze corrispondente a 2,54 cm. Una stampante che abbia una risoluzione di 1.200 dpi e utilizzi un retino costituito da una cella quadrata di 6 x 6 punti, sarà capace al massimo di riprodurre immagini con una risoluzione di 200 pixel per pollice (1.200 diviso 6). Per inciso, questo valore è considerato il limite medio per l’acuità visiva, nel senso che osservando lo stampato a occhio nudo da una distanza di una trentina di centimetri la maggior parte delle persone non è in grado di percepire differenze fra un’immagine stampata con questa risoluzione e una stampata con risoluzione superiore. Se si vuole aumentare il numero di sfumature, si deve per forza ricorrere a una cella costituita da un maggior numero di punti: per averne 64, la cella del retino dovrà essere costituita da 8 x 8 punti e la risoluzione degli stampati si ridurrà a 150 pixel per pollice, sempre utilizzando una stampante da 1.200 dpi nominali.
Nel caso delle stampe a colori, queste considerazioni restano valide: ogni punto dell’immagine è riprodotto accostando punti di stampa di quattro o più colori base. I colori in più sono generalmente un azzurro ciano e un rosso magenta più tenui, che permettono di riprodurre al meglio le sfumature più chiare. In alcune stampanti fotografi che, si aggiungono anche gli inchiostri verde e arancione, colori che sarebbero altrimenti riprodotti dalla combinazione di due colori base (rispettivamente giallo con ciano e giallo con magenta), in modo da ottenere una maggiore saturazione anche per le tonalità di questi colori.

Quale formato?
In base a quanto detto in precedenza a proposito dell’acuità visiva, possiamo considerare valori di risoluzione degli stampati compresi fra i 150 e i 300 pixel per pollice come ottimali, capaci cioè di garantire il massimo della nitidezza possibile. Occorre poi considerare il fatto che più si ingrandisce un’immagine, più aumenta la distanza di visione e, di conseguenza, può essere sufficiente una risoluzione inferiore per assicurare comunque la percezione di un’immagine nitida. L’esempio estremo è costituito dai manifesti murali: osservandoli da una ventina di centimetri di distanza, è possibile distinguere perfettamente la struttura del retino utilizzato per la loro stampa.
Per stabilire quale possa essere il massimo formato di stampa ottenibile da una fotografi a di una determinata risoluzione, occorre fare qualche calcolo: chi è allergico alla matematica, può ricorrere alle funzioni specifi che messe a disposizione dai programmi di elaborazione delle fotografie. In pratica, si devono dividere le dimensioni in pixel di larghezza e altezza dell’immagine per la risoluzione dello stampato, ottenendo così la dimensione della stampa in pollici; per passare ai centimetri basta poi moltiplicare per 2,54, l’equivalente in centimetri di un pollice. Ad esempio, una fotografi a da 12 Megapixel ha un formato di 4.000 x 3.000 pixel e se vogliamo una risoluzione di stampa di 200 punti per pollice, il formato risultante sarà di 20 x 15 pollici, vale a dire 50,8 x 38,1 cm. Il calcolo inverso permette di stabilire quale formato in pixel debba avere la fotografi a per produrre un’immagine stampata della miglior qualità possibile in un determinato formato. Tenendo sempre 200 pixel per pollice come valore di riferimento e volendo realizzare una stampa in formato 18 x 13 cm, ovvero circa 7 x 5 pollici, è suffi ciente che la fotografia sia in formato 1.400 x 1.000 pixel, cioè che abbia una risoluzione di 1,5 megapixel. Si possono benissimo stampare fotografie in questo formato con risoluzione superiore ma, come accennato in precedenza, la qualità finale non migliora più di tanto e lo svantaggio è quello di allungare i tempi di stampa o di trasferimento dei file, nel caso si utilizzi un service online. La figura piccola qui sotto è il particolare della fotografia originale utilizzata per ricavare due stampe in formato 10 x 15 cm, rispettivamente a 180 e 300 punti per pollice. Le figure più grandi mostrano i particolari delle stampe fotografati con un obiettivo macro (per dare un’idea delle dimensioni, la distanza sulle stampe fra gli occhi dipinti sul vaso è di circa 3 mm).

