Principalmente diplomati, restano fedeli per anni allo stesso ruolo
Nell’approfondire le singole figure professionali, analogamente a quanto rilevato nella scorsa edizione dell’indagine, la maggioranza dei rispondenti si colloca nelle aree direzione e gestione (34,9%) e commerciale, marketing, comunicazione (17,3%). Tutte le altre hanno pesi sostanzialmente allineati, a eccezione della manutenzione e assistenza che pesa solamente per il 6% del panel.
Le risorse con funzioni di direzione e gestione appaiono polarizzate sui ruoli di responsabile sistemi informativi/Edp manager (12,3%) e di amministratore delegato/direttore generale/titolare d’azienda (7,4%). Le altre figure di direzione hanno una frequenza significativamente inferiore. In particolare, il Chief information officer, con il 2,8% delle citazioni, si colloca al dodicesimo posto della graduatoria. Tale risultato, unito alla netta prevalenza di persone con la posizione di responsabile dei sistemi informatici, suggerisce come per le risorse Ict prevalgano ancora attività di tipo operativo sebbene, rispetto alla scorsa edizione, il profilo del Cio sia più presente nel panel, a dimostrazione della crescente importanza di questa funzione professionale nel più ampio ambito business.
A ulteriore dimostrazione della maggiore operatività delle risorse Ict, vi è la forte presenza delle figure di amministratore di sistemi/reti, consulente tecnico, analista programmatore e di supporto tecnico che compaiono, infatti, nelle prime sei posizioni della classifica delle figure professionali.
Coerentemente con la rilevazione dell’anno scorso, la maggioranza dei rispondenti ricopre l’attuale posizione lavorativa e si trova nel medesimo posto di lavoro da un numero significativo di anni. Le risposte fornite mostrano, infatti, un livello di anzianità media del ruolo professionale pari a 6,5 anni (il 48%, addirittura, lo ricopre da più di 6) e una permanenza nello stesso posto di lavoro di 6,3 (per sei anni e oltre, la percentuale raggiunge quasi il 50%).
Le risposte mostrano quindi un certo grado di staticità delle risorse Ict, che si riflette in traiettorie di crescita piuttosto conservative sia all’interno che all’esterno dell’azienda.
Il percorso di studio
All’interno del panel, il 55,6% dei rispondenti risulta essere diplomato, mentre il 43,5% ha seguito un percorso di studi universitari, conclusosi nella maggioranza dei casi con il conseguimento della laurea (31,9%). Solo lo 0,9% dichiara l’assenza di qualsiasi titolo di studio.
Il titolo di scuola secondaria ricorre con frequenza superiore alla media complessiva nelle aree di tipo tecnico, ovvero manutenzione e assistenza (74,6%) e sistemi, reti e sicurezza (65,3%), il cui fabbisogno di competenze può essere soddisfatto da risorse con percorsi molto specializzati su tematiche particolari e, come tali, piuttosto brevi, uniti a forme di training on the job.
Il 57% delle risorse che hanno conseguito un diploma opera in aree di direzione e gestione. Tale percentuale raggiunge valori particolarmente elevati nei casi del responsabile acquisti (90%), amministrativo e Cfo (71,4%), dei capi di divisione (65,2%), sistemi informativi/Edp manager (63,3%), commerciale e vendite (56,4%).
Il risultato può essere spiegato, da un lato, a livello generale, da meccanismi di promozione che consentono anche a risorse con titoli di studio di livello più basso di ricoprire, nel tempo, ruoli di livello gerarchico più elevati; dall’altro, in alcune situazioni specifiche, da una prevalenza di incarichi di tipo operativo, come nei casi dei responsabili amministrativi e dei sistemi informativi. Al contrario, il Chief information officer è, in genere, caratterizzato da una scolarizzazione più elevata. Il 40,7% dei Cio ha, infatti, una laurea e ben il 22,2% un master post universitario.
La presenza di risorse che hanno completato il proprio percorso in un ateneo ricorre maggiormente nelle aree direzione e gestione, prevalentemente amministratori delegati/direttori generali e titolari d’azienda (33,7%). Seguono i dipartimenti di sviluppo e programmazione (32,7%), dove particolarmente elevata appare anche l’incidenza di diplomi di laurea breve (14,5%), e la consulenza (47,6%), che vanta a sua volta molte lauree brevi e master post universitari.
I risultati non sorprendono in quanto nelle aree aziendali precedentemente elencate sono richieste, tra le altre, conoscenze dei processi aziendali e delle principali strategie di pianificazione e gestione che, in genere, costituiscono oggetto di cammini formativi di grado superiore.
La scolarizzazione in ambito commerciale, marketing e comunicazione appare sostanzialmente allineato alla media complessiva.