La dimensione giusta
Per rendersi conto quale sia la risoluzione ottimale della propria stampante, può essere opportuno fare qualche prova, stampando la stessa immagine sempre nello stesso formato finale, ma con risoluzioni diverse. Per far questo occorre ridimensionare le immagini utilizzando l’apposita funzione presente in tutti i programmi di elaborazione delle fotografie, iPhoto compreso. Questa funzione è anche una delle novità dell’ultima versione di Anteprima, quella inclusa in Mac OS X 10.5.
Dopo aver visualizzato la fotografia, selezioniamo Strumenti > Regola dimensione. Se clicchiamo su Adatta a è possibile scegliere una serie di dimensioni predefinite, utilizzabili per la pubblicazione sul web o la creazione di presentazioni a video, cose che al momento non ci interessano per cui lasciamo selezionata l’opzione Altro. Prima di procedere con il ridimensionamento vero e proprio, proviamo a disattivare l’opzione Ricampiona immagini e a inserire diversi valori di risoluzione. Nel caso l’unità di misura non fosse in cm, possiamo selezionarla facendo clic sul menu a comparsa. Nell’esempio, passando da una risoluzione di 180 a 240 pixel/pollici le dimensioni si riducono da 56,44 x 42,33 cm a 42,33 x 31,75 cm. Per ottenere una larghezza di 15 cm, dobbiamo inserire una risoluzione di 675 pixel/pollici, ben superiore a quella tipica delle normali stampanti, comprese quelle espressamente dedicate alla produzione di fotografie. Lasciando disattivata l’opzione Ricampiona immagini e cliccando su OK, si modifi ca soltanto uno dei dati associati all’immagine, ma l’immagine resta inalterata. Quel che vogliamo fare è però ridimensionare l’immagine, per cui attiviamo l’opzione Ricampiona immagini. A questo punto possiamo inserire un valore per Larghezza o Altezza: se l’opzione Scala proporzionalmente è attivata, basterà inserire uno dei due e lasciare ad Anteprima il compito di calcolare l’altro. Da notare che la maggior parte delle fotocamere produce immagini con rapporto d’aspetto di 4 a 3 fra larghezza e altezza mentre, per il formato 15 x 10 cm, questo rapporto è di 3 a 2: se si vogliono conservare le proporzioni corrette, si dovrà quindi tagliare l’immagine o lasciare un bordo bianco sul lato più lungo. Quel che vogliamo fare è ridurre le fotografi e al formato adatto per la stampa su carta 15 x 10 cm: inseriamo quindi uno di questi valori nei relativi campi e come risoluzione impostiamo un valore di 300 pixel/pollici, tanto per cominciare. Una volta stabilite le dimensioni, nel riquadro in basso viene visualizzata la grandezza stimata del fi le compresso risultante. Con la fotografi a dell’esempio, quest’ultimo valore si riduce a meno di un quarto, un bel risparmio sia in termini di spazio occupato su disco, sia di tempo per il trasferimento in Rete. Vale la pena notare che le dimensioni indicate da Anteprima sono quelle stimate per il file compresso in JPEG. In realtà, il file JPEG corrispondente alla fotografi a usata per l’esempio è di 6,8 MB: quando la si decomprime, sono però necessari ben 34,3 MB di dati ed è questo il valore di riferimento da considerare poiché è questa la mole di dati che deve digerire il driver della stampante; riducendo la risoluzione a 300 pixel/pollice la dimensione dell’immagine non compressa passa a circa 6,7 MB. Con un clic su OK, Anteprima effettua il ridimensionamento ed è possibile controllare il risultato prima di procedere al salvataggio vero e proprio. In genere, è sempre consigliabile conservare una copia della fotografi a originale e quindi, per salvare quella ridimensionata facciamo clic su Archivio > Registra col nome (Comando+Maiusc+S), magari aggiungendo il valore di risoluzione di stampa. Ripetiamo l’operazione creando versioni della stessa fotografi a con risoluzioni diverse (ad esempio 240, 210 e 180 pixel/pollici): una volte stampate, possiamo confrontare i risultati e stabilire la risoluzione ottimale per la nostra stampante. Con quella che abbiamo utilizzato per illustrare questo articolo, avente una risoluzione di 2.400 dpi, la perdita di nitidezza è apprezzabile a occhio nudo solo con la risoluzione di 180 pixel/pollici. Ciò signifi ca che stampando le immagini a 210 pixel/pollici possiamo essere certi di avere il massimo della nitidezza offerta da questa stampante. Nella tabella qui sotto sono riportati i valori ottimali di risoluzione in Megapixel per i diversi formati di stampa.

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