Analizzando il fenomeno per classi di età, si rileva una relazione proporzionale diretta tra i due parametri, ovvero al progredire dell’anzianità anagrafica aumenta anche il livello medio di istruzione. Infatti, l’incidenza di risorse diplomate è particolarmente significativa nelle fasce più basse (meno di trent’anni), nelle quali, come già anticipato, si collocano anche le figure maggiormente tecniche che, in genere, sono caratterizzate da percorsi formativi più brevi. Al contrario, la presenza di risorse laureate ricorre in principale misura tra chi ha, indicativamente oltre 50 anni.
L’entusiasmo dei giovani
Come nella scorsa edizione dell’indagine, la maggioranza del panel (53,6%) si è dichiarata mediamente soddisfatta dell’attuale impiego. La restante parte si suddivide pressoché equamente tra giudizi positivi e negativi, sebbene vada segnalata una, sia pur limitata, prevalenza di risorse non del tutto contente (25,1% contro il 21,3%). Tale percentuale aumenta, anche se di poco, al 26% se si considerano le sole risposte delle risorse femminili, che continuano a sentirsi in qualche modo penalizzate.
Sono, in genere, le persone più giovani a dimostrare maggiore entusiasmo per l’attuale posizione; infatti, il 32,5% di chi ha un’età compresa tra i 20 e i 25 anni si dichiara altamente soddisfatto. Al contrario, i rispondenti con un’età superiore ai 55 anni hanno espresso giudizi caratterizzati da un velo di negatività.
Il motivo è duplice: al crescere della permanenza in un posto di lavoro, le aspettative aumentano in modo fisiologico ma, al progredire dell’età, diventa difficile che queste vengano accontentate a causa di un generale stato di disillusione e sfiducia che contraddistingue tipicamente le risorse più anziane.
In generale, l’insoddisfazione non sembra dipendere in modo significativo dalla qualità e dalla quantità degli strumenti di lavoro messi a disposizione, che, anzi, vengono ritenuti altamente rispondenti alle necessità nella maggioranza dei casi (68,5% del panel).
Piuttosto, come evidenziato anche l’anno scorso, i principali elementi di malumore continuano a essere rappresentati dal livello di retribuzione (74,4% delle citazioni) e dalle scarse opportunità di crescita professionale (60,6%), conseguenti anche a un basso livello di formazione. Tuttavia, gli intervistati si dichiarano, in una buona percentuale, piuttosto contenti dell’attuale posizione di lavoro derivante non solo dal buon clima aziendale (49,8%), ma anche da una riconosciuta considerazione da parte del top management (46,4%).
Le risposte sono coerenti con il livello di retribuzione medio del panel che, infatti, vede una prevalenza di risorse con uno stipendio annuo lordo piuttosto basso: quasi il 49% dichiara una cifra inferiore ai 35.000 euro. Circa un terzo dei partecipanti, invece, ha retribuzioni comprese tra i 35.000 e i 60.000 euro, mentre solo il 19% afferma di percepire un reddito superiore ai 60.000.
A influenzare in modo ulteriormente negativo la predisposizione del panel, da un punto di vista prettamente economico, concorre anche l’andamento del reddito annuale lordo rispetto all’anno scorso che, infatti, nella maggioranza dei casi si è mantenuto assolutamente invariato (54,8%). Tuttavia, rispetto alla precedente edizione dell’indagine, si evidenzia un leggero aumento della percentuale di persone che hanno ricevuto un aumento della propria retribuzione (36,6% rispetto al 35% del 2007).
Concentrando l’attenzione sulle donne, anche nel panel di quest’anno, è diffusa l’opinione che l’appartenenza al genere femminile costituisca uno svantaggio. Lo pensa complessivamente il 55,9% del gentil sesso.
Per la maggioranza (44,1% del totale donne), una condizione lavorativa meno soddisfacente rispetto a quella dei colleghi uomini è un fenomeno ancora attuale, mentre per una quota più limitata (11,8%) si tratta di un fenomeno del passato, sebbene piuttosto recente.
Le signore collegano la situazione principalmente ad alcuni elementi specifici, ovvero la retribuzione (66,7%) e la posizione occupata, che generalmente è di livello inferiore rispetto a quelle degli omologhi maschi (40%). A questi aspetti si somma la sensazione del clima aziendale, non sempre favorevole all’introduzione di risorse femminili (20%).
Le risposte provenienti dal panel suggeriscono, quindi, una conclusione, vale a dire che le figure professionali al femminile continuano, purtroppo, a rappresentare quelle meno pagate, scarsamente considerate non solo dai colleghi (soprattutto oggi) ma anche dal top management (fenomeno in lieve attenuazione rispetto al passato) e impiegate in posizioni lavorative poco soddisfacenti che, soprattutto fino a qualche tempo fa, non davano adeguate garanzie di stabilità nel tempo.





